Zelda: Sykward Sword è il capitolo che tutti amano e odiano, ma perché?

L'abbiamo amato e l'abbiamo odiato, ma dopo dieci anni è tempo di dargli una seconda possibilità.

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a cura di Valentino Cinefra

Staff Writer

Se siete giocatori di vecchia data, probabilmente ricorderete che all’uscita di The Legend of Zelda: Skyward Sword su Wii ci furono parecchie controversie. Da un lato la console Nintendo che riusciva a fatica a contenere il nuovo capitolo della saga dal punto di visto tecnico, e dall’altro avevamo un gameplay che rivoluzionava molto di quello che i fan di Zelda erano abituati ad amare, a volte riuscendo e a volte fallendo.

Insomma si parla molto di Skyward Sword come del capitolo della serie che più ha fatto discutere, che ha “costretto” Nintendo a rivedere le proprie idee su come rielaborare la natura di una delle sue saghe più rappresentative. Ma, se doveste provare a ricordare la media dei voti ricevuti all’epoca, che punteggio vi viene in mente? Suppongo, di sicuro non un sonoro 93 di Metacritic.

The Legend of Zelda Skyward Sword: amore e odio

Perché la situazione curiosa di Skyward Sword è che sebbene nell’ottica della saga di Zelda sia probabilmente uno dei più controversi, peggiore in alcuni aspetti come l’eccessiva linearità e un backtracking troppo marcato, dall’alto vibra nell’alto dei cieli (è proprio il caso di dirlo) in altri, come la rottura della classica struttura di otto dungeon, un worldbuilding strepitoso e la volontà di raccontare le origini della Spada Suprema, simbolo della saga. La rappresentazione videoludica dell’amore/odio per eccellenza.

Visto che a breve uscirà The Legend of Zelda: Skyward Sword HD per Nintendo Switch, che si porta già dietro la sua dose di polemiche tra una politica di prezzo sicuramente discutibile e il famigerato amiibo di Zelda e Solcanubi che fornisce una funzionalità quality of life, ho voluto raccogliere alcune curiosità, dettagli e piccole analisi su questo episodio così singolare della saga.

In questo senso Skyward Sword HD ritorna in un momento molto particolare. Quello di Zelda è un marchio ormai paragonabile a tutti gli altri di Nintendo, uscito dalla sua nicchia e diventato uno dei simboli della Casa di Kyoto anche al di fuori dei suoi appassionati. Dopo Breath of the Wild, che ha riscritto completamente i canoni degli open world, giocare a questo singolare episodio per Wii sarà senz’altro un’esperienza particolare. Curiosa per i neofiti, e accademica per chi non se lo ricorda bene, per chi l’ha giocato oppure per chi non l’ha finito all’epoca magari per via dei controlli di movimento imprecisi. Perché, tra amore e odio, c’è tanto da dire e sapere su Skyward Sword.

Sei cuori invece di tre

Insieme alla Spada Suprema e la Triforza, i tre cuoricini che rappresentano la forza vitale di inizio avventura sono tra i simboli dell’iconografia di Zelda. In Skyward Sword non erano più tre, ma sei. Non per la volontà di accogliere i casual gamer di Wii, ma per decise questioni di game design.

L’intenzione degli sviluppatori era dare dinamismo e aumentare il livello di sfida dell’esperienza, che era andato diminuendo negli ultimi episodi. Skyward Sword si concentrava molto sull’abilità del giocatore nel combattimento, e ciò obbligava ad avere un confronto continuo con tutti quegli elementi che in altri episodi erano facilmente evitabili.

Visto che il giocatore doveva imparare in fretta che non bastava agitare il Wiimote a casaccio, si scelse di far cominciare il gioco con sei cuori anziché tre, così da fornire un supporto alla curva d’apprendimento più ripida.

Tre zone anziché otto dungeon

The Legend of Zelda: Ocarina of Time è stato uno dei videogiochi più importanti della storia del medium, e contemporaneamente una ingombrante presenza per chi si è ritrovato a lavorare su un episodio della saga dopo di questo. Da un lato per la volontà di doversi confrontare con un capolavoro immortale, dall’altra la necessità di non dover abbandonare quegli elementi vincenti ma, allo stesso tempo, provare a cambiare qualcosa.

