Recensione

Battleborn

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a cura di JinChamp

Battleborn è un gioco molto particolare. Qualcuno potrebbe usare la frase “unico nel suo genere” ma cadrebbe in errore, poiché non è solo uno il genere di cui esso fa parte. È in realtà una peculiare e inedita commistione tra sparatutto e battle arena, due generi che hanno raccolto individualmente ampi consensi tra i videogiocatori, ma che restano al contempo molto diversi tra loro. È un’impresa non da poco per i ragazzi di Gearbox Software, chiamati anche a confermare la propria reputazione dopo il successo dei loro Borderlands.

Il valore dei compromessiPartiamo subito col dire che, per questa tipologia di gioco, tutto sarebbe comunque dipeso dalle meccaniche e il risultato sarebbe stato tutt’altro che scontato. Accantonata sin da subito la visuale isometrica tipica dei dota-like, gli sviluppatori hanno puntato dritti verso quella in prima persona, che diventa in terza solo in caso di abilità di alcuni personaggi giocabili. Questa scelta forse risulta un po’ azzardata, addirittura leggermente penalizzante in alcuni frangenti, ma il lavoro di caratterizzazione di tutti i personaggi riesce comunque a render loro giustizia. Il roster si compone attualmente di 25 elementi molto variegati tra loro, sbloccabili o con il livellamento del proprio account – giocando, ma secondo un ordine prestabilito – oppure soddisfacendo un secondo requisito unico. Questi ultimi spaziano dal vincere qualche partita con un personaggio di una determinata fazione, al completamento di un determinato livello, o al raggiungimento di un dato traguardo. Probabilmente sarebbe stato più familiare ai videogiocatori già abituati ai moba, tipicamente free-to-play, un semplice acquisto con una valuta in game, che invece è stata destinata soltanto per l’acquisto di pacchetti di equipaggiamenti, divisi per rarità e fazione ma anch’essi subordinati al livello del proprio account. Con gli equipaggiamenti vinti è possibile comporre le cosiddette build, che vanno a sostituire i classici shop durante le partite. Ognuna di esse può esser costituita da un massimo di tre equipaggiamenti unici, ovvero uno per ogni tipologia, e viene preimpostata dal giocatore ogni volta durante la scelta del personaggio. La build non porta con sé però vantaggi dall’inizio della partita, come le rune o le maestrie, ma ogni equipaggiamento può essere attivato dal giocatore durante la battaglia spendendo un certo quantitativo di oro, dipendente dalla tipologia e dalla rarità dello stesso.L’altra alternativa per spendere l’oro raccolto sarà quella di investire i propri averi nelle varie postazioni che tappezzano tutte le mappe, per attivare specifiche torrette. Esse possono essere di utility, come acceleratori e healer point, generatori di scagnozzi potenziati o, nel PvE, navette di supporto o vere e proprie torrette offensive upgradabili solitamente fino a due volte.C’è però un altro modo per lo sviluppo dei personaggi durante le partite, i quali – proprio come nei moba – ripartono ogni volta dal livello 1 e via a salire fino al livello 10. Questo espediente si chiama Helix, un sistema a doppia elica capace di sbloccare un potenziamento a scelta del giocatore ad ogni level up. Giocando spesso con lo stesso personaggio e aumentandone il grado fuori dalle partite, è possibile scoprire delle “mutazioni”, ossia una terza scelta a determinati livelli che aggiunge effetti ancora diversi alle abilità. Questo non permette comunque, insieme con le build, di personalizzare a piacimento un personaggio; permette al contrario di valorizzarne uno dei possibili stili di gioco, limitati inoltre da solo due abilità principali disponibili da subito, e di metterne a disposizione una terza generalmente più potente, sbloccabile dal livello 5.Questi sono i compromessi che gli sviluppatori hanno dovuto ideare per riproporre in armonia gli elementi tipici dei due generi a cui si ispira, condendo ogni partita col giusto livello sia di azione che di strategia.

