Recensione

Warhammer 40,000: Sanctus Reach

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Ve lo abbiamo già detto che il negozio di Steam è sempre più zeppo di titoli ambientati nell’universo di Warhmmer? Nel caso vi fosse sfuggito, ve lo ripetiamo: lo store digitale di Valve sta letteralmente esplodendo di giochi basati sulla celebre licenza di Games Workshop. Ce ne sono di tutti i tipi: dai tripla A alle produzioni dal budget limitato, dagli action frenetici ai più riflessivi strategici e ovviamente, dai titoli ben fatti a quelli di qualità nettamente inferiore. Queste tre dimensioni tornano utili per creare un ipotetico spazio dove piazzare Warhammer 40,000: Sanctus Reach, l’ultimo arrivato nella lunga lista di questo genere di opere, che si colloca nell’area dove figurano gli strategici duri e puri, i lavori nati dalla fatica di piccoli team di sviluppo, ma soprattutto i titoli che presentano maggiori incertezze e lacune. Il prodotto sviluppato da Straylight Entertainment e pubblicato da quell’enorme contenitore di strategici chiamato Slitherine Ltd. poteva essere il giusto antipasto per Warhammer 40,000: Dawn of War III, ma si è rivelato una portata piuttosto insipida e con molto potenziale inespresso. 
Lungo non è sinonimo di valido
Nel nome di Warhammer 40,000: Sanctus Reach sono già racchiuse alcune importanti informazioni su quale parte del vastissimo mondo ideato da Games Workshop si andrà ad esplorare. Sanctus Reach è infatti uno dei setto-settori di Ultima Segmentum, uno dei più noti sistemi spaziali governati dall’Impero, da sempre al centro di infinite lotte fra gli Space Wolves e gli Orchi e che nella sua storia ha visto scontrarsi alcuni dei più celebri eroi della saga. Il potenziale per mettere in scena epiche battaglie e delle campagne fortemente incentrate sulla narrazione c’era tutto, ma già dopo pochi attimi passati all’interno di Warhammer 40,000: Sanctus Reach ci si rende conto che molte aspettative sono destinate a svanire nel nulla. Andiamo però con ordine e partiamo da quello che è il principio di quasi tutti gli strategici, ossia il tutorial, utilizzato in questo caso come incipit alle campagne e dove ci aspettavamo venissero esplorate tutte le meccaniche di un titolo profondo e complesso. Dopo la prima missione in cui ci sono stati illustrati i comandi base, come il movimento delle unità lungo le caselle della mappa e la gestione degli attacchi, era lecito immaginare qualche altra rapida sezione in cui venissero alla luce un paio di trucchetti del mestiere o i punti di forza e di debolezze delle truppe. È stata dunque una doccia fredda la laconica frase che ha concluso la prima ed unica una missione di tutorial, nella quale, in modo piuttosto brutale, viene detto che per imparare tutti gli altri dettagli e le strategie bisogna fare riferimento al pesante manuale di gioco, ovviamente tutto in inglese. Così, senza aver avuto modo di fare pratica ed allenamento, siamo stati catapultati nella portata principale di Warhammer 40,000: Sanctus Reach, le due campagne in singleplayer, rispettivamente denominate Stormclaw, dove si vivono le avventure degli Space Wolves guidati da Krom Dragongaze, e Hour of the Wolf, in cui i protagonisti sono i ben noti Ragnar Blackmane e Logan Grimnar. Purtroppo, nonostante il calibro degli eroi coinvolti nelle vicende, entrambe le avventure non decollano mai dal punto di vista narrativo, e le numerose e lunghe missioni, che certamente contribuiscono ad aumentare le ore di gioco e a garantire una notevole longevità, paiono essere tenute insieme con lo scotch e manca un vero e proprio filo conduttore. Il modo in cui sono strutturate le campagne non aiuta poi di certo in questo senso, dato che il sistema adottato da Straylight Entertainment è lo stesso visto in Company of Heroes II: Ardenne Assault dove, lungo una mappa suddivisa in varie zone, bisogna decidere in quale settore portare il proprio attacco ed avanzare, senza mai un colpo di scena o una cambio di ritmo nella narrazione. Infine, vuoi anche per i bassi costi produttivi, non esiste alcun genere di filmato di intermezzo nel quale il giocatore riesca a respirare la tipica atmosfera pesante, cupa e scura di Warhammero 40,000. Stando a quanto detto, le due campagne dovrebbero quindi filare lisce senza lasciare molto al giocatore ed invece no, perché una cosa effettivamente rimane: la frustrazione causata da un livello di difficoltà mal tarato, complicato ancor di più dall’assenza di diversi livelli di difficoltà. Per completare la parentesi sulle modalità di gioco, accanto alle campagne è presente la classica schermaglia, in cui la morfologia del terreno, l’ampiezza della mappa e, ancora, il numero di truppe sono a libera discrezione del giocatore. Inoltre, se siete cresciuti a pane ed Age of Empires, troverete molte somiglianze fra l’editor dello storico strategico di Microsoft Studios e quello di Warhammer 40,000: Sanctus Reach, con cui dar vita a missioni inedite e frutto della mente del giocatore, a cui vengono dati gli strumenti per modificare ogni singolo aspetto del gioco, dalle unità agli edifici, dalla conformazione del terreno alle condizioni climatiche. Infine, non manca la componente online, ma oramai lo andiamo dicendo da un bel po’ di tempo: il PBEM+ (Play by e-mail) utilizzato per la grande maggioranza dei giochi prodotti da Slitherine Ltd. non è un sistema attuale e comodo. 
 
