Il successo di Facebook

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a cura di Francesco Ursino

La domanda da mille milioni di dollari è: ma se Facebook è gratis, come fa a fare tanti soldi? La prima risposta, la più ovvia ma non completamente corretta, potrebbe essere: con la pubblicità. Recenti ricerche ed articoli però spiegano meglio come il social network più utilizzato al mondo basi la sua fortuna su meccanismi più complessi ed articolati. Perché Facebook non guadagna con la pubblicità dei brand più famosi: al contrario, è proprio il social network che (in teoria) fa guadagnare questi ultimi

Il meraviglioso ed ambiguo mondo dei widgetVolendo schematizzare il tutto, il successo economico di Facebook è dovuto, tra gli altri, a tre fattori: i widget, le applicazioni di terzi ed il passaparola (il cosiddetto word-of-mouth). I primi elementi elencati sono costituiti da tutti i vari pulsanti “Tweet This”, “Mi piace” e “Buzz it”, individuabili ormai nella maggior parte di pagine web, ed assumono un’importanza capitale nell’economia dei social network; secondo diverse fonti, prime tra tutte il Wall Street Journal, i widget contribuiscono a tenere traccia delle pagine web visitate dagli utenti, basando il tutto su un sistema di cookie, ovvero dei particolari file che comunicano tra sito e pc della singola persona. Se si pensa poi che gli elementi in questione agiscono anche nel momento in cui non vegono utilizzati (in sostanza, anche quando non vengono cliccati, visto che basta visitare la pagina per far partire la comunicazione tra cookie e social network), tutto ciò può farne intendere l’importanza. E’evidente infatti come possa risultare strategico per una determinata impresa sapere che un certo profilo (età, zona geografica, livello di istruzione) giudichi positivamente o meno il proprio prodotto/servizio su Facebook, anche perché è probabile che quello stesso utente abbia commentato il post di un’altra persona, collegata a sua volta ad altri soggetti tramite il ben conosciuto ed utilizzato meccanismo delle amicizie. Questo processo ben si collega al mondo dei videogiochi: solo per fare un esempio, una determinata software house potrebbe far circolare un teaser trailer di un ipotetico gioco, osservando i commenti sui vari Youtube, Facebook e Twitter, grazie anche a particolari strumenti che identificano e quantificano la natura dei commenti ed i post per ora relativi ad un determinato argomento. Una volta raccolti determinati dati, la direzione marketing potrà agire di conseguenza, indirizzando al meglio la strategia di vendita.

Quando il giochino si fa duroIl secondo elemento da considerare è costituito dagli applicativi di terzi: in questo campo vanno inclusi gli introiti derivati dall’utilizzo di videogiochi come i famosi FarmVille e Mafia Wars, sviluppati da Zynga. Questo tipo di elementi riesce a far fruttare cifre impressionanti, soprattutto grazie al sistema dei crediti, che permette di acquistare determinati contenuti per i giochi in questione. Nel concreto, infatti, la transazione economica avviene tra Facebook e l’utente, anche se gli introiti vanno allo sviluppatore del gioco, il quale però deve dividere la fetta in determinate percentuali con lo stesso social network. Per ogni transazione, dunque, Facebook “ci mette la faccia”, interagendo con l’utente e veicolando gli utili. Lo stesso meccanismo, seppur con qualche variazione, è riscontrabile anche nei Facebook Gift; questi elementi, infatti, sono basati su un sistema che permette a chiunque di inviare regali virtuali. Da non dimenticare il fatto che gli stessi gift possono essere utilizzati per raccolte di beneficenza e manifestazioni di solidarietà

Ma allora, questa roba funziona o no? I soldi ci sono?Un elemento chiave, quando si parla di pubblicità su internet, è dato dalla pluridirezionalità della comunicazione: l’era della pubblicità via banner, monodirezionale e passiva, non è certo finita, ma comunque la sensazione è che i nuovi veicoli di comunicazione d’impresa coinvolgano in modo più assiduo l’utente finale. Facebook ne è proprio l’esempio: periodicamente circolano voci su una fantomatica conversione del sistema delle iscrizioni, che dovrebbero diventare a pagamento. Quale sarebbe la conseguenza di tutto ciò? Gli utilizzatori, probabilmente, migrerebbero verso un altro social newtork free, e Facebook (o chi per lui) si ritroverebbe con un pugno di mosche. Perché quello che fa Facebook, così come le televisioni commerciali o le stazioni radio, è mettere a disposizione di brand ed imprese una distesa sterminata di possibili consumatori, e tutto ciò si esplica nei metodi e nelle occasioni di generare entrate che abbiamo descritto prima. Probabilmente, Facebook guadagnerebbe facendo pagare i propri utenti solo ed esclusivamente nel momento in cui non fosse più appoggiato dalla pubblicità (cosa che, al momento, è poco credibile). Le ricerche dimostrano, infine, che scarse percentuali di persone sono convinte ad acquistare un prodotto pubblicizzato in maniera “diretta” (per esempio con banner del tipo: “compra questo prodotto, è il migliore, fidati”): la comunicazione deve essere più discreta, e “scendere” al livello del consumatore, stimolandone il feedback in tutti i modi, avviando cioè uno scambio reciproco di informazioni. Anche perché, una volta ottenuta la fiducia del probabile acquirente, diversi articoli dimostrano come questo possa essere incline (in misura del 50%) a suggerire ad altri il prodotto/servizio oggetto della comunicazione.

Che Facebook non fosse stato creato per beneficenza, difatti, ne erano convinti in molti. Conoscere le cifre esponenziali dei suoi guadagni ha fatto però riflettere, soprattutto se si guarda al fatto che i social network sanno sfruttare in modo assiduo le nuove tecniche di pubblicità non convenzionali. In questo contesto anche i videogiochi, come visto, fanno la loro parte, riuscendo a garantire introiti cospicui. Una volta conosciuti, vero è che questi metodi pubblicitari sembrano essere poco efficaci: la reazione tipo è: “io non comprerò mai un prodotto solo perché è pubblicizzato su Facebook”. Il tipo di pubblicità di cui si sta parlando, però, è diverso da quella conosciuta, ed è veicolata proprio dagli stessi utenti, che scambiano le loro opinioni con amici e conoscenti. Questo basta per guadagnare cosi tanto? Le ricerche, e circa un miliardo ed ottocento milioni di introiti nel solo 2010 (dati riferiti a Facebook), suggerirebbero di sì.