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Westworld

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a cura di YP

Pubblicato il 05/12/2016 alle 00:00

Importante: quest’articolo non contiene nessun tipo di spoiler, leggetelo pure serenamente, sia nel caso in cui vogliate iniziare la visione oggi, sia nel caso in cui vi manchi solo il season finale andato in onda ieri.
È stato un percorso lungo, contorto ed emozionante quello che la nuova serie prodotta da HBO ha tracciato per il suo pubblico nel corso di queste dieci puntate: Westworld
entra di diritto nell’olimpo dei serial migliori di sempre, riuscendo a ribaltare, smentire e tradire ogni più rosea aspettativa, consegnando al mondo quello che di fatto è un capolavoro della serialità moderna destinato a fare scuola per anni a venire. Raccontare come questo show sia unico nel suo genere, credetemi, non è compito facile: WW è una di quelle esperienze da vivere a mente e cuore aperto, puntata dopo puntata, facendosi avvolgere da quella fitta nebbia di misteri che circonda l’intera narrazione; ma non solo: scelte registiche eleganti e straordinariamente efficaci unite ad una recitazione che in alcuni momenti tocca climax pazzeschi, vi trascineranno nell’abisso del “ne voglio ancora”, quel sentimento viscerale che affligge ogni appassionato e che contagerà piano piano anche l’amico seduto di fianco a voi. Ciò che accade nell’avveniristico parco a tema gestito dall’eccentrico e misterioso Dottor Ford è quindi una perla di rara bellezza, un’odissea all’interno della mente umana unica nel suo genere, che riesce a trasformare la sua infinita ambizione in una storia completa, quadrata, ma al contempo ricca di sfaccettature.
Un Cammino per ognuno di noi
Se qualcuno di voi non ha ancora iniziato la serie, è bene specificare che Westworld non è il prodotto adatto a chi vuole stendersi sul divano e spegnere il cervello dopo una giornata di lavoro, anzi, è tutt’altro: le sapienti mani di J.Nolan e Lisa Joy sono come le grosse e temibili zampe di un ragno, che ad ogni episodio tessono la loro tela, confondendovi ed  intrappolandovi in un labirinto di ipotesi e ragionamenti dal quale non sembra esserci via d’uscita, ma che in realtà si dimostrerà onesto e tutto sommato semplice da comprendere ed assimilare. Il più grosso merito di Westworld è infatti quello di giocare apertamente con il cervello dello spettatore, raccontando diverse storie contemporaneamente che non sembrano aver un qualche senso comune, ma che ad ogni minuto che scorre sembreranno in realtà essere parte di  un unico grande disegno. Giocare con il mistero è abbastanza facile, un mezzo comune per attirare l’attenzione e costringere chi guarda a non staccarsi dallo schermo, sfruttando anche e soprattutto il fattore tempo, che non farà altro che alimentare il fuoco nello stomaco degli appassionati, obbligando chiunque a parlare di te, della tua storia,  in maniera insistente. Lo abbiamo fatto tutti: ci siamo confrontati con gli amici, con altri utenti di uno tanti forum sparsi per il web; abbiamo convinto il nostro miglior amico a guardare la serie perché, fidati, “ti brucerà letteralmente il cervello”. Ma oltre a questo deve esserci altro, e il salotto Illuminato di sceneggiatori e produttori che hanno partecipato al processo creativo di Westworld lo sanno bene: la peculiarità dello show risiede infatti nella capacità di toccare diversi argomenti, più o meno impegnativi, e di riunirli sotto un’unica sfera di pensiero che non è nient’altro che il filo conduttore ed il motore che spingerà i protagonisti a compiere questa o quest’altra azione. Disseminare il sentiero di dubbi ed incertezze però genera un’altra enorme responsabilità: le risposte. Se in passato siamo stati abituati, per esempio, a Lost, che nonostante la sua magnificenza è caduto diverse volte nella trappola del plot hole (buco di sceneggiatura), Westworld non ci prenderà in giro: ogni narrativa avrà il suo inizio, la sua fine, la sua spiegazione; giocare con il fuoco può voler dire bruciarsi, azzardare troppo nella complessità e nella grandezza di una sceneggiatura può voler dire inciampare sul più bello. Qui invece no: la serie costruisce, smantella, confonde, ricostruisce, ma alla fine il cerchio si chiude, dimostrando una maturità di scrittura mai vista prima in composizioni narrative di questa portata, ed un’onesta verso lo spettatore più unica che rara.
Il Labirinto della mente
Coscienza, ricordi, amore, odio e dolore saranno tema centrale di tutte le vicende che si svolgeranno all’interno e tutto attorno al parco, ma non solo: dietro ad ogni grande storia, devono necessariamente esserci grandi interpreti, altrimenti sarebbe solamente tutto un grosso castello di carte, pronto a cadere al minimo errore.
Creare un serial che racconti la storia di androidi senzienti, mette di fronte a scelte di cast difficili: interpretare un robot ma riuscire comunque a comunicare ed emozionare non è compito semplice, perlopiù se il cast è numericamente molto ricco e composto da personaggi che a loro modo sono tutti fondamentali. Allora come non citare Ed Harris, Evan Rachel Wood, Thandie Newton, Jeffrey Wright, Jimmi Simpson ed il monumentale Anthony Hopkins, di cui si sentiva davvero la mancanza. Westworld è principalmente dialoghi, disseminati di indizi talvolta espliciti ma il più delle volte impliciti: uno sguardo, un momento di sofferenza, un sospiro; è tutto parte di un racconto straordinariamente scritto e magistralmente interpretato. Non a caso molte frasi sono già indelebili citazioni, che andranno a far compagnia al Not Penny’s Boat di Lost, oppure all’evergreen Fire Walk With Me di Twin Peaks. Insomma WW è uno di quei serial che riguarderesti solo per cogliere le sfumature nell’espressione di uno dei tanti dialoghi e monologhi dei protagonisti; uno di quei serial che vorresti rivedere solamente per farti venire i brividi ancora e ancora ogni qual volta Ford e MiB si incontrano nel Saloon.

Westworld rappresenta l’apice di quel genere di serialità iniziato con Twin Peaks e proseguito con Lost: storie che fanno dell’emozione e dell’infinito mistero il loro punta di forza, senza mai dimenticare la qualità della messa in scena e l’importanza dell’interpretazione. A differenza loro però è quadrata, onesta, completa: un serial bellissimo che si divertirà a strapazzare il cervello dello spettatore, confondendolo, talvolta spiazzandolo, senza però dimenticarsi di dare le giuste risposte e di chiudere il cerchio di una narrazione che parte lenta ma che cresce di puntata in puntata, culminando con un season finale al quale la parola perfetto rischia di stare un po’ stretta. HBO sforna l’ennesimo prodotto di incredibile fattura, che si candida prepotentemente al trono di serie Cult del ventunesimo secolo.

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