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Castlevania: Lords of Shadow 2

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Pubblicato il 23/09/2013 alle 00:00
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Quando il produttore del gioco Dave Cox spiegava come il rinnovamento della serie fosse un’esigenza necessaria per non spianare la strada al declino di questo amato franchise ed evitargli così un amaro epilogo come quello subito da altisonanti nomi ormai in declino, diceva assolutamente il vero. L’attaccamento viscerale di certi fan ai fasti del passato è difficile da ammorbidire, è vero, ma quando l’ammodernamento va di pari passo con la qualità e col successo di critica e pubblico, dimostrare l’apertura mentale necessaria ad accettare il cambio dei tempi diventa un obbligo tanto quanto le necessità commerciali di una serie che è cambiata radicalmente col debutto del primo capitolo sviluppato da MercurySteam, che ha avvicinato prepotentemente Castlevania agli stilemi dei classici action moderni con grande solidità, ma senza aggiungere nulla di sostanziale al genere.

Shake your blood
Castlevania: Lords of Shadow 2 appare ancora più solido, veloce, completo, ricco di possibilità e varianti nell’approccio ai combattimenti. Se il gameplay mostrato alla Gamescom di Colonia aveva già dato un ampio assaggio di ciò che ci troveremo davanti il prossimo febbraio, la demo del Tokyo Game Show non ha fatto altro che confermare quanto di buono ci sia in un questo secondo capitolo che va a chiudere la trilogia proseguita con Mirror of Fate per 3DS (che arriverà il 31 ottobre su PS3 e Xbox 360 nella sua versione in alta definizione). Il finale del primo Lords of Shadow ha messo in luce l’ineluttabile mutamento al quale era destinato Gabriel Belmont, conferendogli delle nuove abilità che utilizzeremo in questo sanguinario seguito che promette ulteriore dinamismo, varietà ed estro artistico nella realizzazione di un level design adesso molto più complesso e ispirato, studiato appositamente per garantire l’uso continuo e alternato delle skill del nostro personaggio. In questo senso, va segnalata la possibilità di raccogliere dei manufatti appartenenti ai boss sconfitti, che permettono di mutare delle specifiche parti degli scenari in modo tale da rendere accessibili delle aree prima off-limits. Giusto per fare un esempio, usando una particolare sfera di ghiaccio potremo congelare delle piccole cascate d’acqua per trasformarle in pareti scalabili, utili per raggiungere delle zone prima fuori portata o che non sapevamo come esplorare nelle fasi precedenti. Questo elemento mutuato da altre serie, oltre a essere una spinta per scovare i segreti e incoraggiare l’audacia di chi vuole completare i giochi al cento per cento, è giocoforza un espediente per allungare un po’ il brodo e aprire le porte al non troppo apprezzato backtracking, che ci auguriamo non vada troppo a inflazionare la porzione principale dell’avventura e che rimanga appunto confinato alle parti secondarie. 
Ancora più marcata è invece la differenziazione delle armi da utilizzare e la loro efficacia a seconda della tipologia di nemici. Se l’immancabile frusta assicura attacchi ad ampio raggio tenendo a debita distanza gli assalti dei nemici più deboli, è vero anche che sarà poco utile nel momento in cui si faranno sotto delle minacce più pericolose, corazzate o dalla grandezza spropositata. Quando faceva il suo ingresso dall’alto un nemico con lo scudo, Gabriel era costretto a riporre la frusta ed equipaggiare dei potenti guanti che potessero sfondare la difesa avversaria, prima di causare dei danni effettivi. Queste differenze di attacco si estendono naturalmente anche ad altre armi, e nel momento in cui gli scenari verranno popolati da molti nemici con pattern d’attacco diversi e punti deboli più nascosti del solito, diventa vitale gestire con rapidità il proprio armamentario mescolando combo, schivate, abilità di base e skill avanzate, con qualche quick time event che si affaccia nei momenti cruciali senza essere troppo invadente. Ma non aspettatevi la stessa velocità di esecuzione e cambio d’armi di Dante, perché in Lords of Shadow 2 ci saranno dei movimenti meno rapidi e un impronta stylish leggermente meno sguaiata rispetto alla serie Capcom. La cadenzata danza di morte e il “peso” del protagonista, in sostanza, si accostano più a Kratos che non al mezzo demone incanutito.

