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Batman: Arkham Origins

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Avatar di LoreSka

a cura di LoreSka

Pubblicato il 01/10/2013 alle 00:00
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Il passaggio di un testimone è sempre rischioso. Specie quando il testimone passa dalle mani sicure di un fuoriclasse come Rocksteady, a quelle relativamente ignote di Warner Bros. Games Montreal. Se Rocksteady ha contribuito a creare un nuovo standard da imitare per quanto concerne i tie-in, infatti, lo studio canadese non ha ancora giochi nel proprio curriculum. Ciononostante, poiché Rocksteady è una divisione interna di Warner Bros., non vi sono particolari preoccupazioni in merito alla qualità del gioco finale. Ma non vi è dubbio che, al contempo, Batman: Arkham Origins sarà un gioco diverso dagli altri due capitoli della saga. E non solo da un punto di vista autoriale.
Ritorno alle Origini
Origins ha un primo grande pregio: ci porta indietro nel tempo, quando Batman non era ancora il Cavaliere Oscuro, bensì un giustiziere mascherato con poco più di due anni di attività alle spalle. La storia narrata dal gioco, in particolare, ci racconta i fatti che hanno portato alla nascita del supereroe che tutti conosciamo e che, sorprendentemente, avvengono tutti nel corso di una lunga, lunghissima vigilia di Natale.
Gotham City è una città allo sbando: un criminale noto come Maschera Nera, di cui ancora non si conosce l’identità, ha comprato il corpo speciale della polizia. I cittadini non hanno più protezione, e Batman sembra l’unico ostacolo ai piani malefici del supercattivo. Di conseguenza, Maschera Nera pone una taglia di cinquanta milioni di dollari sulla testa dell’uomo pipistrello, che si ritrova braccato sia da un manipolo di sicari che dalla stessa polizia, ormai corrotta fino al midollo. Batman è solo, e la sua vita è contesa tra chi ha soggiogato la popolazione e tra chi dovrebbe proteggerla.
Nel corso di questa versione preview abbiamo potuto apprezzare questa nuova ambientazione, che ancora una volta offre una prospettiva narrativa affascinante almeno tanto quanto quella riscontrata in Asylum e City. Le atmosfere, questa volta, sembrano fare eco sia ai più moderni film di Nolan che, sorprendentemente, ai primi due capitoli di burtoniana memoria. L’atmosfera natalizia ricorda Returns, e la presenza del Pinguino come cattivo secondario – pur senza le fattezze dello straordinario Danny DeVito – ci riporta indietro ai tempi di Michael Keaton e Michelle Pfeiffer.
La sezione che ci è stata mostrata ci portava all’interno del quartier generale del GCPD, il dipartimento di polizia di Gotham. Avevamo bisogno di accedere agli schedari dei criminali, un’informazione che il Batman moderno avrebbe ottenuto con una telefonata al commissario Gordon, ma che ai tempi di Origins ha richiesto una lunga sezione stealth, con l’uso sporadico di un po’ di forza bruta (ma non letale) per togliersi di mezzo qualche poliziotto venduto.
Infine, siamo giunti a bordo della nave del Pinguino, dove abbiamo affrontato il malvagio Deathstroke, uno dei sicari intenzionati a incassare la taglia di Maschera Nera.
Tra una sezione e l’altra si passa inevitabilmente per Gotham City, che funge da hub per tutte le nostre missioni, e che si apre a un free roaming alquanto stratificato. I tetti sono il nostro regno, ma le distanze sono tali che ci troveremo spesso a fare uso del fast travel (seppur facoltativo). Insomma, sembra proprio che gli sviluppatori abbiano fatto le cose in grande, creando una mappa di gioco di dimensioni ragguardevoli.
A questo si aggiunge la Bat Caverna, non più un luogo “di passaggio” ma un centro nevralgico che saremo portati a visitare spesso, e che ci darà la possibilità di acquisire nuovi gadget e di ottenere maggiori risvolti narrativi. Qui, infatti, si attivano dei lunghi dialoghi con il fido Alfred, in versione decisamente più giovane dell’uomo anziano e saggio a cui siamo abituati, non ha ancora sviluppato quel rapporto di amico/mentore con Bruce Wayne: è schivo, certamente pacato ma in definitiva meno simpatico del solito. Grazie a Batman: Arkham Origins scopriremo anche la nascita della particolare relazione tra i due personaggi, un motivo in più per fare spesso tappa nella tana segreta dell’Uomo Pipistrello. Al contempo, la Bat Caverna ci permette di attivare le sfide e dodici sezioni di training, le quali contribuiscono al sistema di accumulo dei punti esperienza che fa ritorno anche in questo captiolo.
Gioventù, inesperienza, violenza