Tutti i videogiochi di Zelda hanno sofferto, per un motivo o per un altro, di complessi di inferiorità, e proprio per questo Skyward Sword aveva il compito di iniziare un processo di rinnovamento. In primis rompendo quello schema classico degli otto dungeon da affrontare per completare l’avventura.

C’erano solo tre mondi da visitare: il bosco, il vulcano e il deserto. Ognuno di questi, però, doveva essere visitato più volte per poter completare effettivamente la sezione di gioco ad essi collegata. I dungeon erano piccoli e semplici, ma c’erano una serie di sfide intorno ad essi che aumentavano comunque il tempo in cui bisognava rimanere ad esplorare, facendo sì che il giocatore non percepisse di stare davanti a templi di scarso contenuto. Gli iconici oggetti si ottenevano fuori dai dungeon, ma senza di essi non si poteva andare avanti nel dungeon della zona in cui si trovavano.

Un esperimento sicuramente rischioso, riuscito ma non completamente, perché la sensazione di backtracking inutile a volte si faceva sentire, e più che dare nuove possibilità di gioco offriva la percezione di essere costretti a dover fare esattamente una cosa sola e nient’altro per andare avanti. Il prezzo da pagare per essere riusciti a sviluppare un’intera avventura con soli tre mondi disponibili.

La musica è stata, da sempre, un elemento fondamentale per la saga di The Legend of Zelda. La storia di come Koji Kondo ha dovuto rielaborare al volo il main theme del primo capitolo è ormai leggenda, ma è con Skyward Sword che per la prima volta si abbandonarono i suoni campionati per comporre una colonna sonora completamente orchestrata. Oggi è quasi una banalità per ogni videogioco, dai più piccoli ai più grandi, ma dovete pensare che stiamo parlando di un titolo di dieci anni fa.

In Twilight Princess c’erano degli elementi orchestrati, ma la colonna sonora fu composta internamente negli studi di Tokyo di Nintendo. In questo caso la volontà era di dare al gioco una forte impronta narrativa, di espressività ed emotività. La colonna sonora venne pensata per avere brani dall’importanza enorme, come la ballata della dea che suonava Zelda con la lira (lo stesso strumento che aveva come Sheik in Ocarina of Time), così come la melodia dell’eroe, e il fatto che Link avesse per la prima volta un tema musicale tutto suo.

Le canzoni erano di Hajime Wakai, già compositore di The Wind Waker, e Koji Kondo si occupò di un singolo brano che si ascolta all’inizio del gioco, quello che fa da accompagnamento alla spiegazione del background narrativo del mondo di gioco. Da questo, poi, nacque anche la volontà di Nintendo di partire con la splendida tournée di concerti di Symphony of the Goddesses.

I Wiimote stavano per non essere utilizzati

L’elemento che più contraddistingue l’odio verso Skyward Sword è sicuramente il Wiimote. Croce e delizia della console dei miracoli di Nintendo, che è stata anche al centro di una delle presentazioni dell’E3 più famigerate della Casa di Kyoto, non era neanche inizialmente previsto fosse centrale nello schema di comandi.

Quando iniziò lo sviluppo del gioco, Nintendo stava già lavorando a Wii MotionPlus, che doveva migliorare sensibilmente l’esperienza di gioco con i sensori di movimento. Gli Zelda sono stati da sempre caratterizzati dalla volontà di rappresentare anche uno showcase tecnico della console in cui girano, sfruttando a pieno quelle che sono tutte le caratteristiche della macchina da gioco, e quindi bisognava capire se e come inserire i sensori di movimento in Zelda. Perché quelli di Twilight Princess, postumi ed opzionali, non erano sicuramente la soluzione più elegante.

Skyward Sword doveva rappresentare un punto di svolta, perché la formula di gioco con “gli stessi puzzle e gli stessi otto dungeon”, per citare Shigeru Miyamoto, cominciava ad essere troppo ripetitiva. All’inizio non si volevano inserire i sensori di movimento, ma in un gioco che raccontava la genesi della spada c’era anche la golosa opportunità di poter sfruttare una periferica che emulasse 1:1 l’esperienza di uno spadaccino.

Così Fujibayashi (direttore del progetto scelto da Aonuma, che già aveva lavorato a The Minish Cap) propose da subito un documento di design che contemplasse fin da subito Wii Motion Plus. Aonuma lo scartò, perché la facilità di giocare a Wii Sports non era paragonabile a quella di un’avventura in cui bisognava gestire archi, frecce, bombe e una serie di altre azioni dinamiche. Quando i programmatori erano pronti a realizzare tutti i movimenti e le animazioni, pensate per i controlli standard, fu di nuovo Aonuma a cambiare idea.

