Recensione

World to the West

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

A partire dalla scorsa generazione di console, con la massificazione del medium e gli investimenti sempre più ingenti per i titoli tripla A, il mercato si è spaccato, con la progressiva scomparsa dei titoli “medi” e l’alternanza tra colossi dai budget spropositati e titoli indipendenti, spesso sviluppati con investimenti risicati ma tante idee brillanti.
I norvegesi di Rain Games, quelli di Teslagrad, appartengono alla categoria di sviluppatori che, non potendo contare su fondi illimitati, punta piuttosto sulle idee, sul gameplay, sullo stile artistico, e, nel caso del titolo d’esordio, anche su enigmi ingegnosi.
Oggi esaminiamo il loro secondo lavoro, intitolato World to the West, un titolo decisamente più ampio ed ambizioso del predecessore, che nondimeno si allaccia a quest’ultimo in modi inaspettati.
Generazioni di teslamanti
World to the West parte subito con il piede giusto, dimostrando che il team di sviluppo ha fatto i compiti a casa: la narrativa, per quanto secondaria, farà contenti tanto coloro che hanno apprezzato Teslagrad, di cui questo prodotto è un seguito a tutti gli effetti, quanto coloro che si avvicinano alle opere di Rain Games per la prima volta, visto che i riferimenti al precedente episodio non impediscono di godere della vicenda anche non conoscendo le figure dei teslamanti, scienziati capaci di incanalare l’energia elettrica ed utilizzarla ai loro scopi, centrali in entrambi i giochi.
Traendo ispirazione dai fumetti d’avventura europei, che hanno visto nella scuola belga ed in quella francese due degli esponenti più prominenti, il team di sviluppo chiede al giocatore di mettersi nei panni di quattro differenti personaggi, la cui alternanza non solo dona ritmo e varietà al gameplay ma consente anche di dare respiro alla narrazione, svincolando, come anticipato, questo titolo dal predecessore, che pure aveva venduto oltre un milione e mezzo di copie tra tutte le console su cui è stato distribuito.
A livello narrativo, la curiosità è la miccia che accende l’incendio: nei panni di Lumina, teslamante che risulterà nota ai giocatori di Teslagrad, il giocatore verrà teletrasportato, suo malgrado, in un tempo ed uno spazio ignoti, in un mondo ricco di vita e vegetazione dal quale tornare a casa non sarà così semplice, visto che la macchina usata per il viaggio di andata sembra essere rimasta danneggiata.
Ad aiutare Lumina nella sua impresa, altri tre personaggi, diversissimi per intenti, carattere e motivazioni: in rigoroso ordine di apparizione, Knaus è un orfanello costretto a scavare per sedici ore al giorno da un manipolo di adolescenti senza scrupoli, che sfruttano lui ed i suoi compagni di orfanotrofio per chissà quali scopi.
Teri è invece un’avventuriera fiera e determinata, che si guadagna da vivere prestando i suoi servigi e la sua abilità in battaglia a ricchi mecenati, bramosi di mettere le mani su antichi artefatti e tesori dimenticati.
Lord Clonington, infine, incarna perfettamente lo stereotipo dell’uomo muscoloso, calvo e baffuto tanto in voga durante la prima metà del ventesimo secolo: ma oltre ai muscoli e alla nobiltà, c’è molto di più.
Tra gli ingredienti della minestra anche un’oscura profezia, un gran numero di location differenti e una masnada di personaggi non giocanti, alcuni dei quali decisamente senza scrupoli: il minimalismo narrativo del lavoro d’esordio lascia qui il posto a molti più dialoghi, sebbene asciutti e concisi, e una buona localizzazione italiana (per i sottotitoli, nel titolo non c’è parlato) aiuta ad immergersi nel mondo di gioco.
All’avventura
