4 gemme videoludiche da scoprire per celebrare il Pride Month

Il primo videogioco LGBT esce nel 1989 in un circuito indipendente ma la rappresentazione di personaggi LGBT è sempre esistita negli indie: abbiamo raccolto quattro videogiochi indipendenti significativi pronti per essere giocati durante il Pride Month

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a cura di Pia Colucci

Redattrice

Il mese di giugno è considerato come il pride month per la comunità LGBTQ. Vi siete mai chiesti perché? È probabilmente una tipica domanda da fare su Quora, ma siamo qui per risparmiarvi l’impiccio di andarlo a cercare.

Il 28 giugno 1969 partirono diverse rivolte da parte della comunità gay, lesbica e transessuale a New York, nel locale Stonewall Inn, in risposta ad un raid fatto dalla polizia che aveva l’obiettivo di chiudere il locale e arrestare persone identificate come travestite e transessuali.

Le proteste durarono diversi giorni, fino al 3 luglio. Queste rivolte sono oggi conosciute come “i moti di Stonewall”.

Nel 1970, per commemorare il primo anniversario delle rivolte, un corteo sfilò lungo le strade newyorkesi in cui sorgeva lo Stonewall e seguirono a ruota altre manifestazioni di protesta in diverse città degli Stati Uniti.

Furono le prime manifestazioni spontanee in cui la comunità LGBT scendeva in piazza; queste manifestazioni oggi sono conosciute come pride parade o – più comunemente – gay pride.

Quello di cui parliamo oggi, però, riguarda la rappresentazione di personaggi LGBTQ nei videogiochi indie. Negli ultimi anni si è parlato molto dei personaggi LGBTQ in videogiochi mainstream come mai prima d’ora, ma occorre considerare il fatto che – in realtà – le produzioni indie sono sempre state un po’ l’isola felice per rappresentazioni di personaggi queer; rappresentazioni che sono in realtà sempre esistite, ma semplicemente non venivano mai considerate. Bastava semplicemente saperle cercare, in un’epoca senza internet: una vera utopia.

Moonmist, un videogioco per computer uscito nel 1986 raccontava ad esempio la storia di un detective che doveva indagare su alcune sinistre presenze all’interno del castello: uno dei personaggi secondari era una donna dichiaratamente lesbica.

Qualche anno più tardi, nel 1989, uscì quello che molti oggi dichiarano il primo vero e proprio videogioco LGBTQ mai creato, dal titolo Caper in the Castro. La distribuzione di titoli come questo era limitata, contava principalmente sulla condivisione del materiale sulle prime bulletin board all’alba del World Wide Web.

Negli anni Novanta i videogiochi divennero sempre più popolari e ci fu una sorta di apertura da parte degli sviluppatori: alcuni videogiochi svelarono la possibilità per gli utenti di fare scelte in materia di sessualità.

Erano principalmente giochi in cui era possibile crearsi un avatar e scegliere, tra le varie opzioni, anche che tipo di relazione sentimentale intraprendere. Tra i primi titoli ad affacciarsi a tale libertà c'erano giochi role-playing come Dragon Age o il simulatore di vita The Sims.

Tuttavia, malgrado lo slancio di proporre ai videogiocatori una personalizzazione tout court del proprio avatar, mancavano ancora personaggi LGBTQ ben definiti, con una propria identità e orientamento sessuale ben distinto e particolareggiato, in cui i videogiocatori potevano rispecchiarsi e sentirsi liberi anche in un mondo virtuale: questo da pochi anni è la normalità grazie a titoli come Life is Strange, Tell me Why e The Last of Us Part II (lo trovate su Amazon a basso prezzo)

Fare coming out con Gone Home

Gone Home è uno dei primi videogiochi che rispondono al nome di walking simulator, un genere che negli anni è diventato sempre più popolare (Somebody’s Gone to The Rapture o What Remains of Edith Finch sono alcuni celebri esempi).

In Gone Home il videogiocatore si immedesima nei panni di una ragazza che ritorna a casa dal college e non trova nessuno, la sua famiglia all’interno sembra sparita nel nulla e la ragazza deve trovare vari indizi circa la loro identità, con particolare riguardo alle vicende della sua sorella minore.

Malgrado un feeling abbastanza eerie, come direbbero gli inglesi, ed un senso di timore latente reso possibile da una casa silenziosa ma che in cui si disseminano, come pezzi di un puzzle, i dettagli della vita intima dei suoi abitanti.

Quello che il videogiocatore trova è uno spazio privato, una storia in cui non può interagire ma bensì può solo essere spettatore di una vita tanto diversa quanto comune a molti di noi, in quanto Gone Home è un titolo pieno di riferimenti alla cultura pop anni 90, familiare a molti di noi videogiocatori.

