Sono passati quindici anni da Fallout: New Vegas. Quindici anni da quando il volto sardonico di un robot Securitron apparve sui nostri schermi, parlandoci di una città scintillante in mezzo al deserto nucleare.
Quindici anni da quando siamo stati lasciati in una fossa poco profonda, con un proiettile in testa e un'unica domanda a tormentarci: perché è capitato a noi?
Nonostante tre lustri, il videogioco di Obsidian e Bethesda è ancora considerato il miglior capitolo dell'intero franchise, tanto da ispirare fortemente anche la seconda stagione di Fallout su Amazon Prime in arrivo a dicembre.
Ma perché? Cosa rende questo "spin-off", sviluppato in soli 18 mesi da Obsidian Entertainment su un motore grafico già datato all'epoca, un capolavoro così duraturo? E la risposta è quella che dovrebbero cercare tutti gli sviluppatori, perché non risiede nella sua grafica, né nella vastità della sua mappa o nella fluidità del suo combattimento.
Risiede nella sua anima che privilegia la scelta, le conseguenze e una scrittura matura sopra ogni altra cosa.
Il tocco di Obsidian
Per comprendere la grandezza di New Vegas, è fondamentale fare un passo indietro e capire chi lo ha sviluppato (che è anche il perché si dimostra così amato). Obsidian Entertainment era, ed è tuttora, l'erede spirituale di Black Isle Studios, i padri fondatori della serie Fallout.
Figure chiave come Josh Sawyer e Chris Avellone non erano semplici sviluppatori che approcciavano un franchise famoso; erano gli ideatori originali originali.
Mentre Fallout 3 di Bethesda era una brillante reinvenzione della serie in chiave moderna, un'epica esplorativa in prima persona che catturava la desolazione della sopravvivenza, New Vegas era qualcos'altro. New Vegas ci chiedeva: "Chi vuoi essere in questo nuovo mondo e quale società vuoi costruire?".
È questa la differenza cruciale: la costruzione di una società. Il Deserto del Mojave non è stato semplicemente un parco a tema post-apocalittico pieno di rovine da saccheggiare. Ma bensì un crogiolo di ideologie.
Da una parte, la Repubblica della Nuova California (RNC), un colosso burocratico che rappresentava una democrazia imperfetta, espansionista e logorata dalla guerra.
Dall'altra, la Legione di Caesar, una terrificante macchina da guerra basata sulla schiavitù e su un'interpretazione perversa della filosofia romana, che offre ordine e stabilità al prezzo della libertà individuale. In mezzo, l'enigmatico e calcolatore Mr. House, un capitalista pre-bellico che governava la sua New Vegas con un pugno di ferro e una visione autocratica del progresso.
Quello che davvero ha fatto la differenza è che nessuna di queste scelte era davvero "buona" o "cattiva" nel senso classico. Ogni fazione, infatti, aveva lati oscuri da osservare: La RNC era per esempio corrotta e inefficiente, ma rappresentava ideali di libertà e giustizia.
La Legione, sì, era brutale e misogina, ma le sue strade erano sicure e il suo popolo unito da uno scopo.
Mr. House prometteva un futuro radioso, ma al costo del libero arbitrio. New Vegas ha sempre rifiutato la facile moralità. Ci costringeva a sporcarci le mani, a valutare i compromessi, a scegliere il "male minore" secondo la nostra personale etica.
Questa complessità, questa ambiguità morale, è stata l'anima del gioco. È il motivo per cui, a distanza di anni, i forum sono ancora pieni di dibattiti su quale fazione abbia davvero "ragione".
La verità è che non ce n'è una (e mai ci sarà). La ragione è quella che il giocatore decide di imporre al Mojave.
Le possibilità della scelta
A ogni modo è sempre importante ribadire che questa superba impalcatura narrativa sarebbe crollata senza meccaniche di gioco di ruolo a sostenerla.
Qua Obsidian ha dato il meglio di sé. Il sistema di abilità e perk, revisionato rispetto a Fallout 3, era uno strumento per interagire con il mondo e plasmare la narrazione.
Avere un alto punteggio in "Scienza" non significava solo poter hackerare terminali più difficili; significa poter discutere di fisica con un seguace dell'Apocalisse, riprogrammare un robot per evitare uno scontro o trovare una soluzione scientifica a un problema che altri risolverebbero con la violenza. Tutto ciò che nel gioco di Bethesda, mancava o comunque era fortemente limitata.
