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Recensione

Prince of Persia: I due troni

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Avatar di Upe

a cura di Upe

Pubblicato il 16/12/2005 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8.5

Adulati troppo spesso, ed invidiati per il loro destino fuori dal comune, gli uomini innalzati alla nomea di eroe conducono spesso una vita vicina a quella dei martiri. Sfinito da anni di “vagabondaggio” e di combattimenti accaniti, credendo di poter relegare al passato la lotta contro il Dahaka (e la maledizione delle sabbie del tempo), il Principe di Persia ebbe l’illusione di conoscere la pace. Ma il destino infierisce sugli uomini valorosi e, per l’ultima volta, l’eroe stanco riprende le armi per fare fronte al suo più terribile avversario: sé stesso.

Il lato oscuroLa sceneggiatura diabolica di Prince of Persia: I Due Regni è di quelle da fare invidia ad un romanzo. Tutti i giocatori, che hanno affrontato le prove delle prime due uscite, sanno che non si può patire eternamente di tali supplizi senza pagarne il prezzo. Concluse le vicende del secondo capitolo, il principe di cui nessuno conosce il nome, in compagnia di Kaileena (la sconcertante imperatrice del tempo), fa ritorno a Babilonia. Giusto in tempo per scoprire una città devastata dalla guerra, un regno invaso dagli avversari più crudeli. Tutto avviene con una rapidità innaturale, non lasciando il tempo nemmeno all’anima di alterarsi sotto la durezza della sorte che si abbatte su lui. Vittima di un complotto organizzato da un visir manipolatore e tirannico, Kaileena è assassinata sotto i suoi occhi. Il principe assiste impotente alla liberazione delle sabbie del tempo, lasciandosi contaminare dalla rabbia che si mette a roderlo dell’interno, corrompendo la sua anima per far uscire il male. Nasce il Principe Nero (Dark Prince).Tra tutte le idee proprie di questo nuovo capitolo, la nozione del Dark Prince è chiaramente una delle più interessanti. L’eroe che è stato capace di rovesciare montagne, nel nome dell’amore, non deve solamente ristabilire la pace nel suo regno, ma deve combattere soprattutto i suoi demoni interiori. Non stupitevi, quindi, dopo tutte le disavventure patite, di constatare che suo malgrado si è lasciato corrompere da sentimenti poco lodevoli. La fierezza si è tramutata in egoismo, il coraggio in una sete di sangue inestinguibile, ed i suoi nobili valori sono stati pervertiti dai più meschini desideri. Una mutazione morale, ma anche fisica, che si manifesta con l’apparizione di un tatuaggio malefico che si distende progressivamente sulla superficie del suo corpo. Più terribile ancora, il principe sa che può lasciarsi dominare in ogni momento da suo ego corrotto, trasformandosi nell’“entità” che lo distrugge dal profondo, lentamente. Al mutamento che comporta il costante rischio di affondare in questo stato diabolico, il giocatore (noi) deve raffrontarsi con uno stress continuo. Stress derivante dal vedere il personaggio subire questa trasformazione, che lo prosciuga del fluido vitale ad una velocità spaventosa. Allora ci si lascia rapidamente prendere dal panico, con la minaccia incessante del conto alla rovescia mortale, costretti a prendere dei rischi sconsiderati nell’esplorazione di ambienti sconosciuti riempiti di trappole. Il game over si affaccia più spesso del solito, fortunatamente la frequenza dei checkpoints evita di appesantire quel senso di frustrazione che occhieggia infingardo.