Al centro delle meccaniche di gioco c’è un misto assai ben congegnato di esplorazione, risoluzione di enigmi, combattimento e platforming, in rigoroso ordine di importanza: utilizzando una visuale a volo di uccello che ricorda i dungeon crawler a la Diablo, Rain Games ha confezionato un prodotto sfaccettato e godibile a più livelli, che richiede pochissimo tempo per essere fruito a pieno ma più pazienza e spirito di osservazione per essere padroneggiato.
L’avventura è divisa in due parti: nella prima, che possiamo definire in qualche modo introduttiva, vengono presentati i quattro eroi e al giocatore viene dato tempo per prendere confidenza con il control scheme e la fisica del gioco, mentre nella seconda, quando i quattro eroi sono finalmente riuniti, il ventaglio di soluzioni strategiche si allarga a dismisura, di pari passo con la complessità degli enigmi e le porzioni di mappa sbloccate.
Ognuno dei quattro personaggi dispone di diverse abilità, e, nella più classica delle strutture da “metroidvania”, solo utilizzandone sapientemente le peculiarità sarà possibile avanzare nell’avventura e scovare i collezionabili meglio nascosti.
Lumina, protagonista indiscussa delle vicende, rappresenta il classico eroe, un personaggio bilanciato capace di barcamenarsi sia nella risoluzione di enigmi sia nelle fasi di combattimento: dotata di una bacchetta da teslamante, dispone di un attacco a corto raggio e di uno a distanza, capace anche di attivare interruttori elettrici.
Ma la sua abilità migliore è sicuramente rappresentata dalla capacità di teletrasportarsi a brevi distanze, che sarà ampliata nella seconda metà dell’avventura.
Knaus, l’orfanello ribelle, si presta benissimo ad un gameplay più stealth durante le prime ore di gioco, visto che la sua pala può solo stordire i nemici per qualche istante: in compenso, egli è capace di scavare buchi nel terreno ed infilarvisi in un batter d’occhio, rimanendo invisibile ai nemici e sgattaiolando in tutta tranquillità oltre le situazioni di pericolo; ad avventura inoltrata, la dinamite si aggiungerà al suo arsenale, rendendolo letale in battaglia e consentendogli di abbattere grosse rocce e muri pericolanti.
Teri, dal canto suo, si è guadagnata il titolo di nostra preferita, grazie alla sua sciarpa multiuso: nelle prime ore di gioco essa si rivela utilissima per issarsi e colpire i nemici, intontendoli, ma poi, dopo qualche ora di gioco, consente addirittura di insinuarsi nella mente dei nemici colpiti, piegandoli al proprio volere.
All’ottenimento di questo potere, le opzioni a disposizione del giocatore aumentano a dismisura: costringere i nemici a combattere tra loro, sfruttarne le abilità peculiari, farsi trasportare a destinazione o, semplicemente, condurli al suicidio sono tutte alternative praticabili.
Chiude il cerchio Lord Clonington, che porta in dote le tipiche qualità da bruto: forza sovrumana, con tanto di carica in corsa che infligge enormi danni ai mostri, e la possibilità di frantumare le rocce caricando il pugno.
Meno fantasioso, ma banalmente utile in più di una circostanza.
La mappa è costellata di totem raffiguranti i volti dei quattro eroi che fungono, nel contempo, da punto di salvataggio e di scambio per passare da uno all’altro alla pressione di un tasto: complice un level design di grandissima qualità, con due mappe sovrapposte, una in superficie ed una in profondità, World to the West non risulta mai scontato nel suo incedere, regalando diversi momenti “a-ha” e un ritmo di gioco sempre sostenuto, valorizzando la curiosità del giocatore e premiando con incrementi di salute i più abili nell’esplorazione.
A detrarre da una formula deliziosa e finemente bilanciata ci sono solamente l’impossibilità di ruotare manualmente la telecamera, che può solo essere minimamente spostata utilizzando l’analogico destro, e una certa imprecisione nelle hitbox, tanto nelle fasi di combattimento, comunque secondarie nell’economia di gioco, quanto in alcuni frangenti a base di piattaforme.
