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Oceania

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a cura di Gottlieb

Pubblicato il 16/12/2016 alle 00:00

È questione di tempismo, programmato o no che sia, ma la Walt Disney Pictures ha deciso di presentare al grande pubblico il suo 56esimo Classico, nonché uno dei migliori degli ultimi anni, a 50 anni dalla morte di Walter Elias Disney. Un encomio. Riuscito più che bene, perché la libertà creativa che John Lasseter, il nuovo Disney, ha voluto lasciare agli Animation Studios stavolta sembra aver prodotto una pellicola che riesce a unire diversi argomenti e topoi, tutti che anelano a un successo indiscusso, diverso da quelli di Zootropolis e Frozen, che per quanto abbiano trovato il consenso del pubblico non hanno convinto a pieno la critica. Per farlo, però, Lasseter ha lasciato lo scettro a due decani del Rinascimento, quei John Musker e Ron Clements che avevano firmato Aladdin e La Sirenetta, e che stavolta riescono a segnare un altro grande passo in avanti per le produzioni Disney.

Il cuore verdePolinesia, una delle piccole isole ritenute un grande paradiso terrestre. Fertilità e felicità, però, stanno per essere distrutte da un male oscuro che viaggia attraverso l’Oceano e che sta distruggendo il raccolto e le palme che proteggono l’isola dalla fame e dall’annientamento ambientale. A condizionare questo disastro è stato il semidio Maui, il mutaforme armato di amo da pesca divino, che ha rubato il cuore della dea della natura, Te Fiti. La giovanissima Vaiana, figlia del capo della comunità, sente il richiamo dell’Oceano, che l’ha scelta per un’importante missione: prendere il cuore, trovare Maui, restituirgli l’amo perduto, e ridare vita a Te Fiti, così da poter ristabilire l’ordine naturale delle cose. La protagonista di Oceania, adattamento italiano di Moana che in lingua maori significa, appunto, oceano, gira tutto intorno a Vaiana, la prima protagonista femminile che potremmo riuscire a non definire una principessa: scevra dai disastri amorosi e dai condizionamenti sentimentali che hanno caratterizzato le ultime figure femminili Disney, Vaiana risponde soltanto all’importante compito di salvare la propria gente, diventando una paladina del suo popolo. Il suo carattere forte è quasi lo stesso mostrato da Ariel ne La Sirenetta, che John Musker ben conosce insieme con Jasmine e Megara, altre sue creature; al suo fianco c’è un mutaforma che prende le sembianze di compagno scanzonato per il suo viaggio e che tanto strizza l’occhio a quella nuvola blu doppiata, in Italia, da Gigi Proietti, che rispondeva al nome di Genio. E non a caso è proprio Maui, così come aveva fatto il Genio in Aladdin, a proporre una delle più interessanti e musicalmente apprezzabili canzoni di Oceania, perché You’re Welcome, in italiano Prego, non solo racconta perfettamente la storia di Maui che non conosciamo, snodando quindi adeguatamente il plot, ma entra inevitabilmente nelle tempie e vi costringerà a uscire dal cinema canticchiandola. 

Classico e moderno insiemeCon Oceania, tra l’altro, sembra che la Disney abbia voluto quasi distaccarsi da quel politically correct che sta condizionando tutte le sue recentissime produzioni: Vaiana, come detto già poc’anzi, non ha bisogno di affidarsi a un amore forte per trovare il proprio movente, ma non è nemmeno schiava di un femminismo esasperato. La chiave di volta che troviamo nel cuore della nostra protagonista è nel suo rispondere al viaggio dell’eroe, è nella sua evoluzione che è propria di una personalità forte, rivendicata da Musker & Clements già nelle scelte che aveva compiuto la sirena Ariel nel rivendicare la propria fuga verso il mondo, lasciandosi alle spalle il mare profondo. Per Vaiana è il contrario, ma permane il movente: lei anela l’Oceano e non ha bisogno di riscattare la figura femminile agli occhi del pubblico, perché lei è già il capo incaricato del suo villaggio, è dato per assunto che la figura della donna, in quell’isola della Polinesia che viene mostrata come centro nevralgico del mondo, sia equiparata adeguatamente al mondo maschile. Più che altro è la sua fuga dalla comunità, alla ricerca di una tradizione da recuperare, che deve colpire come argomento cardine: non è l’emancipazione femminile, bensì l’emancipazione assoluta, della figura giovane che si carica di responsabilità che non sono proprie dei suoi genitori, di una generazione forse troppo occlusa dall’età avanzata per comprendere le potenzialità dell’uomo. Infine, il duo alla regia rompe un altro grande canone che era proprio delle loro produzioni: Ursula, Jafar, Rattigan e Ade non trovano più spazio in Oceania, perché l’unico vero villain del 56esimo Classico è l’uomo stesso, è la sua incuria. Per strizzare l’occhio all’ecologia c’è sempre tempo, è chiaro, ma lasciare che il sottotesto si inerpichi in questa realtà non è poi tanto da criticare negativamente, anzi: rappresenta il trait d’union tra il classico e il moderno, che sfocia nell’immensità del verde di Te Fiti e nel suo cuore, di uno smeraldo pulsante.

Vincere l’acquaOceania è un lavoro non da poco per Musker & Clements, perché, fermi dal 2009, è il loro primo lungometraggio in CGI, una CGI stupenda, tra l’altro, che deve reggere il peso della riproduzione dell’Oceano, che sembra quasi reale, quasi da riprese in 4k. Da sempre è l’acqua il nemico numero uno della computer grafica, un avversario che una volta battuto ripresenta una nuova sfida, quella dei fondali: la regia, stavolta, osa e va oltre. Non solo risolve il problema delle distese d’acqua, tra l’altro della più grande al mondo, l’Oceano Pacifico, ma sfonda anche il muro della profondità, portando Vaiana tra le grinfie di bestie sottomarine e mostri di lava. La produzione, inoltre, che evita di soffermarsi troppo sulle nuove tecnologia e che quindi non si interessa al 3D, si prende anche il vezzo di qualche tavola in 2D, pronte a prendere vita sul corpo e sui tatuaggi di Maui, che rappresenta, limitatamente, la linea comica del film. Linea che è magnificamente proposta, però, dagli animali dell’isola e dai Kakamora, pirati assassini che infestano le acque e che, se non fosse per il poco spazio loro concesso, potrebbero quasi lanciare la sfida ai Minions della Dreamworks. 

Oceania è un Classico realizzato da quattro mani esperte che non hanno avuto paura di aggiornarsi e di proporre qualcosa di completamente nuovo. Continuando a credere nei capisaldi che hanno reso famose le produzioni di Musker & Clements, stavolta la Walt Disney Animation Studios propone una pellicola gioiosa, armoniosa, scevra da sentimenti troppo semplici e scontati, si mette alle spalle le necessità sociali di Zootropolis, la ricerca del femminismo di Frozen e crea una vera e propria eroina, che diversamente da Mulan ha un compito ancora più importante: rimediare agli errori dell’umanità, affrontando il pericoloso Oceano. Dopo tanti anni di indecisione, la Disney ha di nuovo scosso la terra.

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