Distruzione in 3…2…1…L’universo di gioco vede confrontarsi esponenti di cinque fazioni nei pressi dell’ultima stella rimasta presso cui rifugiarsi, e i Battleborn sono coloro che combattono queste battaglie per la sopravvivenza in un momento di profonda crisi.Qui ritroviamo una campagna, giocabile sia da soli che con altri quattro giocatori, e tre modalità squisitamente competitive 5 contro 5. La modalità storia ovviamente risulta essere, almeno inizialmente, una sorta di tutorial o di modalità più tranquilla in cui poter conoscere i vari personaggi, e avere maggiore dimestichezza sia con essi che con le varie meccaniche di gioco. In ognuna delle 8 missioni, completabili in circa 5 ore di gioco, si esplorano vaste mappe originali e si alternano essenzialmente tre fasi distinte: avanzare verso una nuova area e liberarla dai nemici, resistere a diverse nuove ondate difendendo un obiettivo e la tipica boss fight. Se queste ultime risultano spesso molto ben riuscite, specie quelle principali di fine missione che prevedono anche diverse fasi, diverso è invece il discorso per le sezioni ad orde. Dopo un po’ diventano piuttosto ripetitive, mentre nelle ultime due missioni subiscono un picco di difficoltà ove tantissimi team, un po’ sbadati o comunque poco organizzati, avranno vita dura e si ritroveranno a dover ricominciare tutto l’episodio da capo.Se però vogliamo trovare una giustificazione a questa impennata quasi inaspettata, la troviamo certamente nel gioco di squadra, fondamentale per portare a termine tutta la campagna ma soprattutto durante le partite in multigiocatore.E qui arriviamo al succo vero e proprio di Battleborn. Se nel corso dell’ultima open beta erano state rese disponibili solo due modalità, Fusione e Incursione, troviamo nel gioco completo anche Cattura. Ogni modalità ha due mappe dedicate, che si differenziano soprattutto per i toni degli ambienti ma mantengono forti similitudini all’interno delle varie coppie, per ovvie necessità. Anche in questo caso non ritroviamo la struttura lineare tipica dei battle arena, ma si strizza l’occhio più al mondo degli shooter adeguatamente riadattato. Ciò si traduce in mappe speculari tortuose e ricche di passaggi laterali, spesso su due livelli di altezza. La differenza sostanziale tra le tre è per l’appunto il level design: se si pensa ai moba, è ovvio aspettarsi mappe composte da corsie in cui scortare i propri minion fino alla base nemica. Incursione presenta un’unica corsia principale su cui vengono posizionate le due sentinelle di ogni team, ed enormi mech di forma aracnide che rappresentano in sostanza i nexus delle due squadre; Fusione di corsie ne ha ben due, con tanto di veri e propri binari su cui marciano i propri scagnozzi (meglio conosciuti come minion) verso dei portali in cui sacrificarsi per far guadagnare alla propria fazione punti per la vittoria. Cattura invece è la modalità che ci ha lasciati un attimo spiazzati, poiché vengono eliminate sia le corsie che gli scagnozzi, lasciando disseminati per le due mappe disponibili i tre tipici capture points da conquistare e difendere fino alla vittoria: esattamente come accade nei classici fps.

