Immagine di Voice of Cards: The Beasts of Burden | Recensione - Un cupo racconto fiabesco
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Voice of Cards: The Beasts of Burden | Recensione - Un cupo racconto fiabesco

Il terzo episodio di Voice of Cards ci ha divertiti, ma non fa evolvere la formula della serie.

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a cura di Nicolò Bicego

Redattore

Informazioni sul prodotto

Immagine di Voice of Cards: The Beasts of Burden
Voice of Cards: The Beasts of Burden
  • Sviluppatore: Square Enix
  • Produttore: Square Enix
  • Distributore: Square Enix
  • Piattaforme: PC , PS4 , SWITCH
  • Generi: Gioco di Ruolo , Gioco di carte
  • Data di uscita: 13 settembre 2022

Non è passato neanche un anno da quando Voice of Cards: The Isle Dragon Roars ha raggiunto gli scaffali virtuali delle nostre console.

Quello che sembrava un interessante esperimento si è presto trasformato in una serie: a febbraio abbiamo infatti assistito al debuttp di The Forsaken Maiden, un sequel standalone che riprendeva le stesse meccaniche del capostipite.

Oggi siamo qui per parlarvi del nuovo capitolo della saga, che ancora una volta si presenta come una storia a sé stante rispetto ai predecessori.

Stiamo parlando di Voice of Cards: The Beasts of Burden, disponibile su PlayStation 4, Nintendo Switch e PC.

Alla ricerca delle stelle

Come vi abbiamo anticipato, The Beasts of Burden non riprende le fila della narrazione dei precedenti episodi, introducendo invece un nuovo cast di personaggi ed un nuovo mondo di gioco. In questo episodio, faremo la conoscenza di Alphe, la nostra protagonista. La ragazza è una guerriera, il cui compito è quello di difendere il suo villaggio sotterraneo.

In questo mondo, infatti, i mostri vagano sulla superficie, ed alcune comunità umane hanno deciso di spostarsi nel sottosuolo per avere migliori possibilità di difendersi da eventuali assalti.

Finora è andato tutto bene, ma le cose sono presto destinate a cambiare. Un attacco a sorpresa dei mostri, infatti, porta alla distruzione del villaggio di Alphe e all’uccisione di tutti gli abitanti, compresa la madre della ragazza.

Distrutta dal dolore, Alphe sembra essere pronta a ricevere il colpo di grazia da un mostro, quando viene improvvisamente salvata da un misterioso ragazzo. Insieme, i due viaggeranno verso la superficie ed Alphe vedrà per la prima volta un mondo in cui il giorno non finisce mai, ed in cui non è possibile vedere le stelle di cui a lungo aveva sentito parlare.

Il suo nuovo compagno di viaggio la porta in una città conosciuta come la Città dell'Acciaio: qui si scoprirà che sono stati i senatori della città ad inviarlo a recuperare Alphe, in quanto una leggenda narra che vive nel sottosuolo può uccidere i mostri.

E la Città dell'Acciaio ha un disperato bisogno di liberarsi del Daimon dell’acciaio, un demone delle miniere che aveva permesso alla città di prosperare ma che ora sembra impazzito, diventando improvvisamente violento.

Ed è da qui che parte la nostra storia. Rispetto ai due capitoli precedenti, la trama è un po’ più cupa, pur senza rinunciare a momenti di leggerezza e all’atmosfera fiabesca che permea tutti i titoli della serie (e se siete già convinti dell'acquisto, potete riempire il vostro portafogli virtuale tramite Amazon).

Come in passato, non siamo di fronte ad una storia assolutamente imperdibile o che entrerà di diritto negli annali di storia videoludica, ma l’intreccio riesce comunque a coinvolgere il giocatore, soprattutto grazie alla sua atmosfera.

Un appunto che ci ha straniti riguarda l’adattamento italiano, o meglio la mancanza di congruenza tra l’adattamento italiano ed il doppiaggio inglese. All’inizio del gioco, ad esempio, gli abitanti del villaggio sono identificati dai testi come parenti di Alphe; nel doppiaggio, invece, soltanto la madre viene considerata un membro della famiglia di Alphe, mentre gli altri no. Non sappiamo a cosa sia dovuta questa incongruenza, ma ci ha lasciati straniti in certe occasioni: probabile che sia legata al fatto che l'italiano, come di solito accade, sia stato localizzato dal giapponese, mentre l'inglese si prende le sue "licenze poetiche".

Come di consueto, l’avventura viene raccontata da una voce narrante, che per la prima volta è una voce femminile, data da Carin Gilfry. Abbiamo apprezzato molto la sua narrazione, che per tono si mette un po’ a metà tra le due precedenti in termini di serietà.

Passando oltre, sul fronte tecnico il gioco non presenta novità di sorta rispetto ai predecessori. Rimane la stessa estetica da gioco da tavolo, dove a farla da padrone sono le illustrazioni delle carte. Fortunatamente, il character design di Kimihiko Fujisaka è ancora ottimo, e i personaggi e le creature del mondo rimangono impressi nella memoria grazie al suo peculiare stile di disegno.