Nulla che non possa essere sistemato con un paio di patch, beninteso, e comunque la frequenza e la vicinanza dei punti di salvataggio eviteranno di dover ripetere più di cinque minuti di gioco in caso di morte inattesa.
Occhi e orecchie felici
Sono bastati un paio di trailer per farci innamorare della direzione artistica di World to the West, ma, dopo aver speso diverse ore con la versione finale ed aver apprezzato tutto ciò che il prodotto ha da offrire sotto questo punto di vista, l’infatuazione è diventata un amore profondo.
Sulla falsariga di Teslagrad, ma ancora più colorato, dettagliato e variegato, World to the West propone un character design assai vicino ai fumetti europei del secolo scorso ma aggiungendo un tocco personale, ricercabile soprattutto nel design dei mostri ed in quello delle strutture come case, templi e caverne.
La varietà di ambientazioni è lodevole, e nel corso dell’avventura si esploreranno aridi deserti, foreste verdeggianti, zone acquitrinose e ghiaccia innevati, proprio come se si stesse sfogliando un albo disegnato a mano, con la cura invidiabile per i dettagli e per le animazioni che solo un prodotto d’autore restituisce.
La tecnica utilizzata per la cosmesi, simile al cel shading, offre anche l’indubbio vantaggio di coprire qualche magagna qua e là, come una conta poligonale non entusiasmante ed il riciclo di asset tra zone simili della mappa, ma, al di là di questi inciampi, comprensibili in un prodotto comunque indipendente, il colpo d’occhio generale è meraviglioso, come potrete verificare voi stessi da una rapida occhiata agli artwork del gioco allegati a questa recensione.
Eppure, l’aspetto visivo non rappresenta il punto più alto della produzione: sin dai primissimi istanti di gioco, a rubare la scena è infatti la colonna sonora, firmata da un talentuoso duo norvegese, Bear & Cat (al secolo Jorn e Linn Kathrin), già responsabile delle musiche di Teslagrad.
Dopo il buon lavoro svolto in quell’occasione, qui i due artisti si superano, dando vita ad una colonna sonora dai toni morbidissimi, che spazia dal jazz al country, con qualche sortita nell’elettronica e nel gospel, che, da sola, varrebbe davvero il prezzo del biglietto: ogni zona della mappa di gioco gode di un accompagnamento specifico, che la inquadra immediatamente ed aiuta il giocatore a capire cosa aspettarsi.
Dotarsi di un paio di cuffie da gaming ed alzare il volume è quindi quantomai consigliato, e mai come stavolta aumenterà la godibilità del prodotto e l’immersione nell’universo creato dal team di sviluppo.
Vi sfidiamo a non canticchiare almeno uno dei motivetti sotto la doccia: a noi non esce più dalla testa quello di uno dei templi esplorabili.

Enigmi immediati ma raramente banali

Struttura da metroidvania profonda quanto basta

Grande attenzione ai dettagli

Colonna sonora di gran classe

Hitbox non sempre precisissime

Visuale semi-fissa a tratti scomoda

8.0

Come i nostri lettori di vecchia data sapranno bene, adoriamo gli studi indipendenti, pregni di passione e ricchi di idee, sempre sospesi tra la realizzazione di esse ed i limiti dettati dal budget: Rain Games corrisponde perfettamente a questa descrizione, e World to the West è il loro miglior lavoro fin qui, un passo avanti deciso rispetto al pur buono Teslagrad.

La cura riposta in tantissimi aspetti della produzione è encomiabile, il gameplay funziona, la direzione artistica farà felici tutti i fan dello stile europeo del ventesimo secolo e, soprattutto, la colonna sonora si aggiungerà prepotentemente alla vostra playlist, tanto sullo smartphone quanto sotto la doccia.

Considerando anche il prezzo budget e la buona rigiocabilità del prodotto, ce n’è abbastanza per consigliarvi World to the West senza troppe remore.

Voto Recensione di World to the West - Recensione


8