Le open beta multiplayer fanno sempre il bene del videogioco?

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a cura di Francesco Corica

Staff Writer

Il mercato videoludico si sta muovendo in maniera sempre più costante verso il multiplayer online come punto di riferimento dei propri titoli; tra le varie conseguenze di questo andamento possiamo certamente riscontrare la progressiva scomparsa delle demo per il singolo giocatore. Questo ha portato gli sviluppatori a ideare un nuovo sistema per attirare potenziali consumatori verso i propri titoli: versioni beta a tempo limitato, in cui poter testare con mano alcuni elementi scelti dagli sviluppatori.
Non è certamente un caso che le beta in multiplayer si vedano sempre più spesso: per il team che sta dietro al titolo esse rappresentano non solo un modo di avvicinare i giocatori, ma diventano dei veri e propri stress test per verificare l’efficacia dei server, con i picchi di utenti connessi più elevati di quanto sia possibile con una beta interna.  Ma la domanda oggi è: rappresentano sempre e comunque un bene per i titoli? Rimane, comunque vada, ulteriore pubblicità a prescindere o in alcuni casi si rischia di fare danno e rovinare la reputazione del gioco in questione? Trattandosi di versioni incomplete, è chiaro che il giocatore più informato saprà benissimo che potrà incappare in qualche bug più o meno serio, o in potenziali server bloccati, mentre i giocatori più inesperti le scaricheranno convinti di essere davanti a una vera e propria versione di prova del gioco completo (da chiamare invece demo) e, probabilmente, senza nemmeno sapere nulla di cosa stanno andando a testare; per loro ciò che conta di più è la prima impressione ed esordire con diversi problemi (solitamente dovuti alla stabilità dei server) di solito non lascia una buona impressione, che potrebbe spingerli anche a liberare spazio dal proprio hard disk e non pensarci più. Delle comunicazioni tempestive, in questo caso, possono aiutare a risolvere il problema: assicurando gli utenti che gli sviluppatori non si sono certo dimenticati di loro e che stanno facendo tutto il possibile per aiutarli e per regalare loro l’esperienza di gioco che stavano cercando. In fondo, si chiamano beta per un motivo: molti di loro capiranno e saranno pazienti.
In altri casi, una cattiva presentazione potrebbe trasformarsi in un cattivo presagio per il gioco completo, sopratutto se essa fosse rilasciata a ridosso della data ufficiale: potrebbe non esserci il tempo materiale per mettere a punto i server e sistemare tutti i bug. In questo senso, l’esempio più recente ci viene dato da Dragon Ball FighterZ: durante il day one della open beta per gli utenti era difficilissimo accedere ai server, che sono stati sistemati solo in seguito e hanno costretto gli sviluppatori a estendere la beta per ridurre i feedback negativi che gli erano arrivati. Ciononostante, alla release del gioco completo i server al day one erano completamente inaccessibili, con diversi problemi nel matchmaking che fino ad oggi continuano a persistere (parliamo in particolare degli scontri nel ring, non sempre funzionanti al meglio per tutti i giocatori, anche se la situazione è migliorata sempre di più). Un altro esempio, se vogliamo andare indietro di un anno, è sicuramente For Honor: fin dalla beta era evidente come i server non fossero stati ottimizzati al meglio, e dato che essa venne rilasciata a pochissimi giorni di distanza dalla release completa i problemi sono inevitabilmente riapparsi pure sul titolo completo, condizionandone il rendimento a causa della cattiva reputazione che si era fatta sul web. Va detto che in entrambi i casi gli sviluppatori hanno lavorato per mettere a punto i giochi sistemando il più possibile, ma il nodo centrale della questione è lo stesso: la fiducia dei giocatori è sempre difficilissima da conquistare e con presentazioni di questo genere il cammino verrà reso inevitabilmente più arduo; il rischio è che si faccia quindi più male che bene quando si offre la possibilità di far fare stress test agli utenti. Come ultimo esempio, decisamente più attuale e con problemi notevolmente più seri, possiamo citare la recentissima Open Beta di Naruto to Boruto Shinobi Striker: pochissimi giocatori sono riusciti nell’impresa di fare delle partite complete, mentre la maggior parte di coloro che avrebbero voluto provarla (incluso chi sta scrivendo questo articolo) ha riscontrato un matchmaking malfunzionante che non ha permesso loro di portare a termine nemmeno una partita, mentre altri utenti non sono neanche riusciti a entrare nella lobby di gioco. Anche l’assenza di comunicazioni (avvenute solo attraverso l’account twitter giapponese del titolo) non ha influito a rafforzare la reputazione del titolo, con tantissimi giocatori che hanno deciso di evitarlo: dato che in due giorni non sono riusciti a risolvere alcun problema, come possono aspettarsi che il titolo funzioni perfettamente una volta ultimato? Per dare realmente a tutti la possibilità di provare il titolo (e anche per risollevare la reputazione del gioco), è stato annunciato che questa stessa open beta sarà riproposta, il che ci porta a un’amara conclusione: forse sarebbe stato meglio fare ulteriori prove in casa, invece di complicarsi ulteriormente la vita con stress test poco riusciti. Una conclusione su cui diverse software house dovrebbero, probabilmente, riflettere sopra.

Trattare le open beta come dei semplici “stress test”, se non gestiti bene, alla lunga fanno solo il male del titolo, lasciando l’amaro in bocca ai giocatori e macchiando inevitabilmente la reputazione del prodotto stesso. In alcuni casi sarebbe meglio realizzare accuratamente, più di una volta, gli stress test in casa propria o annunciare fin da subito agli utenti interessati che si tratta principalmente di uno stress test più che di una beta vera e propria. In ogni caso, di norma si dovrebbe rilasciare una beta multiplayer solo una volta sicuri di aver fatto tutto il possibile per stabilizzare al meglio i server, avendo maggiori possibilità di risolvere in corsa e velocemente ulteriori problemi che dovessero venire riscontrati; in caso contrario, il rischio di fare il male del gioco, piuttosto che il suo bene, è decisamente elevato.