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King Arthur: Il Potere della Spada

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Avatar di Marcello Paolillo

a cura di Marcello Paolillo

Editor-In-Chief

Pubblicato il 17/05/2017 alle 00:00

La leggenda di King Arthur è una di quelle che al cinema non stanca mai, specie considerando che la storia più o meno recente ha visto decine di interpretazioni più o meno valide della stessa storia – non solo al cinema, ma anche e soprattutto nella letteratura – in chiave più o meno fedele al mito d’appartenenza. Ora è il turno del regista Guy Ritchie, al quale è stato consentito di iniettare la sua consueta dose di Rock ‘n Roll e adrenalina a fiumi all’interno del mito di Excalibur. Il risultato? Un film visivamente straordinario.
Oltre la Leggenda
Ma andiamo per gradi: nel 2004 uscì nei cinema l’ennesimo film prodotto da Bruckheimer, quel King Arthur basato sulla sceneggiatura di David Franzoni (Il Gladiatore), ma che con un coraggioso colpo di coda snobbava completamente il mito originale, spostando le vicende nel 460 d.C. e proponendo di fatto un Artù al servizio di Roma, una Ginevra in stile guerriera amazzone e un Mago Merlino che di “stregone” aveva poco e niente. Il film si rivelò un flop al botteghino, tanto che non servì a nulla il notevole cast a disposizione del regista Antoine Fuqua – Keira Knightley e Clive Owen su tutti – per risollevare le sorti di una pellicola destinata a essere inquadrata come un “figlio minore” della ben più nota pellicola con protagonista Russell Crowe. Ora, gli anni sono trascorsi e il personaggio di Re Artù è stato congelato in attesa di trovare un giusto pretesto – anche e soprattutto commerciale – per fargli imbracciare nuovamente la leggendaria spada di Excalibur. Quel momento pare essere giunto nel momento in cui Guy Ritchie, regista dei due film dedicati allo Sherlock Holmes scanzonato e irriverente con protagonista Robert Downey Jr., ha deciso di portare nuovamente al cinema la leggenda del Re. Una leggenda, quella di King Arthur: Il Potere della Spada, dai tratti ancora più marcatamente pop rispetto a quanto visto con il trattamento riservato a Holmes e Watson. Il personaggio di Artù di Pendagron, interpretato dallo statuario Charlie Hunnam, ha l’aspetto di un bullo di periferia, molto scaltro nel riuscire a contrattare con loschi figuri e che non dice mai di no a una bella scazzottata tra guerrieri nerboruti. Proprio come si confa a un regnante al trono, dopotutto. E King Arthur: Il Potere della Spada è innanzitutto questo: un pugno in faccia a chi si aspetta la “solita” leggenda narrata con classe ed eleganza, piuttosto che un film adrenalinico che non si prende troppo sul serio e che strizza pesantemente l’occhio agli action movie supereroistici moderni. Sì, proprio i cinecomic tanto in voga negli ultimi anni. Ed esattamente come il recente Fast & Furious 8, anche King Arthur riesce piuttosto bene nel suo intento: costato la roboante somma di 175 milioni di dollari, il film di Ritchie ingrana la marcia sin dal primo minuto, sbattendo in faccia allo spettatore sangue e acciaio in quantità industriali. Immaginate uno Snatch a tinte fantasy diretto tra l’altro dallo stesso regista e vi sarete fatti un quadro chiaro di ciò che vi aspetta.
Oltre il Mito
Nel cast, oltre a Hunnam, troviamo anche Jude Law e Eric Bana in stato di grazia, capaci di dare una carica attoriale non da poco a un film che altri non è che un susseguirsi di sequenza d’azione legate da un collante pulp tanto caro al regista di Lock & Stock. Certo, detta così in molti lamenteranno una mancanza cronica dei dettagli e “fedeltà storica” che hanno reso celebre il mito di Artù, come ad esempio Merlino, la cui presenza qui è del tutto sacrificata. Ed è esattamente così, solo che non si tratta in alcun modo di un difetto, bensì di un pregio assoluto: King Arthur: Il Potere della Spada funziona infatti molto bene per quasi tutta la sua durata, attraverso combattimenti all’arma bianca, dialoghi brillanti e ricchi di un’ironia dissacrante, oltre che da un ritmo ben bilanciato (salvo fosse la ridonante sequenza finale, decisamente troppo lunga e ripetitiva). Ed evitiamo qualsiasi tipo di paragone con l’Excalibur di John Boorman datato 1981: la pellicola di Guy Ritchie si distanzia anni luce da quel particolare mito dei Cavalieri della Tavola Rotonda, contestualizzando il tutto al cinema moderno, spesso e volentieri scandito dal disimpegno e dall’impatto visivo travolgente (considerando che Il Potere della Spada è offerto anche in uno spumeggiante 3D non particolarmente fastidioso). E sotto questo aspetto, la pellicola taglia il traguardo brillantemente, attualizzando la leggenda dei cavalieri bretoni in un modo e in una veste che mai ci saremo aspettati di trovare al cinema nel 2017. Anzi, in realtà è proprio l’esatto contrario.

King Arthur: Il Potere della Spada prende il mito di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda, lo decontestualizza e lo impianta in un’atmosfera che abbandona il fantasy oscuro della leggenda di Excalibur a favore di un ritmo pulp e scanzonato che abbia già imparato a conoscere – e apprezzare – nei due film più recenti dedicati a Sherlock Holmes. Il risultato è un film d’azione da vedere rigorosamente al cinema, non aspettandosi nulla di ciò che si crede di conoscere sul mito di Re Artù e della sua storia: in quel caso, la delusione potrebbe essere cocente.

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