Questo è ciò che rendeva New Vegas davvero diverso: non era tanto il concetto dell'andare ovunque, ma la libertà di essere chiunque. Un medico, un diplomatico, un ingegnere, un sabotatore, un assassino. Il gioco riconosceva e premiava ogni stile di gioco con dialoghi e risultati che ancora oggi fanno molto sorridere.
Un'altra differenza netta rispetto a Fallout 3 era il sistema di Karma. La Reputazione era specifica per ogni fazione e insediamento. Potevamo essere un eroe per la gente di Novac, un nemico giurato per la Legione, un partner commerciale rispettato dai Gun Runners e un perfetto sconosciuto per i Boomers.
Le nostre azioni avevano conseguenze localizzate e tangibili. Per farvi un esempio, salvare una città ci rendeva un santo ai loro occhi, ma poteva inimicarci una fazione rivale.
Questo creava un mondo dinamico che reagiva in modo credibile alle nostre scelte, tessendo una rete complessa di alleanze e inimicizie che rendeva ogni run unica. Ed è per questo motivo che oggi, ancora ci giochiamo senza annoiarci.
Anche i compagni erano di tutt'altra caratura rispetto al passato. Lungi dall'essere semplici muli da soma o torrette semoventi, i compagni di New Vegas erano tra i personaggi meglio scritti nel franchise.
Persino i DLC furono molto amati e apprezzati. Dead Money aveva un'atmosfera da survival horror che esplorava l'ossessione e la difficoltà di "lasciar andare".
Honest Hearts era invece qualcosa di diverso: un'avventura tribale che meditava sulla fede, la redenzione e la natura della guerra attraverso la figura indimenticabile di Joshua Graham, l'Uomo Bruciato.
La mia preferita era Old World Blue, che sembrava quasi una commedia fantascientifica folle che, tra risate e dialoghi surreali, svelava retroscena cruciali sulla tecnologia pre-bellica.
Un titolo imperfetto, ma unico
Certo, New Vegas non è perfetto. Al momento del lancio era afflitto da bug, crash e problemi tecnici che ne minavano l'esperienza.
Il motore Gamebryo mostrava tutti i suoi anni, con animazioni legnose e un mondo visivamente meno impressionante di altri titoli dell'epoca.
Anche il combat system, sebbene migliorato rispetto a Fallout 3, rimaneva funzionale ma non eccezionale. Eppure, la forza del suo design, la profondità della sua scrittura e la libertà concessa al giocatore erano così travolgenti da far passare in secondo piano questi difetti.
Per fortuna, la community di modding, ancora oggi attivissima, è la testimonianza più grande della qualità intrinseca del gioco: i fan non hanno abbandonato il Mojave, ma hanno passato quindici anni a lucidarlo, espanderlo e preservarlo.
Oggi, quindici anni dopo, il mondo dei GDR è molto cambiato. Abbiamo mondi più grandi, una componente visiva drasticamente migliorata e combattimenti infinitamente più complessi.
Tuttavia, anceh solo ripensando anche solo a Fallout 4 o Fallout 76, alla fine torniamo sempre lì, nel deserto del Mojave. Torniamo perché Fallout: New Vegas ci ricorda cosa significa veramente "gioco di ruolo".
Oggi alcuni considerano GDR semplicemente il concetto di accumulare bottino o esplorare ogni anfratto della mappa. In realtà, si è sempre trattato di altro: di impersonare per l'appunto un ruolo, di fare scelte difficili e di vedere un mondo reagire in maniera importante come abbiamo visto in Avowed, Baldur's Gate 3 o Kingdom Come Deliverance 2.
Fallout: New Vegas non è solo il miglior Fallout di sempre. È, per quanto mi riguarda una pietra miliare del suo genere, un'opera che ha sacrificato lo sfarzo tecnico sull'altare della profondità narrativa e della libertà di agire per il giocatore.
Onestamente mi auguro che il prossimo Fallout segua questo canovaccio, allontanandosi dalla forte centralità action del quarto capitolo. Fino a quel momento, possiamo provare a deliziarci con The Outer Worlds 2 che, nonostante tutto, proverà a intrattenerci nello stesso modo.