Recensione

Kingdoms of Amalur: Reckoning

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a cura di Pregianza

Non è difficile capire che EA con Kingdoms of Amalur: Reckoning si sia voluta imbarcare in un progetto mostruosamente ambizioso. Partiamo dal titolo: i creatori del gioco avrebbero potuto chiamarlo solo Amalur, Reckoning, o comunque dargli un nome più facile da memorizzare e pubblicizzare, invece hanno optato per una scelta altisonante, che sembra proprio voler fare il verso alla ben più nota serie “The Elder Scrolls“. Quando poi si considera che la casa di sviluppo primaria si chiama Big Huge Games tutto diventa ancor più cristallino, se avessero voluto creare giochetti avrebbero optato per un appellativo ben diverso, magari Formichina Productions, o qualcosa di simile. L’unico modo per riuscire nell’ingrato compito di creare un titolo davvero epico era assoldare una squadra di super-luminari al comando dell’operazione, la scelta è dunque caduta su alcune delle menti più geniali a disposizione. A capo del progetto è andato Ken Rolston, Lead Designer di Oblivion e Morrowind, gli artwork sono stati affidati a Todd Mcfarlane, creatore di Spawn e disegnatore famosissimo, la creazione della mitologia e del mondo è stata commissionata a R.A. Salvatore, amato autore fantasy a cui si deve la nascita di Drizzt Do’Urden, e infine alle musiche ha pensato Grant Kirkhope, da molti anni compositore per Rare. Un dream team del genere dovrebbe essere più che sufficiente a far svitare le teste di tutti gli amanti dei videogames, ma è già capitato che nomi illustri si unissero allo scopo di creare un progetto, per poi fallire su tutta la linea. Amalur sarà un GDR all’altezza delle aspettative, o solo una gigantesca delusione? Dopo aver esplorato in lungo e in largo il titanico mondo del gioco, siamo pronti a dirvelo.

Pensi che il dopo sbornia sia tremendo? Prova a risvegliarti in una pila di cadaveriQuando si affida la creazione di un intero mondo a un autore di libri fantasy, si può star certi che si otterrà qualcosa di molto curato. Con Amalur Salvatore non ha deluso, e si è inventato una complessa linea temporale, nella quale ha inserito e sviluppato innumerevoli razze e regni che sono andati poi a formare le basi dell’universo di gioco. L’avventura permette di vivere solo una piccola parte della timeline congegnata dallo scrittore, ma di certo una delle più significative.In un’era di grande sviluppo della magia, i Tuatha Deohn, una sottofazione della potente razza di immortali chiamati Fae, stanno portando morte e distruzione in tutte le lande di Amalur, guidati dal terribile e potente re Gadflow. La natura arcana dei nemici rende la loro avanzata inarrestabile, e la fine degli altri regni sembra inevitabile. Tutto però cambia quando il brillante gnomo Fomorous Hugues porta a termine il pozzo delle anime, una imponente struttura carica di magia in grado di riportare in vita i defunti. Voi siete proprio questo, un morto tornato alla vita, senza ricordi del suo passato, e dotato di una caratteristica unica: un’esistenza non contemplata nella tela del destino. Essendo del tutto slegato dai fili del fato, il vostro alter ego è a tutti gli effetti l’unico individuo che può cambiare le sorti del pianeta. Chiariamoci subito, che il background del gioco sia dettagliato e ben costruito è un dato di fatto, ma mentiremmo se negassimo che la premessa è piuttosto banale. Alla fin fine ci si ritrova a essere il solito eroe insostituibile alle cui azioni è legato il destino di milioni di persone, una trama vista, rivista e stravista che serve solo a farvi scegliere una razza e un aspetto per il protagonista (quattro quelle disponibili, due simil-elfiche e due umane). Perlomeno le vicende dell’avventura principale sono piuttosto epiche, e la storia si mantiene abbastanza interessante da spingere a mollare ogni tanto le quest facoltative, e a dedicarsi a quelle principali. In un titolo di questa tipologia è una prova più che tangibile del buon lavoro fatto dagli sceneggiatori.

