Anteprima

State of Decay 2 - Provato

Avatar

a cura di Matteo Bussani

La natura survival nei videogiochi o eventualmente anche solo una piccola componente sono sempre servite ad accentuare il realismo e l’immersione di altre dinamiche di gioco, che potevano seguire i canoni di uno sparatutto, di un action-adventure o di uno stealth-game. Fare fronte ai propri bisogni, con le risorse di un mondo di gioco creato appositamente per metterci alla prova, è sicuramente un aspetto che introduce tanti livelli di profondità e che, anche per questo motivo, è diventato lo spunto di partenza per moltissimi giochi. Se ripensiamo ai grandi successi recenti, in termini numerici, molti di essi hanno convinto i giocatori ad affrontare insieme meccanismi di tipo survival. Pensiamo a Minecraft, DayZ, senza dover per forza scomodare l’altrettanto interessante filone horror del genere, per arrivare infine alla deriva Battle Royale di questi ultimi anni.
In realtà per trattare di State of Decay 2, titolo che abbiamo provato in anteprima di recente, dobbiamo fare un passo indietro, prendendo la strada intrapresa dai ragazzi di Undead Labs con il primo capitolo nel 2013. Il titolo Live Arcade approdò dapprima su xbox 360 e PC, per poi venir rimasterizzato per la console di attuale generazione ovvero Xbox One. Al posto che puntare su una semplicista visione del mondo da uno contro tutti, State of Decay decise di scommettere su diversi elementi tutti strettamente legati fra di loro: un mondo permanente in continua evoluzione e il concetto di gruppo o community di sopravvissuti obbligati alla continua cooperazione per riuscire ad affrontare le difficoltà che una apocalisse Zombie porta con sé. Cooperazione, però in senso molto stretto, visto che essa apparteneva alla sola sfera del single-player e non nel più comune senso di “multigiocatore a favore della stessa causa”, reclamato a gran voce dal pubblico ma mai inserito.
I meccanismi da survival prendevano ispirazione dai classici archetipi del genere con poche risorse da ricercarsi in una continua espansione ponderata e priva di rischi eccessivi. Di volta in volta il gioco imponeva il passaggio del controllo dall’uno all’altro membro della comunità per far sì che il primo riprendesse così il proprio stato di salute, perduto per colpa di un’eccessiva stanchezza oppure per un malanno.
Survival, stealth e action, divennero parti integranti di un sistema che di suo prevedeva anche una buona dose di meccanismi strategici e gestionali. Non solo infatti la mappa metteva il giocatore di fronte a un mondo di gioco sostanzialmente avverso, ma anche a un continuo avvicendarsi di conquista, lotta e fasi di valutazione per conquistare degli avamposti strategici, in grado di fornire risorse sia nell’immediato sia sul lungo periodo.
Purtroppo i problemi c’erano, comparto tecnico su tutti, ma non mancava l’intuizione che ci fosse qualcosa per esprimere nuove sfumature del genere survival che ancora non avevano trovato un riscontro pratico nei titoli fino a lì visti. 
Arriviamo quindi a State of Decay 2, l’atteso ritorno del franchise su console Xbox e su Windows PC2, nonché uno dei pochi titoli che i giocatori di verde vestiti stanno aspettando per poter contare e vantare qualche esclusiva al proprio arco. 
Il gioco, in virtù della grande portata degli elementi che Undead Labs aveva introdotto nel primo capitolo, ci è sembrato sempre di più una versione rivista, ampliata e ingrandita del primo capitolo. Un seguito in tutto e per tutto vicino alle meccaniche di un tempo, che cerca di approfondire maggiormente la struttura del gioco, facendo però del passato lo strato su cui costruire questa nuova esperienza.
A partire dall’esplorazione tutto è collegato con il primo capitolo. Le missioni ci spingono a conoscere le nuove zone incontrando nuovi personaggi da arruolare nel team oppure da scacciare al fine di conquistare l’avamposto, contraddistinti da edifici tutti visitabili ricchi di risorse da recuperare per sovvenzionare il prosieguo dell’esplorazione. E così via in un meccanismo, che come dicevamo prima, è continuamente spinto per l’insaziabile esigenza di risorse e di modi per potenziare la comunità e così permetterci di superare indenni nuove sezioni della mappa. Tutte le azioni fanno aumentare l’influenza sul territorio, una valuta necessaria per poter presidiare i Waypoint della mappa più grandi e strategicamente importanti.