Uno dei primi elementi che saltano all’occhio nel momento in cui si osserva Batman combattere in questo terzo capitolo della saga è certamente riscontrabile nell’alto livello di violenza delle sue mosse. L’eroe, infatti, non ha ancora sviluppato la sua capacità di combattere scaltramente, e lo vediamo spesso preferire la brutalità alla precisione chirurgica dei giochi precedenti. La cosa si traduce in una maggiore frequenza dei colpi: Batman sembra accanirsi sui propri nemici in una maniera mai vista prima, con pugni sferrati con una rapidità da campione di arti marziali. Non mancano le mosse di agilità e le inevitabili schivate e contrattacchi con mini-QTE – da sempre marchio di fabbrica della saga – ma nel complesso si ha la sensazione che il combattimento sia sensibilmente più veloce che in passato.
I boss sono propedeutici all’apprendimento di ogni elemento che contraddistingue il gameplay. Lo scontro con Deathstroke, ad esempio, è focalizzato sui contrattacchi, ed è necessario dimostrare di saper premere il pulsante dedicato ai counter al momento opportuno per poterlo sconfiggere. Quando le cose si mettono bene, si attiva una breve sequenza scriptata che, ancora una volta, mostra il risvolto violento di questo Origins: Deathstroke viene preso a cazzotti con una rapidità e una violenza tale da lasciarci quasi sorpresi. Non credevamo che un Batman incavolato potesse arrivare a tanto. Al contempo, queste prime sequenze non ci mostrano grosse evoluzioni nel gamplay che, seppur più veloce, sembra fare uso delle stesse rodatissime meccaniche dei precedenti capitoli. Montreal, dunque, ha scelto la via della sicurezza, ripetendo gli elementi che hanno reso celebre questa saga, senza troppe innovazioni da questo punto di vista. Restano da verificare i nuovi gadget che, probabilmente, contribuiranno ad aggiungere un po’ di variazione in quello che, altrimenti, è un gameplay che conosciamo già molto bene.
Anche le sezioni esplorative mostrano tante affinità con il passato: ritroviamo l’uso del Detective Mode, con annessi gadget (ad esempio, abbiamo sfondato una parete facendo uso dello spray esplosivo). Siamo passati inosservati utilizzando gli elementi architettonici delle stanze, e naturalmente ci siamo fatti il nostro consueto giretto tra i condotti di areazione, scardinando le grate con un’animazione pressoché identica dai tempi di Arkham Asylum.
Un gioco oscuro
Sebbene questo, quasi certamente, sarà l’ultimo capitolo della saga di Arkham a giungere sulle console di attuale generazione, possiamo confermare che non troveremo la sorpresa grafica che vedemmo ai tempi di Asylum. Si tratta, piuttosto, di una conferma di tutti gli aspetti buoni visti in passato, e possiamo affermare che i problemi di frame-rate che avevamo riscontrato nelle nostre precedenti anteprime sembrano risolti, sebbene la sezione da noi provata non ci abbia messo a confronto con più di sei o sette nemici contemporaneamente. Ci riserviamo dunque di confermarlo (o smentirlo) in fase di recensione.
Le animazioni sembrano il più grosso passo avanti: decisamente più fluide che in passato e più variegate, a rimarcare la maggiore velocità nel combattimento di cui abbiamo parlato in precedenza. Un po’ di delusione nel mantello di Batman che, a nostro avviso, sembra meno dettagliato che in passato. Forse questo aspetto è dovuto al fatto che l’outfit di Batman è personalizzabile con diversi vestiti, anch’essi ottenibili nella Bat Caverna e tra i quali si cela lo straordinario costume del Batman interpretato da Adam West, nell’indimenticabile serie televisiva del 1966. Quella del “nanananana”, per capirci.
Purtroppo non abbiamo potuto ascoltare la versione italiana del gioco, ma dal lato del doppiaggio inglese – completamente modificato con l’arrivo di Roger Craig Smith nel ruolo del supereroe – possiamo confermare la bravura dell’attore in questo ruolo, e probabilmente non farà rimpiangere l’uscita di scena di Kevin Conroy. Eccellente il mixage di colonna sonora e voci, incluse quelle dei nemici che ascoltiamo fortuitamente da dietro gli angoli, e che ci regalano dei momenti in cui possiamo approfondire ulteriormente la storia.

Batman: Arkham Origins è una conferma. Non ci aspettiamo, dunque, i fuochi di artificio di Asylum né tantomento i passi in avanti di City, perlomeno non dal lato del gameplay. Al contempo, ci sono parecchi motivi per attendere questo gioco: la città è semplicemente gigantesca, l’atmosfera è unica e la storia ha un potenziale davvero notevole, in quanto è la prima della saga a raccontare un avvenimento che segnerà per sempre la storia del supereroe. Insomma, sebbene le soprese dal lato tecnico e di giocabilità potrebbero limitarsi a qualche unità, da tutti gli altri punti di vista Arkham Origins è un gioco molto promettente. L’uscita è molto vicina, e siamo davvero felici di scoprire cosa accadde a Gotham City in una fredda vigilia di Natale di tanti anni fa.

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