Anteprima

Dark Souls, abbiamo provato la remastered su PlayStation 4 Pro

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a cura di Gottlieb

Più di cinque milioni di copie e un successo su larga scala che ha coniato anche l’abusatissimo termine soulslike. Dark Souls è stato, e continua a essere, un fenomeno unico del mondo videoludico: un prodotto che ha conquistato gli hardcore gamer e che ha creato un nuovo benchmark per la difficoltà in un videogioco. Al di là del successo ottenuto dal primo capitolo, che venne pubblicato per la prima volta nel 2011 su PlayStation 3 e Xbox 360, è la serie che ha avuto una crescita esponenziale di grande pregio. Da Demon’s Souls, di cui Dark Souls è il sequel spirituale, fino a Dark Souls III, passando per Bloodborne, la crescita del brand di Bandai Namco sviluppato da FromSoftware si è diffuso a macchia d’olio, con il terzo capitolo che ha raggiunto la platea più ampia possibile, o comunque molto più vasta delle precedenti opere. Ritrovarsi, quindi, sette anni dopo con una remastered del primo capitolo della saga è un’operazione fondamentale se rapportata a quei videogiocatori che, venuti a contatto con il brand con il secondo capitolo – forse quello meno riuscito dei tre, a fronte anche dell’assenza di un level design ispirato – , hanno perso le origini della saga. 

Memento moriPer testare la bontà dell’operazione compiuta da FromSoftware abbiamo raggiunto gli studi milanesi di Bandai Namco Entertainment per un’intensa ora di gioco sull’inizio di Dark Souls. Come in tutte le remastered il senso nostalgico dev’essere la benzina che alimenta le nostre dita sul controller: rivedere alcune scene, rievocare quei momenti in cui per la prima volta andavamo a compiere determinate azioni, va a influire pesantemente sulle nostre sinapsi. Senza voler esagerare con le terminologie auliche, la stessa parola nostalgia contiene, all’interno del proprio etimo, il concetto di ritorno al proprio paese (il nostos di Odisseo) e a distanza di sette anni è inevitabile essere spinti al ricordo di dove eravamo quando per la prima volta affrontammo il Demone Toro sul ponte che ci portava fuori dal Borgo dei Non-Morti o di quando scoprimmo come piombare in testa al Demone del Rifugio per infliggergli un danno tale da alleggerirci la sfida con quello che era, a tutti gli effetti, il primo grande combattimento nel mondo di Dark Souls. La remastered che ci siamo ritrovati tra le mani compie tutte queste operazioni nostalgiche in maniera estremamente rispettoso non solo del titolo, ma anche dei fan: l’universo che ci condurrà dritti nella bocca di Anor Londo è riprodotto in maniera precisa e uguale a com’era quello di sette anni fa. D’altronde il primo capitolo della saga che ha dato i natali ai soulslike è sempre lo stesso, è il medesimo di sette anni fa e nulla è cambiato, se non nella resa grafica e nella pulizia tecnica. La versione da noi provata era quella su PlayStation 4 Pro, il che ci ha permesso di testare al meglio i 4K e i 60fps supportati dalla piattaforma: in ogni caso tutte le console che ospiteranno la remastered il prossimo 24 maggio riusciranno ad arrivare a tale risultato, fatta eccezione per Switch, che nella maggior parte dei suoi porting si contiene fino ai 1080p e ai 30fps, dei quali ovviamente non vi parleremo fino alla recensione non avendoli né visti né provati. Tutte le animazioni hanno una fluidità fondamentale per affrontare il mercato odierno, ma ancor di più per offrire a tutti i videogiocatori che non hanno avuto la possibilità di lanciarsi nell’Era degli Antichi a suo tempo un’opportunità unica per farlo adesso, senza sentire il peso degli anni. Per tutti i nostalgici, invece, sarà una grande occasione per tornare a schivare tutti quei Non-Morti nascosti negli angoli delle stanze o per rievocare le ore trascorse ad alimentare la fiamma dei falò e le innumerevoli morti che ci hanno riportato al primo rifugio, dove l’unico nostro interesse era quello di suonare le Campane del Risveglio. 

Tornare umano ad Anor LondoDark Souls, per tutti coloro i quali si avvicinano per la prima volta al titolo, è un GDR che pone l’accento sull’alta difficoltà proposta, con un altissimo tasso di Game Over da affrontare, un trial & error di vecchio stampo, pronto a sorprenderci con massi caduti dal cielo all’improvviso, da nemici nascosti negli angoli più disparati di una stanza o da lanciatori di granate incendiarie dai soffitti delle baracche dei borghi. Oltre a dei boss realmente complessi da affrontare, se non adeguatamente livellati. Dopo aver scelto la nostra classe, tra le canoniche offerte nei GDR odierni, che vanno dal Guerriero al Cavaliere, passando per il Ladro al Bandito, ci toccherà subito entrare in contatto con una meccanica che all’epoca colpì critica e pubblico, ossia quella del tornare in sembianze umane. Pur essendo il nostro alter ego un Non Morto Prescelto, un Game Over corrisponderà al riversarci in condizioni quasi da zombie, che equivalgono a quelle di uno scheletro che cammina per Anor Londo: dismettere l’armatura ci permetterà di apprezzare – per modo di dire – le nostre scheletriche fattezze, che potranno essere annullate grazie all’Umanità raccolta nel corso dell’avventura e offerte al falò di turno, così da poter tornare umani e affrontare i nostri nemici con una resistenza ritrovata e una stamina superiore. Una meccanica che portava a una morte che era punitiva non solo perché comportava la perdita di tutte le anime raccolte – la valuta in game per i level up – ma anche perché ci costringeva, poi, a recuperare la nostra forma più resistente, nel caso in cui avessimo voluto farlo. Allo stesso modo l’umanità era anche una delle ricompense della modalità multiplayer, che in questa remastered verrà riproposta fino a un massimo di sei giocatori, invece dei quattro che erano previsti nella versione originale di Dark Souls. Al di là dei messaggi visualizzabili in giro per il mondo, Dark Souls nella sua modalità multigiocatore permetteva di sfruttare una coop tale da affrontare delle sessioni di gioco insieme con un altro personaggio oppure affrontare un PvP che lo portava a invadere un mondo come spirito oscuro. Le modifiche alla struttura di gioco, in ogni caso, non si fermano qui e, come detto anche poc’anzi, Dark Souls sposa delle meccaniche che sono più fluide, in linea con quanto fatto con Dark Souls 3: un esempio è dato da una miglioria nell’utilizzo degli oggetti, con il giocatore che potrà decidere di selezionarle più di uno dello stesso tipo e utilizzarli tutti in un solo momento. Allo stesso modo nella remastered sarà disponibile anche il DLC di The Artorias of the Abyss. 

– Un ottimo lavoro di rimasterizzazione

– Un’occasione unica per recuperare una pietra miliare del passato

Il ritorno di Dark Souls, sette anni dopo la prima release su PlayStation 3 e Xbox360, ha una doppia valenza: da un lato quella di soddisfare l’utenza che non ebbe l’occasione di approcciare la saga con il suo primo capitolo (senza contare Demon Souls), dall’altro quello di donare a tutti i videogiocatori di vecchia data un’occasione per appagare il proprio senso nostalgico, regalando un’esperienza che fu unica all’epoca e che può esserlo ancora oggi, perché il primo Dark Souls resta una perla unica nel panorama videoludico, superata soltanto da Dark Souls 3 nel suo genere.