Recensione

The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia, recensione del gioco tratto dall'anime di Netflix

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Dopo l’ottimo successo dell’anime di Netflix tratto dal manga di Nakaba Suzuki, The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia
debutta su console, regalando agli appassionati della serie tv una trasposizione che possa riproporre le gesta di Meliodas, Ban, King e gli altri personaggi, con l’idea di essere in linea con le produzioni che da anni Bandai Namco porta sul mercato. Purtroppo per i fan, Knights of Britannia non è un prodotto particolarmente brillante, vittima com’è di una grande ripetitività di fondo e di diverse cattive scelte di design tutt’altro che perdonabili.
Alla ricerca dei Sette Peccati Capitali
Per chi non lo sapesse, The Seven Deadly Sins narra una storia antica ambientata in un mondo popolato da esseri umani e non umani. Una volta, la terra era protetta dai cavalieri sacri, ma alcuni di loro non se ne sentivano parte. Il regnò negò loro giustizia e libertà, e la loro stessa esistenza divenne leggenda, la leggenda del più grande ordine dei cavalieri sacri, identificati come i Sette Peccati Capitali. In Knights of Britannia seguirete le gesta di Meliodas, Elizabeth e compagni, che si ricongiungeranno e battaglieranno contro i cavalieri antagonisti; sullo sfondo, le vicende che abbiamo imparato a conoscere nella serie Netflix, presentate con delle tappe fondamentali che si inseriscono all’interno delle numerose missioni presenti. 
Il problema è che tali eventi non hanno alcuna cassa di risonanza all’interno del gioco, poiché tutto scorre via in maniera piuttosto sbrigativa, blanda e anonima, con un paio di frasi recitate dai protagonisti prima di passare all’azione e menare le mani. 
Se è vero che Knights of Britannia è fondamentalmente un brawler 3D che non va troppo per il sottile, è vero anche che la narrazione viene svilita da una struttura di gioco sin troppo semplicistica e banale. Non ci sono variazioni ai soliti combattimenti, non si esplora, non si interagisce con nessuno e il massimo che potrete fare è creare degli oggetti per aumentare alcune statistiche dei personaggi. 
Oltre alla modalità avventura – che è di fatto quella principale del gioco – esiste la modalità duello, suddivisa a sua volta in battaglie dirette, cooperative o online, coi personaggi selezionabili (più di venti) e le arene che vengono sbloccate durante la progressione della storia. In quest’ultima modalità, una volta aver avuto a disposizione l’intero roster e aver verificato l’efficacia di ciascuno, abbiamo scoperto nostro malgrado uno sbilanciamento di fondo che favorisce i combattenti più rapidi, complice anche il sistema di controllo che ha un paio di comandi poco intuitivi, la telecamera non proprio perfetta e qualche singhiozzo nella reattività del cambio direzione. Il rischio che le sfide online divengano ben presto ad esclusivo appannaggio dei combattenti più forti è dunque elevato, ma anche il resto del titolo non se la passa esattamente alla grande. 
La causa risiede soprattutto nell’eccessiva semplicità e nell’evidente ripetitività, e nonostante si tratti di un gioco indirizzato a un pubblico di giovani, siamo piuttosto certi che anche loro rimarranno delusi dalla velocità con cui Knights of Britannia arriva ai titoli di coda. Le ore di gioco globali dipenderanno molto da che tipo di giocatore siete, e se in sei ore circa avrete più o meno visto tutto ciò che d’importante c’è da vedere, con un paio di ore in più potrete portare a termine le missioni secondarie e puntare al massimo grado ottenibile dalle singole sfide. Sfide che tra l’altro non hanno nulla di davvero interessante, poiché si configurano come delle sessioni copiate pressoché del tutto dalle precedenti, coi cambi di protagonisti a rappresentare spesso le uniche reali variazioni di gioco.
Cavalieri in Lotta
Nelle missioni battaglia un indicatore segnala quanti nemici restano da sconfiggere entro il tempo limite, di solito piuttosto generoso (a parte quando le prove a tempo si fanno lievemente più ardue). I nemici più grandi sono più resistenti agli attacchi normali, ma è possibile farli vacillare attaccandoli a ripetizione e poi colpirli di continuo mentre sono a terra. Quando si combatte con un partner, gli indicatori PS si uniscono così da formarne uno soltanto. In questo modo il compagno potrà dare una mano, ma allo stesso modo dovremo soccorrerlo quando si troverà in difficoltà.
Usando Meliodas o gli altri “peccati capitali”, le mosse di base sono costituite da un attacco leggero, uno pesante e uno a distanza; sono anche disponibili tre tipi di magie, un attacco speciale da scagliare addosso ai nemici quando la barra apposita sarà piena, la parata, il super salto, lo scatto a ricerca e l’immancabile passo illusorio: utile per schivare, aggirare o avvicinarsi all’istante a un avversario fuori portata. 
Il combat system prevede anche dei danni ad area, da infliggere tramite l’attivazione delle cosiddette trappole magiche, che una volta colpite si rivelano subito pericolose. Tuttavia vi troverete sin troppo spesso nelle solite arene, coi soliti oggetti da distruggere e le solite mansioni da portare a termine. La varietà risulta in fin dei conti sin troppo ridotta all’osso, poiché nella maggior parte dei casi dovrete far fuori tot soldati dentro delle arene non esattamente belle da vedere. Si pensi anche all’obbligo di superare delle fetch quest che non hanno nulla di esaltante, e che si propongono come dei riempitivi di raccordo tra una missione principale e l’altra. 
Anche tecnicamente The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia lascia addosso una certa delusione. Il Cel Shading dei personaggi è discreto ma l’aliasing è evidente, la modellazione poligonale degli ambienti è appena accettabile e le texture che ricoprono i terreni sono slavate, poco ispirate e in bassa risoluzione. La distruttibilità degli scenari è discreta, ma considerando la presenza di muri magici che delimitano le piccole aree non si tratta di certo di uno sforzo eccezionale profuso dal motore grafico, che tra l’altro, regge il frame rate con qualche disagio. 
Si tratta in definitiva di un titolo che ha ben poco di interessante anche per gli amanti della serie, il cui immaginario meritava senz’altro un trattamento migliore, vicino a quello riservato ad anime considerati di prima fascia.

– Segue con fedeltà le gesta di Meliodas e compagni

– Riesce a divertire, senza impegno…

– … Ma è poco bilanciato, ripetitivo e con una struttura di gioco banale

– Le arene e la qualità delle missioni lasciano molto a desiderare

– Tecnicamente un po’ arretrato, con presenza di aliasing e scarsa qualità delle texture

6.5

The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia è un’occasione sprecata.

Trasporre su console quest’anime frizzante, divertente e di successo usando una formula che ne svilisce gran parte della qualità, non è stata un’ottima scelta; allo stesso modo, la poca ispirazione e il budget di certo inferiore rispetto ad altri prodotti non hanno aiutato a rendere il titolo sviluppato da Natsume Atari un gioco imperdibile o che possa esaltare gli estimatori più affezionati della serie.

Voto Recensione di The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia, recensione del gioco tratto dall'anime di Netflix - Recensione


6.5