Il fato è un’arma, e fa pure malissimoConsiderando che a capo del progetto c’è Ken Rolston, fare paragoni tra Kingdoms of Amalur: Reckoning e Skyrim sembrerà banale, ma in questo specifico caso è quanto mai azzeccato. Rolston ha riportato la struttura fondamentale degli ultimi Elder Scrolls nella sua creatura, con poche variazioni. Il mondo di gioco è enorme e quasi completamente esplorabile fin da subito, vi sono un quantitativo spaventoso di quest slegate dalla trama principale da affrontare, ed è possibile perdere ore e ore craftando oggetti o esplorando. Insomma, tutto quello che si può desiderare da un GDR occidentale open world. Vi sono tuttavia elementi in cui l’opera di Big Huge Games differisce alla grande dal capolavoro di Bethesda.In primo luogo la visuale non è in prima persona ma in terza, ed è correlata a un sistema di combattimento completamente rimaneggiato rispetto a quello viscerale e semplice del rivale. Qui, quando si mena, si mena con stile, ed è possibile eseguire manovre spettacolari, dispensare combinazioni di colpi alla Devil May Cry, schivare gli attacchi con agilità felina, legare magie e mazzate titaniche fluidamente, e finire i nemici con spettacolari colpi di grazia. Il tempismo è tutto negli scontri, e vi sarà permesso anche di contrastare gli attacchi in arrivo parando al momento giusto con lo scudo, o di eseguire mosse speciali ritardando i fendenti o caricandoli.Un tale gameplay è abbastanza unico per il genere, ed è accompagnato da uno sviluppo del personaggio incredibilmente profondo, che basterebbe da solo a conquistare molti fan. A forza di uccidere avversari e completare missioni guadagnerete punti esperienza, che vi permetteranno di salire di livello e sviluppare svariate abilità. I tre rami sono quelli classici: Forza, Destrezza e Magia, e ognuno di essi garantisce poteri specifici. La libertà di scelta è assoluta, potrete creare un assassino velocissimo, un guerriero quasi indistruttibile o un geniale mago dominatore degli elementi. Il bello è che potrete anche mescolare queste capacità senza fatica, grazie ad un acuto sistema di “carte del fato”, che vi doneranno bonus legati al numero di punti spesi in ogni ramo, anche quando la spesa è mista. Per farvi un esempio, potreste decidere di mescolare le arti arcane a quelle dell’assassinio fino a sbloccare la carta dello stregone. Farlo vi darà un bonus al danno critico e a quello magico, e sostituirà la schivata con un teletrasporto velenoso a corto raggio. Le chicche di questo tipo sono tante e ad esse si aggiungono ulteriori bonus a danni e esperienza chiamati “Mutafato” (ottenibili durante le quest principali) e vantaggi permanenti derivanti dalla scoperta di altari sparsi per ogni regione. Con così tante possibilità, lo sviluppo in Amalur è uno dei più soddisfacenti di sempre. Fin dai primi livelli la crescita del proprio eroe è costante e immediatamente percettibile, complici i tre punti abilità guadagnati ad ogni passaggio di livello, che garantiscono quasi sempre di acquistare e sperimentare nuovi gustosi trucchetti. Ovviamente non mancano talenti legati alle fasi “pacifiche”, come la diplomazia, che permette di districarsi a parole da molte situazioni, la capacità di muoversi silenziosamente, utile per assassinare nemici pericolosi o rubare oggetti indisturbati, e le sempre apprezzatissime conoscenze legate al crafting. Le ultime in particolare sono molto profonde, e svilupparle a dovere permette di creare efficaci pozioni, utilissime gemme potenzianti, o armi pericolosissime. Non che ce ne sia bisogno ad ogni modo, visto che nel mondo di Amalur di equipaggiamento se ne trova a bizzeffe. Ci sono centinaia di spade, spadoni, coltelli, scettri, archi, vesti e armature nel gioco, persino alcune armi raramente viste nei gdr come i Chakram (coreografica arma a lunga distanza utilizzabile al meglio dai maghi), e le lame Fae (lame doppie simili a quelle usate da Illidan, per intenderci). Ogni strumento ha marcati punti di forza e punti deboli, sta solo a voi decidere nell’uso di quale perfezionarvi. Altra caratteristica in cui Reckoning si distacca da Skyrim è la libertà di esplorazione, ma stavolta lo fa in negativo. Se nell’opera magna di Bethesda vagare per aree sconfinate era del tutto libero e naturale, nel pargolo di Big Huge Games vi sono molte barriere invisibili che vanno aggirate, e non è possibile raggiungere ogni zona con facilità. Tutto è più contenuto e statico, cosa che diminuisce l’impatto dell’esplorazione. Ciò non significa che non sia un piacere vagare per le enormi mappe di gioco, il titolo rimane liberissimo e gigantesco dopotutto, ma vedersi costretti a girare attorno a piccole sporgenze senza poterle saltare stona un po’ con l’anima free roaming del prodotto. Altro neo del gameplay è la difficoltà del gioco, piuttosto bassina. I mostri sono molti e molto aggressivi, ma l’intelligenza artificiale segue pattern piuttosto basilari, e di solito basta rifornirsi a dovere di pozioni per non soccombere anche contro i nemici più potenti. A facilitare ulteriormente il tutto ci si mette anche la Modalità Fato, uno speciale potere caricabile a forza di combattimenti che rallenta il tempo, aumenta nettamente i danni inflitti, e moltiplica l’esperienza guadagnata. Tenerlo da parte per la fine di ogni fase garantisce di superare quasi qualunque boss o sottoboss vi si pari davanti. Se volete una sfida vera partite subito in difficile e non guardatevi più indietro (tanto è possibile cambiare difficoltà in qualunque momento durante la partita).

