Anteprima

Murasaki Baby

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Durante la conferenza Sony alla GamesCom, c’è stato un titolo presentato per PS Vita che più di ogni altro ha saputo mettersi in risalto per la sua grande particolarità: Murasaki Baby, la “bambina viola” diOvosonico che promette di instaurare un forte legame emozionale tra il giocatore e il curioso e bizzarro personaggio protagonista. Massimo Guarini, CEO della software house italiana e direttore creativo di Shadows of the Damned ai tempi di Grasshopper Manufacture, ha spiegato quanto fosse importante per lui riuscire ad esprimersi in questo senso, divergendo con decisione dalla filosofia competitiva e di sfida presente nella maggior parte dei videogiochi moderni e adottando un approccio allo sviluppo con una mentalità indie, di chi ha avuto il coraggio di investire in un progetto così importante nel Bel Paese, quasi come a dare un colpo di spugna al tipico disfattismo italico e a spronare i talenti nostrani a fare altrettanto. A rischiare e a inseguire senza timori reverenziali i propri sogni.

Trascinami viaGuarini ha spiegato che il concept di gioco non è nato pensando alla piattaforma che ospiterà il prodotto finale, ma che al contrario, l’idea è nata in modo dapprima autonomo e solo successivamente si è deciso di scegliere un dispositivo touch su cui poter portare alla luce il complesso di novità che sta alla base del gioco. Innanzitutto, Baby verrà mossa trascinando la sua minuscola manina col nostro polpastrello attraverso gli inquietanti e surreali scenari di gioco, mentre con l’altra mano libera terrà con sé il filo di un palloncino viola a forma di cuore che rappresenta la sua salute. Se Baby sarà spaventata, il suo palloncino volerà via e starà a noi doverglielo riportare indietro, mentre proseguendo lungo l’avventura, diversi nemici – come delle particolari spille da balia alate che ci è capitato di vedere – cercheranno di farlo scoppiare, macchiando di vivido viola il vostro schermo e costringendovi a ripetere la sessione. Baby, così come tutta la parte anteriore dello scenario, è stata realizzata in bianco e nero, con l’unica eccezione rappresentata da un fiocchetto viola a un lato della testa coronata da capelli radi, sulla cui parte superiore, in modo grottesco e fuori da ogni logica, capeggia un sorriso storto che è brutto e tenero al contempo, come se non potessimo fare a meno di non affezionarci a una bambina così sfortunata, persa in un mondo onirico minaccioso e infestato di pericoli, da cui deve uscire incolume grazie al nostro aiuto per poter finalmente riabbracciare la propria mamma. La ricerca della semplicità sta tanto in questo incipit quanto nel sistema di controllo, che invita il giocatore ad avere la gestione della situazione sulle proprie dita. Il background di Murasaki Baby, a differenza del foreground in bianco e nero, è fatto di colori saturi che entrano in contrasto e fanno spiccare con forza questo dualismo cromatico. Sullo sfondo si animano delle creature, sostano dei tentacoli e brillano degli scenari persi nel tempo, che potremo cambiare da un momento all’altro toccando il pad posteriore di PS Vita, come se scartassimo delle cartoline per metterne altre in secondo piano. Non si tratta però solo di un cambiamento visivo, ma è anzi parte integrante del sistema di gioco, attraverso il quale sarà possibile risolvere alcuni degli enigmi che troveremo nell’opera prima della software house con sede a Varese.