Denti aguzzi e ira perenne
Il sistema di combattimento, nonostante non aggiunga grandi elementi in ambito action e peschi a piene mani dai mostri sacri del genere, appare granitico e difficilmente attaccabile da qualunque punto lo si osservi. E ne viene data dimostrazione anche quando viene raggiunto l’acme della demo mostrata alla fiera nipponica, ossia quando fa il suo ingresso un boss da dover sconfiggere in più round, con grandi peripezie e situazioni estremamente diversificate tra una sezione e l’altra. Il possente cavaliere dorato veniva affrontato inizialmente in una sorta di ampia arena ad anfiteatro fino a quando non veniva indebolito a sufficienza. La battaglia veniva poi interrotta da un colosso meccanico delle dimensioni straordinariamente fuori scala che frantumava parte della struttura, offrendo al contempo, col suo sconfinato braccio, un appiglio sul quale aggrapparci e proseguire l’inseguimento del boss che nel frattempo era volato via. Il braccio del colosso, agitandosi, diventava una struttura semovente che cambiava continuamente la prospettiva del protagonista e costringeva il giocatore ad andare avanti dapprima affrontando una ripida salita con le proprie gambe, poi aggrappandosi e spostandosi da destra a sinistra, e infine cimentandosi in una scalata verticale mentre il boss alle nostre spalle lanciava dei dardi esplosivi dal suo arco magico. Giunti in prossimità dell’articolazione a ingranaggio dell’enorme braccio, era necessario far distruggere al boss dei grossi bulloni per dislocare l’arto e avere così il passaggio libero per salire finalmente su una piattaforma dalla quale sarebbe poi proseguito lo scontro, ben lungi dall’essere terminato nonostante la parte giocata del titolo si concludesse effettivamente dopo aver superato quest’altra mini sessione. È stata in particolar modo questa la parte che ci ha convinto di più in Lords of Shadow 2, perché illustrava al meglio come l’ampio respiro del design dei livelli fosse finalizzato a offrire un cambio di situazioni costante, cosa che negli action spesso latita per via di una fissità di fondo delle meccaniche che è poi l’anticamera della ripetitività. Se Castlevania: Lords of Shadow 2 riuscirà a mantenere questa formula e a riproporla più spesso lungo l’arco dell’avventura, avremo probabilmente a che fare con uno degli action più solidi di sempre, a patto che le ottime impressioni vengano confermate anche in sede di recensione. Il dinamismo dei livelli e la loro struttura, inoltre, hanno il potenziale di rendere questo seguito un passo avanti nella serie e la degna chiusura di una trilogia che a dispetto delle chiacchiere dei fanatici, ha saputo dimostrare di avere molto da offrire agli amanti del genere e soprattutto qualcosa da dire in una saga che nelle ultime iterazioni stava cadendo dritta in un imbuto che non avrebbe certamente portato a nulla di buono. Il lavoro di MercurySteam è stato fin qui coraggioso, fruttuoso ed encomiabile, perché accostarsi alla sacralità di una serie come Castlevania non è di certo un compito semplice. E lo sarà ancora meno, per chiunque se ne occuperà, dopo quest’ultimo capitolo destinato alla corrente generazione ormai al tramonto.

– Combat system solido e appagante

– Ottimo level design

– Situazioni di gioco dinamiche

– Migliorie tecniche e maggiore fluidità generale

Castlevania: Lords of Shadow 2 ha fatto decisamente una buona impressione anche al Tokyo Game Show 2013, presentandosi come un titolo che non porta niente di nuovo nel panorama degli action ma che sa come gestire al meglio tutti gli elementi del genere in modo deciso, autoritario e senza sbavature. L’ormai più che rodato sistema di combattimento e la struttura dei livelli dinamica, inoltre, lasciano intuire tutta la qualità del lavoro dei ragazzi spagnoli di MercurySteam, che si congedano da questa generazione con una chiusura della trilogia che ha tutte le caratteristiche per appianare le asperità del primo capitolo e presentarsi al grande pubblico con grande stile e con tutto il fascino che ogni titolo dedicato a Castlevania ha sempre avuto.

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