Diamo i numeri
In un’intervista rilasciata poco prima della pubblicazione di Warhammer 40,000: Sanctus Reach, gli sviluppatori hanno indicato Chaos Gate e X-Com come le due maggiori fonti d’ispirazione per il proprio lavoro, che con la sua strategia a turni richiama il celebre titolo made in Firaxis, senza riuscire però ad avvicinarsi alla qualità di quest’ultimo. Bastano un paio di scelte errate in termini di game design, qualche interfaccia poco chiara o delle meccaniche mal implementate ed un gioco che sulla carta pareva avere delle buone idee, diventa tutto d’un tratto frustrante, ermetico e confuso. Non ci vergogniamo a dirlo: le prime due o tre missioni che abbiamo intrapreso sono finite con una cocente sconfitta, semplicemente perché non appariva da nessuna parte quale fosse l’unità adatta da usare in uno scontro o l’arma migliore con cui far fuoco, ed ancora una volta la soluzione stava scritta nelle pagine finali del manuale. In realtà qualche interfaccia cerca di mettere nero su bianco l’efficacia di un attacco e pure il danno inflitto, ma le classiche percentuali che appaiono su schermo si rivelano nella gran parte dei casi completamente aleatorie. Se X-Com è famoso per far infuriare i giocatori che vedono finire nel vuoto proiettili indicati al 90% come capaci di centrare il bersaglio, in Warhammer 40,000: Sanctus Reach la situazione è ancora peggiore, non sempre in senso sempre negativo, ma in direzione della totale casualità, che annulla ogni parvenza di strategia: che venga segnato il 20%, il 40% o il 60% delle possibilità di riuscita dell’azione, poco conta. La situazione sfiora poi il tragicomico quando si ordina ad una propria unità di fare fuoco contro un nemico situato in una casella adiacente, con l’interfaccia che segnala tristemente un 20% di probabilità di successo. Il medesimo discorso vale poi per i danni che teoricamente si dovrebbero infliggere al nemico, ma anche qua il condizionale è d’obbligo, dato che i punti vita levati alle unità avversarie non paiono seguire regole precise. Questo è un vero peccato, perché di base Warhammer 40,000: Sanctus Reach avrebbe molte frecce al suo arco, che renderebbero il titolo uno di quegli strategici dove tenere a mente numerose variabili. Sia gli Space Wolf che le unità dei Pelleverde sono infatti dotate di molteplici armi, come gli iconici Bolter, i Lascannon o, ancora, le Chain Sword, senza contare quelle impugnati dagli eroi in battaglia, ognuna delle quali  ha le proprie statistiche, punti di forza e di debolezza e modalità d’uso. Le pistole Bolt colpiscono e abbattono – in teoria – orchi anche dalla lunga distanza, mentre i lanciafiamme colpiscono solo da vicino, ma il fuoco agisce su un numero maggiore di caselle. La profondità tattica è inoltre garantita dalle tante varianti di unità che appaiono sul campo di gioco, alcune delle quali davvero azzeccate dal punto di vista del design, come gli Imperial Knight, i Dreadnought ed i Gorknaut, mentre molte altre risultano però poco ispirate ed anonime. Infine, uno degli elementi che abbiamo certamente apprezzato di più in chiave tattica è il fuoco amico, che complica di non poco la disposizione delle truppe nella mappa. 
Fra alti e bassi
Il passaggio sotto la lente di ingrandimento delle truppe mette in luce poi altre note positive, questa volta racchiuse nelle statistiche ad esse affibbiate, che non si limitano ai soliti punti vita e punti attacco. Accanto a questi due valori numerici assume infatti massima importanza anche il morale: tenendo sotto un fuoco costante un’unità nemica, colpo dopo colpo, questa inizierà a perdere fiducia, aumentando le probabilità di shock e quando il morale finirà sotto la soglia critica, i movimenti o gli attacchi diventeranno limitati se non impossibili. La recensione di uno strategico non può prescindere dall’analisi delle mappe, piuttosto numerose e variegate in Warhammer 40,000: Sanctus Reach, ma dalla qualità altalenante e quasi mai sviluppate in verticalità. Durante le numerose ore di gioco ne abbiamo incontrate alcune molto estese, che si prestavano ad accerchiamenti ed attacchi alle spalle, mentre abbiamo mal digerito quelle più strette, dove l’azione si concentrava in strette feritoie in cui andavano ad incastrarsi Space Wolves e Orks. Tipiche del genere, non mancano le indispensabili coperture dietro cui far riparare le proprie truppe che, data la costante inferiorità numerica, vanno utilizzate con grano salis per non finire con il fiato corto nelle missioni più lunghe. È stata poi una piacevole sorpresa la scoperta della distruttibilità di molte strutture, un fattore che garantisce una certa dinamicità agli ambienti e che si rivela una tattica in più da utilizzare per avere la meglio sulle schiere nemiche. Un altro elemento da tenere in conto è poi la diversa morfologia delle caselle, ognuna delle quali influisce in modo attivo sui movimenti e sugli attacchi delle truppe, peccato però che esteticamente siano tutte quante simili, generando in questo modo parecchia confusione. Gli stessi interrogativi e le stesse problematiche ruotano poi attorno ad un buon numero di unità, anch’esse da impiegare diversamente a seconda di chi ci si trova davanti, anch’esse tutte quanto troppo somiglianti l’un con l’altra.
Il comparto grafico
Il gancio per spendere qualche parole sulla grafica è presto dato. Negli strategici la componente visiva è un elemento che passa anche in secondo piano, in svariati casi abbiamo molto apprezzato titoli che sfruttavano una semplice grafica in 2d, ma la scelta di Straylight Entertainment di affidarsi alle tre dimensioni ha delle evidenti ripercussioni. I modelli delle unità hanno un basso livello di dettagli, così come le strutture presenti sulla mappa vengono riciclate di continuo, ma sono soprattutto le animazioni a prestare maggiormente il fianco alle critiche. L’Archon Engine utilizzato per muovere Warhammer 40,000: Sanctus Reach sarà sicuramente un motore di gioco flessibile, ma il colpo d’occhio che garantisce non è proprio dei migliori. Infine, anche l’audio non spicca certamente per la sua qualità, con musiche ed effetti sonori che si ripetono in lungo ed in largo.

