Recensione

Wolfenstein II: The New Colossus Recensione

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a cura di Matteo Bussani

E’ un periodo decisamente florido per il medium videoludico: tanti titoli usciti e in via di pubblicazione, e una qualità media che si alza mese dopo mese. In questo mare magnum di opportunità c’è un gioco, esponente del genere non più così comune degli FPS old-school e discendente di una serie storica, che prende il nome di Wolfenstein 2: The New Colossus e che ha sicuramente stuzzicato l’interesse di molti giocatori. Il ritorno alla serie, infatti, con quell’in larga parte dimenticato feeling degli shooter di una volta fu ampiamente apprezzato da critica e pubblico nel 2013, e The New Order divenne più che un valido motivo dell’attesa che andò a crearsi attorno a questo seguito. Qui lo stile americano fermo agli anni ’50, volutamente contrapposto all’angosciante post-guerra nazista, andò a sviluppare il setting perfetto per esasperare i toni drammatici e ironici caratteristici del paradosso storico di Wolfenstein. Ovviamente questo è solo l’inizio. Per il resto, buona lettura!

La parabola ascendente di Terror-Billy

Tutto ha inizio subito dopo gli eventi di The New Order. Terror-Billy (alias B.J. Blazkowicz) è sopravvissuto all’esplosione dopo l’atto suicida di Deathshead, ma le sue condizioni non sono delle migliori dato che, nonostante sia riuscito a salvarsi, deve passare l’inizio dell’avventura sulla sedia a rotelle. Un incipit lento, che riesce a fare da trampolino di lancio per il climax ascendente che caratterizza sia l’ampiezza delle sue imprese sia il continuo miglioramento delle capacità motorie. Narrativamente non ci azzarderemo oltre, se non per dirvi che la storia avrà un sapore prettamente americano e tutti i personaggi che andremo a conoscere ci prepareranno a qualcosa di più grande che, però, andremo a conoscere solamente nell’ultimo capitolo di questa trilogia. 
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La storia infatti prosegue fluida per una decina di ore abbondanti, ma grazie a uno stratagemma narrativo e di design, che però non abbiamo particolarmente apprezzato dato che interrompe la guida narrativa in medias res, potremo continuare a battere le mappe del gioco a caccia di nazisti ancora per molte ore. La scrittura, a parte questo aspetto, si dimostra comunque uno dei punti forti di Wolfenstein 2: The New Colossus, perchè riesce a lavorare sul piano comunicativo arrivando al giocatore senza filtri linguistici, ponendosi parallelamente alle immagini a schermo, crude e violente, ma senza mancare di quel pizzico di ironia che citavamo nell’introduzione. Gli eventi vivono di una logica surreale, ma coerente, tanto che gli escamotage più o meno incredibili di cui l’intreccio è ricolmo, non appaiono mai fuori luogo e non stonano con il resto della produzione: trovarsi in posti improbabili sarà tanto immediato quanto possibile nella folle logica di Wolfenstein II. Di personaggi stereotipati ce n’è a non finire, ma la caratterizzazione del protagonista Blazkowicz è lodevole e il suo sviluppo, anche se ogni tanto semplificato, risulta in larga parte credibile. Gli antagonisti, invece, pochi ma più sfaccettati, sono il fulcro delle cutscene più memorabili del gioco.

