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Social Media, Videogiochi e Death Stranding: La Spina Dorsale del Restar Connessi

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a cura di Redazione SpazioGames

Pubblicato il 26/02/2018 alle 00:00

Articolo a cura di Michelangelo “SnakePleesken07” De Cesare

Dall’alba dei tempi il progresso umano è stato contraddistinto dal superamento di barriere, distanze fisiche distinte tra il pensare qualcosa e poterlo mettere in pratica. Significativo è stato l’avvicinamento fra le persone, il raggrupparsi dietro vessilli comuni in nome di un unico scopo: i primi uomini si unirono in comunità per poter sopravvivere e progredire, e per oltre due millenni hanno cercato di espandere quel legame e restare sempre insieme.Un pezzettino alla volta, gradino dopo gradino, hanno dato alla luce idee e strumenti votati a quella volontà di poter restare vicini anche quando lontani; oggi tale inventiva ha raggiunto vette inimmaginabili fino a pochi anni fa, dando vita a  tecnologie fuori dal comune che stanno ridisegnando l’orizzonte della comunicazione: fra queste luci quella dello smartphone è quella che oggi brilla di più, accesa dell’intensità di tutte le altre che coadiuva al suo interno.Un oggetto così piccolo eppure così versatile, in grado non solo di comunicare ma, soprattutto, di connettere  persone agli antipodi, che siano essi distanze geografiche o culturali.La realtà contemporanea è sempre più soggetta all’influenza esercitata dalle possibilità dello smartphone e dai nuovi modi di comunicare dei social network e, di conseguenza, lo è anche il medium videoludico.Di recente Norman Reedus ha avuto modo di esprimersi su cosa potremo aspettarci dal prossimo lavoro di Hideo Kojima, quel Death Stranding di cui lo stesso attore americano sarà protagonista. Nelle sue dichiarazioni, la star di The Walking Dead ha fatto riferimento a come il gameplay del progetto di Kojima Productions sarà intimamente legato a elementi Social: in particolare, il buon Reedus ha posto l’accento sulla necessità di ristabilire i legami fra gli individui, di ritrovare quella connessione “fisica” che l’era della tecnologia e dei Social ha messo un po’ in secondo piano.

Conoscendo Kojima è evidente che per avere una fotografia più nitida riguardo ciò che rappresenterà Death Stranding è ancora troppo presto; quello che è certo, però, è che l’aspetto dei legami, intesi come connessioni, sarà la chiave di volta per la lettura dell’opera.Guardando a cosa offre oggi il panorama videoludico abbiamo già a disposizione esempi tangibili dell’ascendente che il mondo dei Social ha avuto sui videogiochi.Insieme è meglioNegli anni il peso della componente multiplayer e social ha guadagnato un peso sempre maggiore nelle scelte di game design che hanno guidato le ultime due generazioni videoludiche, consacrando nuove tipologie di gameplay fondate su questi principi. Basti pensare al filone dei MMO con i loro mondi persistenti perennemente “loggati”, in cui ogni giorno si ritrovano migliaia di giocatori attirati dal fascino magnetico di vere e proprie realtà parallele.

Differenti sono stati invece gli influssi dei social sugli aspetti del mero Single Player. Con GTA IV Rockstar aveva dato al suo protagonista Nico un pratico cellulare da usare come surrogato del classico menù di gioco. Sistema evoluto successivamente in Grand Theft Auto V, dove lo smartphone dei protagonisti diventa parte integrante del gameplay, trasformandosi nella piattaforma di comando per interagire con il mondo di gioco, i suoi Png e, soprattutto, gli altri giocatori nella componente online.Nella serie Ubisoft Watch Dogs, invece, lo smartphone diventa una vera e propria arma nelle mani del giocatore. Uno strumento di controllo sul mondo circostante, più affilato di una lama e più efficace di una pistola nell’economia di gioco. Come nelle nostre giornate “vere”, anche nell’esperienza offerta da questi titoli lo smartphone diventa  l’Hub del quotidiano, l’antenna che riceve e invia i nostri segnali a ciò che ci circonda, indifferentemente che si tratta di una parte del codice o che sia un altro giocatore.

