Recensione

Deep Labyrinth

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a cura di Alex64

Di questo gioco all’inizio mi attirava solo il nome, ed il fatto che fosse edito da quella stessa Atlus che su Nintendo DS ci aveva già regalato un piccolo capolavoro di genialità quale “Trauma Center: Under The Knife”. Altro non sapevo, non avevo mai sentito nominare Deep Labyrinth né in community né in altra sede… così, un pò per curiosità e un pò per scommessa, lo feci mio. Oggi, dopo averlo giocato a fondo, posso orgogliosamente dire che quel dì avrei fatto meglio a tenermi in tasca il vil denaro, vista e considerata l’esperienza ludica offerta prossima o uguale a zero.

L’inizio della sofferenzaDunque, Deep Labyrinth è fondamentalmente un role playing game misto ad elementi action con visuale in prima persona che richiama alla mente per certi versi Oblivion della Bethesda, con tutte le limitazioni del caso, ovvio. Il pretesto per dare inizio all’avventura è minimo: un’allegra famigliola, intenta a viaggiare in auto con tanto di cagnetto al seguito, ha la sventura di forare una gomma proprio dinanzi ad un’oscura mansion stile resident evil. Udito lo scoppio, i genitori scendono dall’auto per constatare i danni e decidere il da farsi (a quanto pare, per cambiare una semplicissima gomma c’è bisogno di un comizio), ma Ace – questo il nome del cane – irritato dalle probabili oscure presenze insite in quel luogo, parte per la tangente sua e scappa in direzione del giardino della villa abbaiando come un forsennato. Madre e padre vanno appresso al cane per tentarne il recupero e noi, nei panni di un ragazzino di appena 14 anni, rimaniamo giustamente a far da “palo” alla macchina… soli e spauriti in mezzo a una stradina semi deserta circondati da minacciosi alberi ad alto fusto. Di lì a poco però, ci stuferemo di aspettare invano il parentame, e andremo di persona a bussare al portone di quella sinistra abitazione… ta-da! Una volta apertosi, verremo all’improvviso risucchiati da un vortice dimensionale e trasportati in un mondo parallelo dove grossi sorci vestiti da califfo ed elefanti alati di un bel rosa uovo-di-pasqua ci faranno da “Virgilio” lungo tutto il nostro dantesco cammino. In poche parole, si tratta del regno dove albergano gli umani ricordi, abitato da creature magiche che preservano ciò che ognuno di noi vuole ricordare e cancellano quello che invece decidiamo di dimenticare. Ma qualcosa non va come dovrebbe, c’è del marcio in Danimarca – direbbe Marcello – ed infatti, qualcuno, sovvertendo gli schemi, vuole cancellare tutti i bei ricordi delle persone e tenere quelli brutti, cominciando proprio – e questa è sfiga – dai nostri genitori. Il resto della storia si scrive da sé: dovremo ritrovare padre e madre prima che i loro ricordi (anche quelli legati alla nostra infanzia) vengano cancellati, altrimenti non avremo più dei genitori da salvare (eh…).

Trovare gli upgrades, imparare spells e salire di livelloLa meccanica di gioco è quella pluricollaudata di qualsiasi altro RPG, ovvero punti esperienza a salire di livello, armature via via sempre più prestanti, armi sempre più efficaci e formule magiche da imparare e ricordare. Peccato che il tutto avvenga forzatamente ed in modo eccessivamente meccanico: una volta appresa una nuova spell, troveremo subito (e neanche troppo lontano) l’esatto punto in cui è necessario utilizzarla (nove casi su dieci è un portale da aprire) e poi non ci sarà più bisogno di evocarla; raramente vi sarà eccezione a questa regola. Idem per le armi e le armature: appena sentiremo il bisogno di tirare un fendente più efficace, ci basterà trovare lo scrigno giusto – ovviamente incustodito e senza serratura – e prendere di volta in volta la nuova arma disponibile: iron sword, steel sword, silver sword, magic sword, etc., senza mai versare un solo goccio di sudore. Neanche posso dire che detti scrigni siano comunque ben celati e/o difficili da trovare, anzi, semmai il contrario. La storia si ripete ovviamente anche per le armature, ma presumo abbiate capito il concetto: trova scrigno – apri scrigno – prendi armatura – indossa armatura nelle varianti iron armor, steel armor, silver armor. Se il gameplay è monotono e ripetitivo, con upgrades quasi automatici dispensati dalla misericordia divina, e magic spells che una volta imparate non servono più, aspettate di vedere gli scenari! Sono d’accordissimo che in fin dei conti si tratta di un labirinto e che quindi una somiglianza di fondo tra le varie locazioni appartenenti allo stesso livello (“Dark Woods”, “Celestial Palace” e via discorrendo) ci debba essere, ma qui veramente si esagera: gli scenari si riducono ad una perpetua ripetizione della medesima area decine e decine di volte, con stesse textures, stessa dislocazione spaziale dei nemici, stessi colori, stesse stanze, stesso assurdo vuoto… e come se questo non bastasse, la facilità con cui progrediremo è disarmante. I nemici sono incapaci di rispondere colpo su colpo, e una rapida successione di fendenti o di incantesimi sarà sufficiente a “paralizzarli” nel vero senso della parola, e non avranno né il tempo di reagire né tantomeno la possibilità di difendersi. Non dategli tregua, colpiteli in continuazione, e qualsiasi velleità combattiva da parte loro si risolverà in un tristo “passetto indietro”. A ciò si aggiunge che la frequenza con cui incontreremo il caro ornitorinco rosa, la creatura magica addetta ai save states, sarà tale che ogni 3 minuti avremo virtualmente la possibilità di salvare la partita e venir completamente ricaricati della nostra energia vitale e magica. Inutili dunque i vari remedium (nelle varianti auxano, iasis e plethuno); o ancora i mygacine, i vivos e quant’altro si possa trovare sparso in lungo e in largo e sempre dentro ‘sti benedetti scrigni. A pensarci bene, nelle prime tre ore di gioco non ho mai avuto occasione di usare i recovery di cui sopra, ed alla fine ne ho collezionati una cosa come 40, campando di rendita sino al the end che comunque non si farà aspettare per più di sei ore complessive. Mai visto un gioco tanto noioso in vita mia, scontanto e prevedibile; al solito per recensire mi perdo in considerazioni e spreco una marea di caratteri, ma stavolta ho finito veramente gli argomenti.