Old but Gold

Essendo un FPS single-player, vecchia scuola, molto frenetico, figlio di quello shooting anni ’80-’90 oramai lontano, i due aspetti principali su cui concentrarci sono la narrativa e il gameplay. Mentre della prima abbiamo già scritto, il secondo lo approfondiremo in questa sede. Per chi non conoscesse il genere, le caratteristiche sono: ritmo di gioco alto, numerose bocche da fuoco trasportabili, rigenerazione parziale o assente della salute e armatura, time-to-kill più lento dei titoli contemporanei.
Wolfenstein II, esattamente come il predecessore, riprende tutti questi aspetti aggiungendo interessanti peculiarità. Il design delle mappe, per esempio, non è completamente univoco: è studiato per diversi tipi di approcci. Le mappe “a fisarmonica” sia aprono in alcune sezioni più libere per poi restringersi nei cunicoli lineari di sotterranei ed edifici, con un continuo cambio di prospettiva. 
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Si può agire in maniera silenziosa oppure ad armi spianate o, meglio ancora per il fattore divertimento, mescolando in corsa questi due. Inoltre, a un certo punto dell’avventura diventa possibile montare degli innesti: uno rimpicciolisce il torace, il secondo aumenta la forza bruta e il terzo prevede un’estensione degli arti inferiori. Questi conferiscono capacità aggiuntive e peculiari, utili per l’esplorazione della mappa e per i combattimenti: a seconda della scelta diventa, quindi, preferibile scegliere una via piuttosto che un’altra.
Sul piano della caratterizzazione dei soldaten nazisti non c’è un’evoluzione rispetto al passato, anzi i modelli di nemici sono ripetuti e tutto sommato banali sia quelli più comuni, sia quelli più rari, anche se poi vi accorgerete che così rari non sono. Rimane invariato il ruolo dei comandanti nei ranghi nemici, da abbattere il prima possibile per evitare un continuo respawn di truppe. L’hub di gioco è costituito dal sommergibile Martello di Eva, da cui avranno origine tutte le missioni, primarie e secondarie. Soprattutto queste ultime vanno a costituire un importante apparato delle attività dell’end-game, comprensive del vezzo completistico di ottenere tutti i collezionabili.
L’arsenale del buon William B.J. Blazkowicz è composto da sei bocche da fuoco “standard” (anche se di standard hanno ben poco) e 4 armi “pesanti”. Tra le prime annoveriamo: pistola, fucile, mitraglietta, fucile a pompa, fucile laser e pistola lanciagranate.  Possono essere utilizzate singolarmente, con il grilletto sinistro dedito alla mira, oppure in coppia (anche mista) in cui al grilletto è associato il fuoco della rispettiva arma. Ciascuna ha tre miglioramenti disponibili, attivabili spendendo un punto potenziamento reperibile sulla mappa come collezionabile; possono essere il silenziatore, la carica a chiodi, un caricatore maggiore e così via. Sebbene non influiscano direttamente sulla potenza di fuoco, in breve essi si rivelano molto utili per affrontare le orde sempre crescenti di nemici. Le armi pesanti invece possono essere utilizzate soltanto qualora reperite sulla mappa dopo essere state lasciate a terra dai nemici più grossi. Utilizzare le armi pesanti così come migliorare quelle standard sono però solamente dei palliativi per affrontare l’evidente difficoltà del gioco che, in tributo al passato, è decisamente sopra la media, già a livello normale. Noi abbiamo giocato il gioco principalmente tra modalità “Fatevi Sotto!” (la terza tra quelle disponibili) e “Ora si fa sul serio” (la quarta), trovando non poche difficoltà a superare certi punti, evidentemente più difficili per il design dell’area rispetto ad altri. 
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Per concludere gli aspetti dedicati al progresso del giocatore, non possiamo non sottolineare l’efficacia dei talenti, che si basano sulle azioni in-game del giocatore e ne migliorano di conseguenza alcuni valori. Uccidere i comandanti e recuperarne i codici dal cadavere, ci fa aumentare il tempo necessario affinché i soldati facciano partire l’allarme, così come uccidere silenziosamente un nemico ci può far muovere più velocemente in posizione accucciata.
L’intelligenza artificiale dei nemici è abbastanza basilare a tutti i livelli di difficoltà, alla provocazione rispondono col fuoco dirigendosi alla prima copertura disponibile e tentano l’assalto da più vie se cerchiamo di rintanarci negli edifici. Si limitano però a questo, evitando accerchiamenti complessi o strategie di gruppo per l’avanzata.

NaziMerica

Artisticamente Wolfenstein II: The New Colossus è un titolo che porta con forza l’eredità storica della serie sfoggiando un più marcato contrasto cromatico tra l’accesa natura liberale degli Stati Uniti d’America e la grigia realtà oppressiva del regime nazista. 
La varietà delle ambientazioni è notevole e beneficia della natura on-the-road della seconda parte dell’avventura, mettendo in mostra diverse città americane e non. 
La follia, comunque, indipendentemente dalle parti rappresentate ha sempre il colore rosso che nel sangue trova il suo riscontro primario. L’assenza di filtri rende la rappresentazione delle scene, cruenta, diretta e d’estremo impatto. A ciò contribuisce un comparto tecnico solido sia su PS4 sia su PS4 PRO in forma Enhanced con un migliore dettaglio e cura. L’impatto grafico è notevole per il novanta percento del tempo, le ambientazioni in particolare sono realizzate con molta cura, ma ogni tanto qualche shader fuori posto, così come animazioni non particolarmente incoraggianti e qualche texture a bassa risoluzione saltano all’occhio. Nessun bug importante da segnalare, se non ogni tanto un po’ di goffaggine nelle scalate delle macerie.
Musiche ed effetti brillano di luce propria, con la canzone giusta al momento giusto e suoni secondari magari in sottofondo che compaiono esattamente come ce li saremmo aspettati con il giusto grado di attenuazione. Il doppiaggio in italiano è molto buono, con qualche leggera flessione qualitativa di alcuni personaggio secondario e un lip-sync non sempre perfetto. I sottotitoli invece, presenti durante i dialoghi in tedesco, sono talmente piccoli (anche su uno schermo 55”) che avrebbero potuto anche non farli.

– Ambientazione affascinante

– Veramente old-school

– Ben scritto

– Difficoltà appagante…

– Resa grafica notevole

– Sul finale si perde per giustificare l’end-game

– … talvolta leggermente sbilanciata

– Poca varietà dei nemici

8.0

Wolfenstein II: The New Colossus è un titolo che recupera tanti elementi del passato e rimane in forte continuità con il precedente episodio, per condurci narrativamente verso un futuro ancora tutto da scoprire. Le tinte mature della folle logica del paradosso storico di Wolfenstein si amalgamano perfettamente con lo shooting vecchia scuola di cui è portatore. Al di là dei problemi citati nella recensione, il gioco è sicuramente un must-have per tutti coloro che tornano spesso nostalgicamente con la memoria al passato glorioso degli sparatutto, alla ricerca di una sfida degna del più intrepido terror-billy.

Voto Recensione di Wolfenstein II: The New Colossus Recensione - Recensione


8