Cambio d’abitoSolo per farvi qualche esempio, considerate che Baby è suscettibile al cambio di scenario: può spaventarsi facendo volare via il palloncino, può mettersi a piangere, essere felice in una maniera semplicemente adorabile e cambiare stato d’animo in men che non si dica, favorendo (o complicando) il vostro compito durante la risoluzione dei puzzle. In una sezione veniva mostrata Baby in procinto di salire su una piccola barchetta a vela che non poteva spostarsi a causa dell’aridità del suolo su cui poggiava; cambiando il background e passando a uno scenario uggioso, la protagonista scoppiava in lacrime copiose, fino ad allagare lo spazio sottostante e far galleggiare l’imbarcazione. Cambiando nuovamente scenario Baby si rasserenava, esibendosi in una risata dal suono sinistro e distorto, da poltergeist; toccando il mulino a vento in lontananza, potevamo infine generare una corrente d’aria che gonfiava la vela, portandoci così verso la nuova area. L’interazione avviene naturalmente anche sulla parte anteriore degli scenari: basti pensare a un’altra scena in cui Baby si bloccava per paura del buio e si rifiutava di avanzare. Prima di arrivare a questa sequenza, con alcuni swipe si permetteva al personaggio di superare alcuni piccoli burroni e si cercava di recuperare in più fasi il palloncino a forma di cuore. Una volta giunti davanti a un ostacolo buio, non c’era modo di farla proseguire e si doveva abbandonare la sua mano. Bastava toccare la lanterna posta in alto e spostarla sull’appiglio successivo per rischiarare la zona e far tornare nuovamente a sorridere Baby.All’interno di questo mondo troveremo altri personaggi che vivranno la loro piccola e tragica esistenza, plasmando così il piccolo universo che entrerà a contatto col nostro in maniera del tutto peculiare. Aiuteremo – anche indirettamente – questi personaggi a uscire fuori dalla loro lugubre dimensione, avendo in cambio il loro aiuto nelle sezioni successive. Starà poi al giocatore comprendere la storia non narrata attraverso uno storytelling che pare sia legato a doppio filo proprio col gameplay, esattamente come ogni buon videogioco dovrebbe fare.

La bimba dal fiocco violaMurasaki Baby prende ispirazioni da diverse fonti, variegate e non tutti individuabili a una prima occhiata. Sebbene quella burtoniana sia la più evidente, il gioco ha comunque poco da spartire con le ultime creazione dell’artista di Burbank. Di Burton sono stati presi in considerazione in particolar modo i suoi disegni di fine anni ’80 e il cortometraggio Vincent, opera cruciale anche per Puppeteer, con cui Murasaki Baby condivide una piccola parte dello stile degli scenari. Se le atmosfere sono appunto di carattere macabro e grottesco, ossia del registro abituale con cui Guarini è abituato ad esprimersi già da quando lavorava fianco a fianco con Suda 51, la parte più surrealista nasce dall’influenza dell’espressionismo tedesco degli anni ’30 e dalle opere di alcuni pitturi russi, in cui non è difficile individuare l’impronta di artisti contemporanei come Vladimir Kush. Sebbene qualcuno potrebbe indicare delle similitudini con Limbo, la realtà dei fatti è che l’IP di Ovosonico se ne distanzia con decisione non tanto per la sua oscurità di fondo, ma più per uno stile particolare difficilmente riscontrabile in altri giochi. Si potrebbe anche fare un ragionamento sulle mode che stanno prendendo il sopravvento nelle avventure a scorrimento o più in generale nel panorama indipendente, che dal sottobosco ha tirato fuori dei titoli in grado di conoscere le luci della ribalta più grazie allo stile fresco e inedito che non a particolari meriti di gameplay. Ma non sembra essere questo il caso, perché Murasaki Baby pare avere quel quid in più che sugli schermi di PS Vita potrebbe veramente funzionare alla grande, rivelandosi ben più di un gioco semplice e dai valori artistici ricercati, ma è ancora presto per poterlo dire con certezza. Murasaki Baby arriverà solo il prossimo anno e i lavori stanno proseguendo senza sosta: se sarà un’autentica sorpresa, non potremo che esserne felici. Soprattutto perché potrebbe dare una scossa allo sviluppo videoludico italiano, che giunti nel 2013, a parte Milestone, è praticamente non pervenuto.

– Interessante interazione tra utente e personaggio

– Scenari dinamici e puzzle ambientali ben fatti

– Stile unico e ricercato, con reali ispirazioni artistiche

– Uso totale di PS Vita, senza apparenti forzature

L’opera prima della nostrana Ovosonico è partita col piede giusto. Con un’ottima presentazione alla GamesCom e con molti consensi finora raccolti, Murasaki Baby è già uno dei titoli più particolari e che destano curiosità per la console portatile Sony. Improntato su un approccio “materico”- come lo ha definito lo stesso Guarini -, dove bisogna entrare in contatto col personaggio attraverso il tocco e l’interazione su schermo, questa nuova IP può dimostrare come si può emozionare il giocatore con assoluta semplicità. E può al contempo dimostrare che anche in Italia, volendo, si possono sviluppare videogiochi interessanti. Se il buongiorno si vede dal mattino…