Proprio perché Nintendo aveva puntato su un sistema che potesse emulare una serie di azioni come mai si era visto prima nella storia del gaming, uno Zelda non si poteva lasciare sfuggire questa occasione. Così il Wiimote fu centrale nell’esperienza di gioco, che da un lato riuscì a “liberare” il pulsante A per l’attacco dando un nuovo input per utilizzare vari oggetti, ma dall’altro non restituì quella precisione 1:1 nei movimenti che prometteva e andò ad impattare in maniera parzialmente negativa sull’esperienza di gioco. Con i Joy-Con le cose potrebbero essere migliori, lo vedremo.

Tra i dogmi di The Legend of Zelda c’è sempre stato il fatto che Link fosse mancino, almeno fino a Twilight Princess. Nell’avventura uscita a cavallo tra l’epoca Gamecube e Wii, per dare alla maggior parte dei giocatori la giusta confidenza con il gioco, la versione Wii del titolo era completamente specchiata così da non creare confusione in chi impugnava il Wiimote.

Un elemento postumo vista la natura cross-generazionale della produzione, mentre da Skyward Sword in poi Link è diventato destrimano – necessità ancora più importante visto che il concept del gioco ruota tutto intorno al Wiimote. Nel gioco tutte le azioni erano incentrate sull’utilizzo della periferica, e in alcuni casi bisognava compiere anche dei disegni in aria o tracciare delle figure, e un Link mancino avrebbe creato una dissonanza e quindi difficoltà nel percepire la gestione del movimento stesso.

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I Solcanubi esistono davvero

I Solcanubi sono le creature che accompagnano gli abitanti di Oltrenuvola, che usano per vivere, viaggiare o combattere. Sono nati come strumenti di viaggio nel game design del titolo, che propone un hub centrale da cui il giocatore possa muoversi come vuole per l’avventura principale oppure esplorare i segreti in cielo. Sono volatili bizzarri, coloratissimi (quello di Link è rosso), grossi e dall’aspetto strano, ed esistono davvero.

Il pennuto al quale il team di sviluppo si è ispirato nella creazione dei Solcanubi è il Balaeniceps Rex, comunemente noto come becco a scarpa. Un grande uccello pelecaniforme, il cui nome deriva dal grande becco che somiglia vagamente alla forma di una scarpa, neanche a dirlo. Vivono nell’est dell’Africa, nelle paludi del Sudan o della Zambia, e sfortunatamente non sono coloratissimi come quelli di Skyward Sword perché i colori del piumaggio variano dal grigio cenere al marroncino.

Ma che significa “Skyward Sword”, poi?

Parallelamente al discorso su Wiimote e spada, è interessante notare come si sia arrivati alla genesi di questo strano titolo, legato curiosamente ancora una volta al gameplay: Skyward Sword.

Una delle azioni più significative del gioco è il taglio divino, dove Link alzava la spada in alto per raccogliere energia dalla luce che poi poteva lanciare contro i nemici, e per risolvere dei puzzle. L’integrazione di questa meccanica, però, fece venire i proverbiali sorci verdi ai programmatori, che inizialmente non sapevano come poterla ricreare in termini pratici. Fu Miyamoto a sbloccare questo stallo, con una delle sue intuizioni.

In una telefonata notturna con Fujibayashi, il game designer gli spiegò che la spada dovesse rimanere in aria. Così il giocatore avrebbe avuto un feedback chiaro sul fatto che stesse caricando energia, per poi poterla lanciare. Da questa idea nacque la dinamica di gioco più particolare di tutta l’avventura, ma anche un modo per giustificarla in termini narrativi: “Skyward Sword”, la spada protetta dal cielo ("sky" = cielo; "ward" = proteggere).

Faih, la spada noiosa

Uno degli elementi più famigerati di Skyward Sword è sicuramente Faih. O meglio, il personaggio in sé è importante, adorabile e anche piacevole, perché diventerà lo spirito che forgerà la Spada Suprema, il problema era ciò che Faih rappresentava.