Use the Stylus to draw… yawn Al touch screen sono demandate le funzioni di attacco e difesa mentre con l’analogico muoveremo il personaggio. Mediante stylus non solo disegneremo le spells per lanciare incantesimi e magie, ma potremo anche andare di affondo e parata con la spada in veri e propri combattimenti corpo a corpo. Peccato che sia bello solo a parole. Ho archiviato più di venti spells, tutte con effetti diversi (alcune di tipo curativo, altre difensivo, altre ancora di attacco, etc.) ma a conti fatti, ed escludendo le spells che servono unicamente ad aprire i portali, temo di averne utilizzate solo tre, ovvero le più semplici da ricordare: phos, kludon e astrapel. Tutte le altre servono solo a fare numero e a riempire l’inventario, anche perchè sono parecchio diverse tra loro, alcune anche di complesso intreccio, e a meno di non avere una memoria fotografica mostruosa, per utilizzarle in gran numero dovrete perdere continuamente tempo per andarle a rivedere nel menù, spezzettando il gioco. La situazione non migliora purtroppo neanche per quanto riguarda i combattimenti all’arma bianca: è vero che possiamo replicare il comportamento di una spada muovendo lo stylus lungo gli otto assi trasversali e con varie combinazioni, ma è anche vero che otterremo lo stesso medesimo effetto semplicemente picchiettando sul touch screen. Dunque inutile darsi pena. Simpatica l’idea di implementare una sorta di bisaccia che fungerà da “scelta rapida”: in questa bisaccia riporremo fino ad un massimo di cinque oggetti da utilizzare durante gli scontri con i boss in cui ci sarà impossibile accedere all’inventario vero e proprio. L’ultima cosa gestibile tramite stylus è lo scudo, ma come già anticipato, data la facilità del titolo, non vi ricorreremo mai e quindi è inutile parlarne. Marginale – ma comunque presente – l’utilizzo del microfono, in cui dovremo soffiare per levare la patina del tempo da alcune rune impolverate e dunque indecifrabili (altre rune saranno coperte di muschio, ci basterà grattarlo via con il pennino)… spero vivamente che il microfono venga prima o poi utilizzato in altro modo, perché il pretesto della polvere ha davvero stufato. Il sistema di combattimento è basato sul locking automatico del nemico, che però funziona a singhiozzo, mentre lo schermo superiore della Console è occupato dal radar e dalla mappa che via via andrà rivelandosi con l’esplorazione dell’area di gioco.

Respiro la nebbia e penso a te…La cosa abbastanza indegna è che gli ambienti, oltre ad essere piccoli, spogli e ripetitivi, sono anche stra-pieni di fogging, e paradossalmente più nelle sezioni al chiuso che in quelle all’aperto. Parlando poi di mapping, penso che in tutto il gioco ci siano sì e no quattro/cinque textures, ripetute talmente tanto da rendere qualsiasi superficie nauseante oltre che ipnotica. I mostri e le creature magiche, sia amiche che nemiche, lasciano il tempo che trovano; disegnati svogliatamente e realizzati anche peggio, non tanto da un punto di vista tecnico, quanto artistico, seppur numerosi e variegati, non mi hanno mai lasciato nulla. Lo stesso dicasi per i boss (lucertoloni in perizoma, lupi a tre teste, giganti di pietra e chi più ne ha più ne metta) che di tanto in tanto faranno la loro trionfale quanto breve apparizione. Indifferente anche la dama senza volto finale, che se la tira manco fosse l’incarnazione del demonio e poi esplode in una bolla di sapone. Non c’è molto altro da dire circa il comparto tecnico di Deep Labyrinth, perchè ogni scenario è un interminabile susseguirsi di “quadrati” e “rettangoli” – stanze e corridoi – a fotocopia, anche gli effetti grafici di contorno (legati per lo più alle magie) sono anonimi e privi di spessore. La colonna sonora è composta in tutto da tre tracce audio (e sottolineo tre): una per le schermate di conversazione, una per le fasi “drammatiche”, l’ultima per tutto il resto del gioco. Effetti sonori nella media.

– Eh… non pervenuti

– Sistema di controllo legnoso

– Comparto tecnico mediocre

– Scenari ripetitivi

– Gameplay monotono

– Tremendamente facile

4.7

Il primo gioco in assoluto su Nintendo DS a lasciarmi con l’amaro in bocca, prima o poi doveva succedere ed è accaduto. Nessun aspetto raggiunge la sufficienza, il trionfo del fallimento, assolutamente da evitare, e se proprio è l’avventura quella che cercate, esiste un gioiello chiamato “Lost In Blue” che farà di sicuro al caso vostro… ma questo per carità, se mi volete bene (ma tanto non me ne volete), lasciatelo tranquillo e giocondo a prender polvere sullo scaffale!

Voto Recensione di Deep Labyrinth - Recensione


4.7