Senza cadere troppo nello spoiler, questo walking simulator spinge alla confessione, al coraggio e alla voglia di “uscire dall’armadio” delle proprie insicurezze. Gone Home è disponibile su PS4, Xbox One, PC e Wii U.

Transfobia e immedesimazione: il caso di A Normal Lost Phone

A Normal Lost Phone è un videogioco dalla durata di circa due ore, in cui il protagonista trova per strada uno smartphone smarrito. Per riportare il telefono al suo legittimo proprietario, il nostro personaggio dovrà risalire alla sua identità e per farlo inizia ad entrare nella sua vita privata.

È giusto o sbagliato? Potremmo chiamarla violazione della privacy, ma in fin dei conti il protagonista lo fa esclusivamente con l’intento di risalire all’identità del povero malcapitato.

Attraverso un'interfaccia del tutto simile a quello di uno smartphone di ultima generazione, il videogiocatore potrà leggere ultimi messaggi ricevuti e si accorgerà che si tratta di un giovane ragazzo FTM (female-to-male), il quale riceve messaggi poco piacevoli e transfobici da parte della sua famiglia.

Questo escamotage narrativo ci mette nei panni di una persona transgender che purtroppo subisce violenze verbali scaturite da sentimenti transfobici del tutto simili a quelle che avvengono nella realtà – senza scomodare i più recenti e terribili fatti di cronaca sull'argomento.

Questo permette al videogiocatore una totale immedesimazione nella vita di questa persona e lascia spazio alla riflessione riguardo un percorso di vita spesso sottoposto a discriminazioni. É possibile giocarci su Nintendo Switch, PC e dispositivi Android e iOS.

La queer awareness in Unpacking

Così come in Gone Home, in cui una casa racconta attraverso i suoi oggetti, in Unpacking sperimentiamo il “tumulto” di un trasloco, in cui le case cambiano e gli oggetti che possediamo iniziano a dire molto su noi stessi, anno dopo anno.

Unpacking, videogioco indie di Humble Studio e Witch Beam (ha vinto il premio "Miglior Narrativa" ai BAFTA 2022), segue la storia di una ragazza in varie fasi della sua vita, dal 1997 ad oggi. Il videogiocatore dovrà riordinare le stanze della giovane protagonista, popolandole con svariati oggetti in suo possesso.

In questo titolo non ci sono dialoghi e le uniche cose che si lasciano raccontare sono proprio gli elementi che dovremo andare a mettere al loro posto; si tratta di simboli potenti che incarnano lo stile queer – il quale non è sinonimo di LGBT, bensì è una corrente specifica, un termine ombrello che va ad indicare la volontà, da parte di alcune persone, di non rientrare in schemi fissi e predeterminati.

Sarà compito del videogiocatore ricostruire e dedurre la vita della giovane protagonista del titolo e arrivare alla consapevolezza che si tratta di una persona che, crescendo, trova la sua identità e la manifesta in spazi che sente intimi e accoglienti.

Unpacking è disponibile su PC, Xbox One, Xbox Series S|X, PS4 e PS5, Nintendo Switch.

Un viaggio alla scoperta della propria identità con Celeste

Celeste è un platform game del 2018 e ha il suo natale in una game jam. La protagonista è Madeleine, una ragazza affetta da depressione, mostrata all’interno del gioco come una grande montagna che la giovane deve scalare, contando sulle sue forze.

Nel corso del suo viaggio, incontra un giovane fotografo di cui si innamora. Il platform ha la doppia valenza di trattare un tema molto importante come quello della depressione, mandando un messaggio molto potente come quello dello scoprire e il poter contare sulla propria forza, ma anche quello della scoperta della propria identità sessuale.

Nel DLC uscito nel 2019 viene mostrata Madeleine nella sua camera, in cui appaiono una bandiera arcobaleno e un’altra con i colori dell’orgoglio transessuale (bianco, azzurro e rosa) alimentando varie speculazioni riguardo l’identità della protagonista.

Ai vari quesiti dei videogiocatori risponde la producer Maddy Thompson, la quale afferma che la storia di Madeleine segue il percorso personale di scoperta della propria identità: Maddy si definisce come non-binary e ha cambiato il suo nome di battesimo.

In questo bellissimo indie game, realtà e fantasia si incontrano sotto forma di messaggi impliciti e allegorie; Celeste non è solo in videogioco interattivo ma è anche educativo su temi quali la salute mentale e l’identità di genere.

Celeste si può giocare su PC, Xbox One, PS4 e Nintendo Switch, Google Stadia. Se non lo avete ancora fatto, questo mese è il momento ideale per recuperarlo.