Nell’ottica già esposta di creare un episodio narrativamente più empatico e complesso della saga, serviva qualcuno che accompagnasse il racconto e facesse da contraltare all’iconico mutismo di Link. Quella che doveva essere una compagna di viaggio e narratrice per il giocatore si trasformò, però, in uno dei peggiori comprimari che i The Legend of Zelda abbiano mai avuto. Talmente tanto che nella versione rimasterizzata per Nintendo Switch uno degli update alla qualità della vita sarà proprio la possibilità di eliminare, o limitare, i suoi interventi.

Faih interrompeva troppe volte il giocatore con spiegazioni che non servivano, o erano delle semplici ripetizioni di qualcosa che era stato spiegato anche qualche minuto prima. Nintendo aveva paura che le tante novità nel sistema di controllo di Skyward Sword potessero risultare indigeste ai giocatori, facendoli quindi desistere nel proseguimento, ma creò una situazione decisamente stressante e fastidiosa con i continui interventi della povera Faih.

Prequel di tutta la saga

The Legend of Zelda: Skyward Sword oltre ad avere il compito di svecchiare la formula ludica della serie si prefiggeva l’obiettivo, forse ancora più complesso, di fungere da prequel totale degli Zelda, facendo diventare The Legend of Zelda una saga nel senso più accademico del termine. Percorso iniziato timidamente con Wind Waker e l’introduzione del concetto per cui l’Eroe del Tempo è un avatar reiterativo nella storia, e arrivato al culmine proprio con questo episodio per Wii.

Zelda qui è la reincarnazione della dea Hylia, che salvò i sopravvissuti della catastrofe del mondo portandoli in cielo e creando una barriera di nubi per proteggere l’umanità dal male. In Skyward Sword non si narrava solamente l’origine della Spada Suprema, ma di tutta quell’iconografia, personaggi e oggetti che hanno sempre fatto parte di The Legend of Zelda. La Triforza, il trittico Link-Zelda-Ganon, i rapporti delle divinità con il mondo, e tutto il tessuto narrativo che porterà agli eventi di Ocarina of Time, con il castello del Regno di Hyrule costruito a protezione della Triforza stessa.

Un episodio importantissimo per quella che è la lore di Zelda, e che viene apertamente citato anche nei trailer del sequel di Breath of the Wild che, come suggerivo nell’analisi di qualche settimana fa, potrebbe rappresentare anche qualcosa di più di una semplice citazione.

Il suo “fallimento” ha permesso di avere Breath of the Wild

Skyward Sword è il capitolo più discusso della serie di The Legend of Zelda, all’epoca creò una divisione anche tra gli stessi fan, e ancora oggi si tratta di una produzione su cui si dibatte molto. Tra luci ed ombre, l’avventura di Oltrenuvola dei nostri eroi non fu un fallimento vero e proprio, ma di certo non viene citata per prima quando si tirano in ballo i proverbiali best of.

Ma il suo fallimento ha reso possibile la magnificenza di Breath of the Wild.

In primis perché la reazione scostante del pubblico fu l’ultimo scossone che servì a Nintendo per capire che bisognava fare qualcosa per la serie, dei cambiamenti ad una formula che ormai era troppo uguale a sé stessa. Ma, soprattutto con il senno di poi, c’era già molto del capolavoro Wii U/Switch nel decisamente meno capolavoro per Wii.

Gli oggetti che potevano interagire in maniera inedita con l’ambiente erano le iterazioni antesignane di come Breath of the Wild gestisce la fisica di gioco. Il combattimento come un puzzle da risolvere è qualcosa che avremmo ritrovato poi nel 2017 con le interazioni ambientali, e la possibilità di “giocare” con i nemici disarmandoli, creando trappole e sperimentando negli assalti. Il progressivo deterioramento dell’equipaggiamento, e la barra della resistenza come elemento di gestione del combattimento e delle dinamiche esplorative e di azione sono due elementi che, potenziati e migliorati, sono tornati sempre nel titolo per Wii U e Switch.

L’estetica tra il cartoon e l’impressionismo, l’idea di libertà, il primo tuffo nel vuoto che non può non essere paragonato alla prima uscita di Link dal Santuario della Rinascita.

Seppur con i suoi problemi, le cose che abbiamo odiato, l’eccessiva sperimentazione e il cambio di approccio nel gameplay in corsa, come giocatori dobbiamo inaspettatamente tanto a Skyward Sword.

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