Evvai! Posso fare l’arcimagoladroguerrieropasticciereastronauta pure qui!Un tale ben di dio sarebbe inutile se non ci fossero missioni divertenti e varie a supportarla. I ragazzi di 38 Studios e Big Huge Games se ne sono resi conto, e hanno quindi deciso di inserire nel gioco molteplici incarichi, contornati da qualche extra interessante. Nonostante la stragrande maggioranza delle quest segua la ormai assodata struttura del “vai a uccidere tot nemici, raccogli tot oggetti, visita tot posti”, non è raro affrontare un qualche tipo di boss secondario mentre si gironzola, mossa furba per aggiungere un po’ di brio ai tantissimi combattimenti. Non finisce ovviamente qui, dovrete infatti darvi anche al furto, completare fasi stealth nelle quali è importante muoversi come un gatto e uccidere silenziosamente i nemici, intraprendere spedizioni diplomatiche dove la lingua ferisce più della spada, risolvere enigmi legati a pietre e altari, superare zone piene di trappole, affrontare scontri in compagnia di un NPC o proteggerlo da ondate di nemici, superare sottogiochi per scassinare lucchetti o disincantare scrigni magici, e chi più ne ha più ne metta. Potrete persino dedicarvi a roba molto più frivola, come ad esempio il comprare e ristrutturare varie case, la ricerca di oggetti nascosti, o il giocare a dadi in una taverna (anche se questi compiti “alternativi” sono spesso legati a semplici conversazioni). La stragrande maggioranza delle quest migliori deriva dalle fazioni, che, tornando ai paragoni con gli Elder Scrolls, altro non sono che i consueti gruppi di maghi, guerrieri e ladri a cui ci si può unire durante l’avventura. Ce ne sono cinque principali: gli Itineranti, abili ladri e maestri nell’arte dell’inganno, i Figli della Guerra, classica gilda di rudi guerrieri, la Scholia Arcana, per chi bazzica con la magia, e le due Case Fae, legate più alla storia che a una specifica professione. Potrete far parte di ognuna, non ci sono limitazioni morali o ostacoli particolari nel gioco che ve lo impediranno.

