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Recensione

Baron Wittard: L'ombra del Ragnarok

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Avatar di Francesco Ursino

a cura di Francesco Ursino

Pubblicato il 18/12/2011 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

6

Alan Thorn e Marlies Maalderink sono i due nomi dietro ai quali si cela la Wax Lyrical Games, software house sviluppatrice dell’avventura grafica in oggetto, ovvero Baron Wittard: L’ombra del Ragnarok. Approfondiamo alcuni temi riguardanti questa avventura grafica che, in ogni caso, si è dimostrata appena sufficiente

Una città in un solo palazzoLa storia narrata in Baron Wittard: L’ombra del Ragnarok presenta alcuni elementi affascinanti: il giocatore impersonerà un giornalista chiamato a scoprire il mistero che si cela dietro alla figura del barone Wittard; costui, due anni prima dell’inizio della narrazione, ha costruito un maestoso palazzo, e vi ha insediato all’interno una vera e propria città, con tanto di negozi e centri abitativi. Il nome di questo ardito esperimento è Utòpia.Durante la costruzione qualcosa però è andato storto, con il risultato che all’inizio dell’avventura ci ritroveremo davanti a una costruzione fatiscente, abbandonata, ben lontana dalle intenzioni iniziali del barone, deceduto in circostanze assai misteriose; al suo interno, di quella che doveva essere una città nuova e all’avanguardia rimane un agglomerato di lamiere arrugginite e pavimenti polverosi. Perché tutto ciò? Qual è la forza misteriosa che permea quei luoghi? E cosa c’entra tutto questo con la mitologia nordica, e il mito del Ragnarok? Al giocatore, evidentemente, il compito di scoprire tutto questo.Se quindi il plot potrebbe, fin da subito, richiamare suggestioni di titoli di ben altro spessore, sebbene di diverso genere (stiamo pensando soprattutto all’accostamento con la città sottomarina di Rapture, in Bioshock), è giusto dire che la qualità della narrazione non raggiunge mai livelli eccelsi, con un evolversi delle situazioni tutto sommato piatto e con poca presa sul giocatore.

Se l’utopia non è un luogo, ma sono le persone…Il gameplay di Baron Wittard: L’ombra del Ragnarok propone una struttura aperta, decisamente non lineare, con visuale in prima persona; in questo senso, il pretesto narrativo di Utòpia sembra essere stato sfruttato in modo corretto, dato che il giocatore, una volta entrato nella città-palazzo, potrà esplorare tutti gli ambienti senza un ordine preciso; gli enigmi, di conseguenza, potranno essere svolti a piacere, senza particolari imposizioni. E’ altresì vero che, in alcuni casi, puzzle incontrati ad inizio avventura potranno essere risolti solo dopo aver raccolto alcuni elementi nel prosieguo del gioco; molte volte, dunque, verrà comodo appuntare codici e combinazioni su un classico foglio di carta, prendendo cosi il tempo di ragionare su un determinato enigma al momento giusto. Lo scopo principale del giocatore, durante la sua peregrinazione, sarà quello di trovare e soprattutto distruggere dieci rune; grazie ad un misterioso amuleto, infatti, il giocatore verrà guidato verso questi oggetti pericolosi, la cui importanza viene tuttavia illustrata in modo appena sufficiente.Per quanto riguarda gli enigmi, questi sono presenti in quantità discreta, e sono di tipo prettamente logico/matematico; molte volte infatti i puzzle si risolveranno in calcoli, sequenze di numeri o combinazioni di cifre. Peculiare anche la gestione dell’inventario: questo infatti verrà richiamato molto di rado, dovendo contenere solo le rune, l’amuleto, la telecamera del giocatore e qualche altro oggetto sparuto.Durante le circa quindici ore di gioco, le quali culminano in due differenti finali, la sensazione principale data da Baron Wittard: L’ombra del Ragnarok è quella di un prodotto che poteva decisamente offrire di più, in quasi tutti i campi di gioco; la figura di Wittard, ad esempio, rimane assai sbiadita, cosi come quella del protagonista, che risulta del tutto neutro. Se quest’ultimo fattore può rientrare nell’ottica di una scelta narrativa, è pur vero che una maggiore presenza non avrebbe certo guastato, dato anche il carattere degli enigmi e soprattutto l’ambientazione tetra, cupa, e per la maggior parte della volte silenziosa.

Alle città sotterranee si addice lo stile retrò Parlando dell’aspetto tecnico del titolo, anche questo raggiunge di poco la sufficienza, se non altro per la presenza del doppiaggio in italiano, dimostratosi tutto sommato adeguato. Il comparto audio, oltre questo, non presenta altre note degne di analisi più approfondite.L’aspetto tecnico, invece, complice alcune scelte stilistiche, appare ben poco ispirato. L’intero impianto di gioco si muove su un classico 2.5D, ma la realizzazione dei fondali pecca in definizione, dando all’intera produzione una sensazione di vecchio e già visto. L’architettura della città si mantiene su livelli discreti, richiamando comunque uno stile retrò che tuttavia non trova all’interno della narrazione una sua spiegazione o collocazione logica (in teoria, infatti, il gioco si svolge ai giorni nostri e la città sotterranea è stata costruita solo due anni prima l’inizio dell’avventura). I filmati di intermezzo sono quasi assenti, dato che il gioco si affiderà spesso alla successione di schermate statiche accompagnate da effetti sonori. In alcune occasioni particolari, come ad esempio il prologo e l’epilogo della storia, in ogni caso, saranno presenti dei filmati ripresi dal vivo: anche in questo caso, però, la qualità latita.Un ultimo accenno va fatto al ritmo di gioco, direttamente influenzato da alcune scelte stilistiche: in un gioco assai silenzioso, compassato, in prima persona, la scelta di inserire delle lunghe transizioni tra una schermata e l’altra, e soprattutto durante le fasi di accesso al menù di gioco, conferisce al mix una lentezza spesso esasperante. Vedere sfumare le differenti schermate di gioco, dunque, potrebbe rivelarsi estenuante per molti: si tratta di un particolare non cosi evidente, ma che in ogni caso merita di essere segnalato.

HARDWARE

Requisiti di sistema:OS: Windows 2000/XP/Vista/7Processore: 1.0 GHz o superioreMemoria RAM: 512 mbSpazio su hard disk: 3 GBScheda Video con almeno 128 Mb di memoria e supporto Shader Model 2.0

– Apprezzabili enigmi di stampo logico

– Gameplay non lineare

– Concept sfruttato malamente

– Ritmo assai lento

– Lunghissime transizioni tra una schermata e l’altra

6.0

Baron Wittard: L’ombra del Ragnarok è un’avventura grafica che raggiunge una sufficienza risicata grazie al buon concept narrativo e alla non linearità del gameplay, che consentirà di affrontare la discreta sfida costituita dagli enigmi di tipo logico in modo del tutto diverso da giocatore a giocatore.

I lati negativi sono da ricercarsi nella povertà della narrazione stessa, incapace di proporre situazioni veramente interessanti, in alcune scelte stilistiche e grafiche non sempre azzeccate, e nella lentezza a tratti esasperante del ritmo di gioco.

Si tratta, in ultima analisi, di un’avventura adatta a chi cerca una sfida asciutta, comunque apprezzabile, che tuttavia non concede nulla al lato narrativo

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