La fama ti precede

Input che creano output quindi, legati al nostro account, al nostro nome e alla nostra immagine. Da questo presupposto prende forma la Web Reputation, ovvero l’insieme delle informazioni riguardo i singoli individui che circolano più o meno liberamente in rete. Si tratta di una carta d’identità digitale, costruita dalle nostre info e dalle nostre azioni precedenti, riepilogate e catalogate in bacheche virtuali dai nomi più disparati. Nei videogiochi il concetto di Web Reputation ha assunto svariate sfumature, andando a legare traguardi e successi ottenuti giocando con numeri, statistiche e trofei/obbiettivi cuciti addosso ai nostri alias di videoludici.Ma anche lato gameplay ci sono stati spunti concreti. Un esempio simpatico, oltre che recente, c’è lo offre South Park: Scontri Di-Retti, ultima iterazione videoludica dell’omonimo cartoon. Fra le attività proposte in questo gioco di ruolo figura anche la necessità di accrescere la fama del nostro alter ego, in un’irriverente e sconclusionata continua ricerca di nuovi followers a tutti i costi.Un’interpretazione satirica di un tema estremamente concreto quella offerta da questa produzione Ubisoft.Più canonica e pragmatica è invece quella proposta da Capcom con il nuovo Monster Hunter: sin dal primo titolo della saga rilasciato nel 2004, il gameplay di Monster Hunter è sempre stato basato sulla collaborazione fra i giocatori. In World vediamo la piena maturazione di questa linea di pensiero, con la possibilità per i giocatori di distribuire le proprie tessere del cacciatore (schede dettagliate che riassumono caratteristiche, equipaggiamento e grado dei giocatori), come fossero biglietti da visita o curricula; il fine è quello di espandere il network in cui si è già inseriti, presentandosi a nuovi giocatori e possibili alleati per la caccia con cui fare squadra.

Messaggi in bottiglia

A questo punto merita un cenno anche l’idea social che guida il cosiddetto multiplayer asincrono: ricevere aiuti indiretti, suggerimenti e indicazioni da altri mondi, connessi e sovrapposti fra loro allo stesso tempo. From Software e suoi Souls Like hanno realizzato da questo principio così affascinante e fugace una meccanica di interazione fra i giocatori che non solo sposa in pompa magna l’avvincente gameplay in cui viene calata, ma addirittura ne riscrive la struttura spingendo gli utenti a comunicare a distanza fra i mondi in cui si trovano. Un po’ come lanciare messaggi dietro uno specchio d’acqua dove viene riflesso qualcos’altro, una realtà simile ma non uguale a quella che ci circonda. Collaborazione espressa come condivisione della propria esperienza.Si tratta di quella stessa volontà di condivisione a cui accennavamo in apertura, ma significa anche comunicare con il mondo che ci circonda aprendo una finestra verso i nostri successi, sconfitte e sul resto delle nostre attività, letteralmente. Una tendenza portata in trionfo dalle nuove vie di comunicazione dei Social Network e accolta a braccia aperte dall’industria videoludica, che ha plasmato l’attuale generazione di console per renderle ready-to-share, sempre e comunque.

Se è vero che il panorama delle tecnologie attuali sta andando nella direzione dell’unificazione dei sistemi, è altrettanto vero che il legame fra Social e Videogiochi diventa ogni giorno più forte, stretto a doppia mandata dall’inossidabile binomio comunicazione-interazione; abbiamo passato in rassegna una manciata di esempi di questo vincolo, vedendo come il medium videoludico possa proporsi come estensione della definizione stessa di Social Media e come i servizi e le strutture che li reggono siano ormai un organo vitale per l’industria, tanto per gli addetto ai lavori quanto per i consumatori.

In attesa di vedere come Kojima-San sfrutterà le possibilità di questo connubio, l’augurio che ci diamo è quello di veder nascere dall’accoppiata Social (Comunicazione) Videogiochi (Interazione) soluzioni e proposte innovative, che si proiettino in un futuro di idee e generi freschi e il più possibile rivoluzionari.

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