Il fardello della tatticaUno degli elementi più riusciti di Battleborn costituisce, purtroppo, anche il suo tallone d’Achille. Giocare alle modalità Incursione o Fusione porta con sé molto spesso una buona dose di confusione al giocatore. Coloro che hanno partecipato alla open beta avranno certamente notato che, il più delle volte, le partite si vincevano o si perdevano con dei risultati schiaccianti imbarazzanti, come 100-0 nel caso di Incursione. Non di rado risultava poco intuitivo capire come mai si vinceva o si perdeva con un dominio così marcato, e questo va a legarsi assolutamente alle evidenti difficoltà dell’utente medio,solitamente non abituato alla strategia dei vari dota-like, a leggere l’andamento del game e, dunque, di condizionarlo con le proprie azioni. Vi ritroverete spesso in compagnia di alleati totalmente “incapaci” di approcciarsi adeguatamente al gioco. Si parte dalla selezione del personaggio, dove ognuno sceglie il proprio preferito sulla base dell’estetica o delle abilità che porta con sé, senza pensare alla composizione del team. Questo perché c’è un essenziale motivo se i personaggi presenti si differenziano pesantemente tra loro per stazza, statistiche e armi: la ricetta per la vittoria parte dai componenti di una squadra. È essenziale che un team sia bilanciato e ben assortito. Se poi vogliamo restare nelle metafore culinarie, a poco servono dei buoni ingredienti se poi non si cucinano bene insieme. Avere un cecchino appostato su una balconata intento a bersagliare chiunque gli si pari davanti ha un’utilità molto relativa nell’economia della partita. Molto più utili sono invece quegli elementi che non solo fanno sentire la propria presenza in “lane“, difendendo i propri scagnozzi e uccidendo tutti i nemici, ma anche e soprattutto coloro che si avventurano nella cosiddetta giungla per battere e assoldare i neutrali mercenari Thrall, e altri che invece distruggono le strutture nemiche e le sostituiscono con altre alleate. Queste due azioni vengono purtroppo sottovalutate, o guardate da un occhio disattento come una semplice appendice o un metodo alternativo per ottenere facili punti esperienza. La realtà, che purtroppo molti ancora non riescono a comprendere appieno, è che questi sono due fattori essenziali per condizionare l’andamento della partita. Tenere le proprie strutture ben inoltrate nella metà mappa nemica e avere png più potenti a scortare le proprie truppe, aumenta considerevolmente il proprio potere di spinta: l’inerzia di una partita cambia e le sorti mutano completamente; non aspettatevi la stessa cosa se un singolo spende la sua mezz’oretta a camperare per raccogliere facili kill da una posizione di vantaggio. 

Tutto viene valorizzato dal lavoro di squadra e dalle capacità di ogni componente nel sapersi organizzare con gli altri. Qualora questo non succeda, sia per menefreghismo che per semplice egoismo, ogni sessione vi sembrerà all’apparenza assolutamente casuale, e ci auguriamo fortemente che – dopo questo primo periodo di fisiologico adattamento – l’utenza maturi e comprenda a fondo le meccaniche.Di contro, giocando alla modalità Cattura, si assistono in genere a partite molto più combattute e sensate: poche postazioni da attivare, spesso a ridosso dei tre punti di interesse, i campi neutrali non forniscono alleati sul campo, e tutto si svolge in maniera molto più simile a come accade di norma nelle stessa modalità di un CoD qualsiasi.Un altro elemento che era già emerso in sede di preview è l’eccessivo sbilanciamento di alcuni personaggi, in positivo o in negativo. Già allora vi accennammo quanto certi personaggi dotati di utility o particolari resistenze risultassero molto più incisivi negli scontri diretti sin dalle prime battute e nella quasi totalità dei match up. L’altra faccia della medaglia è vedere, purtroppo, altri personaggi essenzialmente inutili e impotenti. Gearbox Software divide il proprio roster in tre macrocategorie: facili, avanzati e complessi. Ciò però non rispecchia la classificazione tipica dei moba, dove la “difficoltà” di un eroe o di un campione sta nell’abilità del giocatore nel poter combinare tutte le sue abilità. Qui ritroviamo nella categoria “complessi” dei Battleborn spesso con un potenziale molto più alto della media senza per questo perdere eccessivamente in facilità di utilizzo. Basti pensare ad Ambra che riesce a curarsi consumando gli avversari nelle vicinanze senza neanche il bisogno di mirare con particolare precisione. Di contro vediamo personaggi teoricamente più semplici da utilizzare che invece risultano essere semplicemente più limitati. Prendiamo ad esempio Rath, lo spadaccino. Il suo moveset è semplice ma prevalentemente melee, con scarsa utility e ancor meno mobility. Nei team fight più concitati non può far altro che lanciarsi e sperare di frullare qualcuno prima che qualcun altro lo tiri giù. Decisamente non ci siamo…