HARDWARE

Requisti minimi:– Sistema operativo: Windows 7, 8, 10– Processore: 2GHz– Memoria: 2 GB di RAM– Scheda video: 512Mb DirectX 9 Compatible Graphics Card– DirectX: Versione 9.0– Memoria: 2 GB di spazio disponibile– Scheda audio: DirectX Compatible Sound Card

– Molte varianti di truppe…

– … Per altrettante armi

– L’ambiente gioca un ruolo chiave

– Alcune unità molto ispirate

– C’è il fuoco amico

– Assenza di un vero tutorial

– Statistiche poco attendibili e precise

– Le campagne non lasciano il segno

– Mappe non sempre riuscitissime

6.5

Sarebbe un errore bocciare in toto Warhammer 40,000: Sanctus Reach, come molti strategici è un prodotto sfaccettato e va analizzato in tutte le sue meccaniche di gioco, che rivelano allo stesso tempo tanti alti quanti bassi. Da un lato il morale, la diversificazione delle truppe e del loro armamentario, alcune mappe di gioco e la distruttibilità degli ambienti, dall’altro l’assenza di un vero e proprio tutorial, statistiche e percentuali confusionarie e mai precise ed una campagna sì lunga, ma sfilacciata fra le varie missioni: l’opera di Straylight Entertainment è insomma una montagna russa con continui saliscendi, con tanti elementi strategici ben implementati e altrettanti inespressi o mal congegnati.

Voto Recensione di Warhammer 40,000: Sanctus Reach - Recensione


6.5