Sangue e dedaliL’evoluzione (o involuzione) del principesco animo porta velocemente le situazioni verso andature da percorso di guerra, dove si devono mettere in conto le peculiarità dell’eroe per sormontare insidie spesso fatali. Il level design è strutturalmente e volutamente tortuoso, ideato per sfruttare le incredibili acrobazie che il principe riesce ad elaborare, in particolare durante i sanguinosi combattimenti. Il modello poligonale guadagna un set di animazioni nuove: è capace di piantare il suo pugnale nelle fessure murali, per poi lanciarsi in aria, o ancora effettuare un movimento per issarsi tra due pareti. Il numero di combinazioni possibili è stato rivisto per rendere i combattimenti ancor più liberi e violenti. Battersi con un’arma per ogni mano offre delle tecniche di attacco implacabili. Naturalmente il nostro protagonista non si fa pregare per impossessarsi selvaggiamente delle sciabole, delle asce ed altre mazze abbandonate sui corpi inerti delle guardie. Le mosse possibili differiscono a seconda che si controlla il principe o il suo doppio malefico, con quest’ultimo in grado di utilizzare una catena-frusta che fa roteare violentemente. Un’arma che può essere lanciata anche in pieno salto quando ci si vuole aggrappare su precisi punti. Parlando per termini strettamente offensivi, PoP conserva ed arricchisce tutte le idee introdotte nel secondo capitolo. In particolare vediamo l’introduzione della “speed kills”, ossia quella tecnica che offre l’opportunità di sorprendere alle spalle i nemici per pugnalarli con mortale sontuosità. Questa semplice aggiunta basta a donare una dimensione spettacolare a certe situazioni, dove si può liberamente scegliere tra il caos di un attacco frontale o l’agilità di un azione stealth. L’aspetto furtivo che era stato appena accennato in Spirito Guerriero, qui si rivela più palpabile ed incita il giocatore a muoversi discretamente per sorprendere gli avversari. La coreografia si rinnova e si adegua al contesto. Il baldo principe potrà lasciarsi scivolare dolcemente lungo una catena, testa in basso, prima di saltare sul nemico per pugnalarlo. Contrariamente, il suo alter ego lancerà la sua catena-frusta per strangolarlo senza muoversi. Un sistema che rivela tutto il suo interesse in occasione dei combattimenti contro i boss, dove si producono scene da antologia. La lotta contro il gigante nell’arena è un valido esempio. Dopo alcune ore di gioco, si comincia ad intravedere il vero potenziale di questa avventura. Tra il combattimento contro il titano dell’arena, le fasi opprimenti in compagnia del Dark Prince e la corsa dei carri nelle vie di Babilonia, l’azione si concatena ad un ritmo sfrenato. Novità in questo PoP sono le corse in stile Ben Hur, con inseguimenti mozzafiato su carri lanciati a piena velocità.

Il deserto, l’isola e la cittàLe locazioni di questo episodio suscitano stupore, permettendoci di fare una visita nella città bassa di Babilonia o di introdurci nei palazzi reali. Dopo essersi allontanati dal contesto puramente orientale (con la seconda uscita), gli sviluppatori sono tornati ad un background seducente e molto più caratteristico. Tutti gli elementi propri, tanto sonori che visuali, ci rinviano dritti alle arie orientali. I palazzi riccamente decorati traducono un lusso ed un gigantismo che stordisce, e contrastano tanto più con la povertà delle viuzze polverose, dove si possono vedere le guardie maltrattare gli abitanti. Allo stesso modo, la sensazione di libertà che si prova passeggiando sui tetti rende più soffocante la deambulazione nelle gallerie ed altri luoghi chiusi. Ci si emoziona molto più che in passato durante questo viaggio, passando dai giardini sospesi di Babilonia fino alle altezze della torre di Babele. L’atmosfera sonora contribuisce, come sempre, all’immersione in questo universo. Si è lontani dalle musiche esplosive e brutali del precedente, feroci ed aggressive, propendendo per sonorità più calme. La progressione nell’avventura si riempie di filmati che tracciano le vicende dei personaggi chiave e che ci esplicano meglio le motivazioni del principe. Tali apporti non interattivi evidenziano lacune del doppiaggio sonoro, laddove le voci sono soffocate dall’accompagnamento musicale. Il lato grafico non si pone dinanzi a dubbi interpretativi, migliorando quanto di poco si poteva perfezionare dei due capostipiti. Controlli pressoché perfetti, nessuna incertezza o evidenti difetti provengono dal motore poligonale. Nuove animazioni e un sistema di combattimento esaltante chiudono un cerchio quasi perfetto. Potremmo obiettare sull’incertezza di alcune visuali della telecamera, ma sono in realtà ben poca cosa in un contesto eccellente.

– Coinvolgente come pochi

– Combattimenti con i boss esaltanti…

– Tecnicamente impereggiabile

– Musiche troppo “invadenti”

– … ma a volte troppo difficili

– Non dura tantissimo

8.5

A meno di essere completamente indifferenti, bisogna riconoscere che questo terzo Principe di Persia surclassa in modo stupefacente le precedenti esternazioni. Gli sviluppatori hanno iniettato quanto di buono c’era dei primi due capitoli, pur trovando degli elementi nuovi capaci di infondere un vero carattere a questo episodio. Quando si scopre un titolo tanto coinvolgente si può avere solamente voglia di dividere l’entusiasmo. Io l’ho fatto con voi!

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