È quasi tutto oro ciò che luccicaFiore all’occhiello della produzione può essere senza troppe discussioni il comparto tecnico. In Battleborn ritroviamo una grafica tutt’altro che fotorealistica ma molto dettagliata, caratterizzata e ben curata. Anche gli elementi meno definiti si armonizzano molto bene nel contesto generale e vengono trovati curiosi espedienti per gli effetti di luce e particellari. Specie in questi ultimi, difficilmente vedrete effetti volumetrici come ormai da qualche tempo siamo abituati a vedere sempre più spesso; in alternativa gli sviluppatori hanno deciso di utilizzare dei carinissimi sprite in 2D per la riproduzione di elementi quali il fuoco o il fumo, molto più facili e leggeri da gestire ma al contempo simpatici, colorati e molto gradevoli. Il risultato è che la fluidità di gioco è priva di qualsiasi sbavatura, grazie ad una frequenza granitica incapace di perdere per strada anche un solo frame, in ogni circostanza. Buoni i livelli anche dell’audio, con musiche appropriate e soprattutto una localizzazione di pregevole fattura. Oltre a poter riconoscere ad orecchio più di una voce autorevole nel doppiaggio italiano, anche il numero e la varietà dei doppiaggi è sorprendente. Iniziate una qualsiasi modalità competitiva e prestate attenzione alla voce di Nova, l’annunciatrice, e vedrete come ogni countdown di inizio partita vi suonerà diverso da quelli precedenti, oltre che ironico e simpatico.È un peccato invece che questa varietà non sia rimasta anche per quanto riguarda i contenuti, soprattutto quelli relativi alle modalità competitive. Anche se tre modalità sono sufficienti, forse si sarebbe potuto azzardare con una terza mappa per ognuna di esse, così come un roster di appena 25 personaggi poco può competere con i centinaia proposti dai vari LoL e compagnia. Certo, altri 5 verranno rilasciati gratuitamente per tutti nel corso del tempo, ma ci sembra quantomeno poco ambizioso fissare un massimo da raggiungere già all’esordio, così come stona un po’ vedere quanto i vari aspetti alternativi presenti siano nient’altro che semplici recolor, mentre ci aspettiamo costumi originali in arrivo con i contenuti dlc del season pass.La vera mancanza, però, riguarda un sistema di partite classificate, inspiegabilmente assente. Con tutte le premesse, la cura nello studio di un gameplay così elaborato da risultare difficile da comprendere all’inizio, è un peccato che non si dia ai giocatori la possibilità di scalare le classifiche o, di contro, dare un incentivo in più a chi ancora non è entrato bene nei meccanismi di impegnarsi a comprendere a fondo tutto ciò che Battleborn ha fa offrire.

Configurazione di riferimento:SO: Windows 10 64bitCPU: Intel Core i7-4790kRAM: 16GB 2400MhzScheda video: NVIDIA GeForce GTX 970 OC Edition

– Un vero esempio di buona ottimizzazione

– Le meccaniche di gioco sono molto più profonde di quanto non sembri

– In gruppo rende davvero molto…

– Difficile che molti giocatori lo comprendano e lo apprezzino

– I contenuti sono da rifinire e da ampliare nel tempo a modo

– … da soli può diventare frustrante come poche cose

7.5

Gearbox Sotware si conferma con Battleborn una casa di sviluppo a cui piace esprimersi fuori dai soliti schemi, avventurandosi in un campo che fino ad oggi risultava inesplorato. Quello che ci sentiamo di dire, o anche di gridare a gran voce, è che Battleborn non è un gioco per tutti. È un titolo con delle meccaniche molto più profonde di quanto si riesca a percepire in qualche oretta di gioco in spensieratezza, è un gioco che merita di essere approcciato nel modo giusto e non come un comune fps. Se vi aspettavate qualcosa appartenente a questo genere con una grafica cartoonesca, probabilmente resterete delusi, quasi certamente annoiati e perplessi dopo poche partite. Se invece siete un gruppo di cinque amici che amano giocare insieme ed impegnarsi, fareste davvero un buon acquisto che potrebbe appassionarvi per mesi. Purtroppo certi problemi restano, ma non è nulla che non si possa risolvere anche in seguito, specie se gli sviluppatori si trovassero una consistente community da soddisfare.

Voto Recensione di Battleborn - Recensione


7.5