Come in passato, agendo all’interno del gioco si vanno a potenziare le skill dei personaggi, ma aggiungendo ulteriore ramificazione all’albero delle abilità. Una volta raggiunto il numero di stelle necessario (sette) in una caratteristica (fra Cardio, Wits, Fighting, Shooting e una dedicata al tipo di personaggio che utilizziamo), la si deve potenziare. A questo punto si sceglie fra due possibili alternative per evolvere quella skill in una nuova forma che più ci aggrada. Cardio per esempio può concretizzarsi in un miglioramento della durata della corsa oppure nella capacità di carico, diverse facce di una stessa medaglia data dalla capacità fisica.
Le animazioni del movimento e del combattimento sono state rese più fluide che in passato, pur essendo comunque abbastanza rigide e richiedono del tempo prima di essere digerite, soprattutto considerando molte altre produzioni che hanno tutta un’altra fluidità.
Il sistema di guida ha trovato una maggiore caratterizzazione dei veicoli, tra resistenza, forza d’impatto e maneggevolezza, risultando davvero piacevole e preciso.
Una volta riprese in mano queste peculiarità del gameplay survival di State of Decay, con una partita nel single-player in fase abbastanza avanzata (a detta degli sviluppatori intorno alle 6-8 ore di gioco) siamo passati al multiplayer cooperativo a 4 giocatori, grossa lacuna del primo capitolo, se non per l’intervento di alcune mod sulla versione PC.L’intenzione di sottolineare l’interazione tra giocatori sicuramente si sarebbe sposata bene con la natura del gioco, ma a maggiore ragione oggi si sposa bene con la volontà di Microsoft di spingere su archetipi ludici che vivano di collaborazione e cooperazione fra giocatori, seguendo un trend del multigiocatore che sembra lungi dal terminare di macinare i suoi grandi numeri. Non stupisca dunque l’attenzione posta a questa modalità da parte degli sviluppatori, che sembrano tenerci particolarmente.
Ognuno con la propria comunità di sopravissuti entra nella partita di un giocatore invitato dallo stesso, oppure secondo un meccanismo di richiesta di aiuto e di reciproco soccorso che però non era stato reso disponibile in questa build. 
Una volta dentro, si contribuisce all’avanzamento di questo giocatore, nelle sue missioni e nella sua avventura. Egli ha la possibilità di accedere a molti più container degli altri giocatori. Il loot è infatti diviso a priori da un’icona definita dal colore relativo al giocatore di appartenenza. Una volta recuperati i materiali è comunque lecito lasciarli a un altro giocatore così da non lasciare mai nessuno indietro. La comunicazione fra i giocatori era anch’essa bloccata, se non per la chat via walkie-talkie integrata nel gioco, con poche e funzionali scritte, ma sicuramente lontane dalle esigenze di un survival articolato di questo tipo.
Un grande lavoro è stato svolto sulla resa della mappa, ancora lontanissima dal dettaglio delle produzioni moderne, ma molto più evoluta rispetto al passato. Soprattutto la morfologia variegata della zona lascia intendere un lavoro di level-design sicuramente curato. Peccato per tanti piccoli problemi tecnici, frutto di una build arretrata, che hanno in parte minato l’esperienza di gioco rallentata nel framerate (Su One X a risoluzione 4k) e vittima di bug, talvolta ridicoli, talvolta meno. Molte cose, però, ci è stato comunicato che sono note agli sviluppatori che si stanno prodigando per risolverle non appena possibile in vista del lancio non troppo lontano, motivo per cui speriamo di non doverle lamentare di nuovo in sede di recensione.

– Meccaniche survival ben approfondite

– Coop funzionale al tipo di esperienza

– Tecnicamente migliore anche se ancora arretrato

State of Decay 2 è l’evoluzione naturale e lineare del primo capitolo. Un survival game che unisce sotto un unico cappello tanti generi così da creare un insieme di meccanismi appaganti e funzionali per coinvolgere il giocatore in un continuo bisogno di soddisfare le esigenze della propria comunità per riuscire nell’impresa della sopravvivenza.

Apprezzatissima la modalità cooperativa che dimostra quanto sia scalabile il potenziale di questo gioco in multigiocatore, e quanto la sentita mancanza in passata fosse più che giustificata.

Allo stato attuale è evidente che le potenzialità del gioco ci siano, l’importante è che esse non siano messe in difficoltà da un impianto tecnico non all’altezza o da problemi e bug al lancio.

Ricordiamo che il gioco sarà disponibile a partire dal 22 maggio su Xbox e PC.