Perché ogni tanto i miei nemici si trasformano in ninja?L’ultimo aspetto che trattiamo è quello tecnico e, purtroppo, è la nota più dolente di Kingdoms of Amalur: Reckoning. Il motore di gioco fa discretamente il suo lavoro, si muove bene e presenta qualche scorcio mozzafiato qua e là. Inoltre lo stile cartoonesco e la qualità notevole del design creato da McFarlane per armi e personaggi sopperiscono in parte alle mancanze della grafica. Non si possono però non notare il netto pop in di alcune masse poligonali, la qualità bassina di texture e modelli, e alcuni evidenti bug grafici qua e là. Di questi ultimi il più ridicolo è di certo quello dei “nemici invisibili”, che porta il gioco a caricare in ritardo alcuni modelli, dei quali comparirà solo la barra dei punti vita. Non accade spessissimo, e l’auto targeting evita grossi problemi, ma è comunque macroscopico. Altro problema è legato alla telecamera che, pur allontanandosi in modo da migliorare la visuale in molti combattimenti, tende spesso a restare troppo vicina. Anche in questo caso un po’ di controllo manuale e la mira automatica risolvono il problema, ma una gestione migliore della cosa non ci sarebbe dispiaciuta. Non male il sonoro, con ottimi doppiaggi e musiche rade ma ben fatte (ricordano moltissimo la colonna sonora di Guerre Stellari). C’è qualche ritardo nelle conversazioni, ma è comunque stupefacente che siano tutte doppiate considerando il numero smodato delle stesse.Quelle elencate sono quasi tutte inezie, ma un difetto grave c’è, i caricamenti. Sono lunghi, continui e fastidiosissimi, specialmente nella versione Xbox360 del gioco (in quella Ps3 sono leggermente più corti). Ogni volta che entrerete o uscirete da un edificio partirà un lungo loading screen che spezzerà brutalmente il ritmo dell’avventura, e risulterà specialmente irritante in quelle missioni che costringono a visitare varie strutture una dietro l’altra. Dopo qualche ora di gioco ci si fa un po’ l’abitudine, ma non capiamo davvero come possano esserci lunghe attese anche quando si entra in casette davvero minute. Nulla da eccepire invece sulla longevità del gioco, siamo davanti ad un GDR che può facilmente tenere occupati per dei mesi. Si parla di 25 ore circa solo per completare la campagna principale, contornata da un numero galattico di missioni facoltative capaci di garantire oltre cento ore di gioco (se non addirittura 200). Il mondo di Amalur è sconfinato e non vi deluderà.

– Un fantastilione di quest da completare in un mondo gigantesco e vibrante

– Combattimento intuitivo, veloce e spettacolare

– Sviluppo del personaggio profondo e davvero soddisfacente

– Missioni piuttosto varie e divertenti

– Caricamenti continui, spesso piuttosto lunghi, che infastidiscono

– Tecnicamente non è nulla di superlativo

– Numerosi bug minori, principalmente legati al comparto grafico

– Livello di sfida basso

8.5

Kingdoms of Amalur: Reckoning non è un gioco perfetto. L’esplorazione e l’atmosfera non sono al livello di quelle viste in Skyrim, tecnicamente lascia un po’ a desiderare, e lunghi caricamenti rovinano in parte l’esperienza. Eppure, nonostante queste mancanze, non possiamo non premiarlo. Il titolo creato da 38 Studios e Big Huge Games è gigantesco, ricco d’azione, profondo, e vanta un sistema di crescita del proprio alter ego tra i più appaganti di sempre. Prendetevi un amaro da sorseggiare durante i loading screen, e godetevi uno dei migliori GDR di sempre.

Voto Recensione di Kingdoms of Amalur: Reckoning - Recensione


8.5