Lo stesso discorso vale per la colonna sonora, ancora firmata da Keiichi Okabe, Oliver Good e Shotaro Seo; le tracce sono tutte molto d'atmosfera, e riescono a rendere perfettamente l’idea di trovarsi all’interno di una fiaba.

Avventure da tavolo, ancora una volta

Se avete letto almeno una delle nostre recensioni dedicate ai precedenti capitoli, ormai sapete cosa aspettarvi da The Beasts of  Burden. Il gioco, infatti, riprende sostanzialmente il gameplay dei due episodi passati, introducendo qualche piccola novità che non va però ad incidere sull’impianto generale.

Per farvela breve, in caso non sapeste di cosa stiamo parlando, Voice of Cards è una serie di JRPG classici con scontri a turni, camuffata però da gioco da tavolo. Anziché muovere i nostri personaggi in un overworld bidimensionale o tridimensionale, muoveremo una pedina su delle carte che costituiscono l’ambientazione; anche le battaglie sono realizzate attraverso l’utilizzo delle carte, proprio come in alcuni giochi da tavolo (se invece cercate qualcosa di completamente classico, trovate il recente Live a Live su Amazon).

Per quanto riguarda il battle system, anche questo è rimasto invariato. Ad ogni turno, avremo a disposizione delle carte da utilizzare per ciascun nostro personaggio coinvolto nella battaglia. Alcune abilità richiedono il consumo di cristalli per essere utilizzate: di norma, ne accumuleremo uno alla fine di ogni turno, dunque dovremo decidere parsimoniosamente come utilizzarli.

Ci sono delle abilità che, per confermare la loro riuscita e valutare la loro efficacia, richiedono il tiro virtuale di un d6 o un d10. Non manca poi un sistema di danni elementali: ogni creatura ha debolezze e resistenze verso certi elementi, ed apprendere questi dettagli può essere fondamentale per la buona riuscita di una battaglia, soprattutto nelle fasi finali del gioco.

Fin qui, niente di nuovo. L’unica, vera novità rispetto ai predecessori è data dalla possibilità di catturare i mostri. Questa nuova meccanica ci permetterà di trasformare i mostri avversari in vere e proprie carte mostro, che potranno essere poi utilizzate nelle battaglie successive.

Ogni carta mostro ha effetti diversi, e si passa da attacchi devastanti a boost per le statistiche della squadra. Ci sono diversi modi per ottenere queste carte: a volte ci saranno semplicemente consegnate come ricompensa al termine di una battaglia, altre volte le troveremo nei forzieri e altre volte ancora potremo semplicemente acquistarle.

Ovviamente, la cosa migliore è ottenerne il più possibile; non soltanto per fini collezionistici, ma anche perché tra queste carte mostro ci sono alcune delle migliori mosse disponibili nel gioco.

A parte questo elemento, The Beasts of Burden non presenta altre novità rispetto ai primi due episodi. Il che è francamente un peccato, perché questa serie avrebbe bisogno di fare evolvere la formula di base, che pure è molto buona.

Ad esempio, sarebbe stato interessante introdurre una vera e propria meccanica di gioco per la cattura dei mostri, piuttosto che offrirli come ricompensa a fine battaglia; o ancora, avrebbe avuto un maggiore impatto a livello di gameplay la possibilità di evocare i mostri catturati, e magari poterli utilizzare direttamente in battaglia, anziché renderli semplicemente una mossa come altre.

Non fraintendiamoci: The Beasts of Burden ci è piaciuto. Si tratta di un’avventura intrigante, che riesce senza problemi a tenere l’attenzione e a divertire nelle sue otto ore circa di durata. Il punto è che, se è pur vero che la serie rappresenta un concept piuttosto unico e dunque la formula non è ancora diventata stantia, ci sarebbe comunque piaciuto vedere qualche novità, anche piccola.

Quanto ancora può andare avanti la serie senza portare sul tavolo niente di nuovo? La nostra speranza è che il team di sviluppo di decida a portare nuove elementi prima di far arrivare ad una sensazione di stanchezza verso la serie.

Versione recensita: PS4

Voto Recensione di Voice of Cards: The Beasts of Burden - Recensione


7.8

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Storia intrigante

  • Battle system ancora divertente

  • Splendido character design

Contro

  • Mancanza di reali novità

Commento

Voice of Cards: The Beasts of Burden porta avanti la serie senza introdurre alcuna novità degna di nota. La possibilità di catturare i mostri ed utilizzarli come carte è interessante, ma il modo in cui è stata implementata la rende poco incisiva sulla formula di gioco. Fortunatamente, il fatto che il concept sia piuttosto unico nel panorama videoludico e la presenza di una buona storia riescono a rendere anche quest'avventura un'esperienza valida per tutti gli amanti dei giochi di ruolo. Speriamo solo che la serie sappia evolversi prima che sia troppo tardi.
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