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I finali dei Videogames

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Avatar di Jack Right

a cura di Jack Right

Pubblicato il 19/09/2008 alle 00:00

In principio era il gioco. Il gioco non contemplava una fine e, assumendo forma circolare, si concretizzava in puro divertimento. Una serie di quadri sempre più difficili, quasi all’infinito. Negli anni ’80 comparvero in sala giochi cabinati che, per esigenze di gameplay, necessariamente dovevano in qualche modo finire ma, poiché quasi nessuno riusciva nell’arduo compito di scoprire la schermata finale, in essa non era celato chissà quale segreto o colpo di scena; un “vissero felici e contenti” sintetizza perfettamente l’altezza della risoluzione finale di quei giochi. La trama che faceva da sfondo ai nostri videogames preferiti era soltanto abbozzata e sempre mero pretesto per dar sfogo all’azione. I picchiaduro a scorrimento ad esempio, genere da sala sommo, difficilmente andavano oltre un background di questo tipo: “c’erano una volta due, tre o quattro fratelli o amici. Tutti loro erano esperti di arti marziali e capaci di picchiare da soli un’intera città di criminali (mai una volta che incontravano una persona gentile! Sempre malviventi e assassini…). Con essi viveva una sola donna (!!) che, puntualmente, il poco di buono di turno con banda di sicari al seguito rapiva”. Uno dei nostri picchiaduro a scorrimento (beat’em up nel linguaggio tecnico) preferiti era Vendetta per via della buona caratterizzazione dei personaggi, dell’alto numero di oggetti da utilizzare e, infine, dell’ironia che lo sottendeva ma, con una trama così semplice, cosa potevamo aspettarci dopo aver sconfitto il cattivissimo boss finale? Poco più di una schermata in cui i programmatori si complimentavano con noi con l’immagine della bella finalmente tornata in mezzo ai suoi uomini. Di certo lei non ci faceva una bella figura….

Alcune esperienze del passatoFinire un gioco per C64 era difficilissimo. Avrete senz’altro notato come i livelli di difficoltà dei giochi siano andati calando negli anni per via delle richieste di videogiocatori disperati e stufi di dover spendere sempre un patrimonio in joypad fracassati per rabbia. Comunque, tornando alla questione, finire un gioco per C64 era davvero difficile e anche di più: in alcuni casi impossibile. Alcuni passaggi, specie nei Tie-in guarda caso, erano infatti calibrati un po’ maluccio e infatti, nell’affrontarli, non si poteva che perdere ed il gioco pertanto veniva abbandonato. Poiché la percentuale di coloro che si accanivano per portare a termine un gioco era piuttosto bassa, i programmatori non erano soliti investire il loro prezioso tempo nell’ending del titolo ma, piuttosto, si concentravano nel fornire una buona presentazione che, spesso, rientrava perfettamente nei canoni stereotipati del “ragazzo di strada che salverà la ragazza rapita e/o il mondo dall’invasione aliena”. A volte, finendo un gioco, non comparivano neanche i crediti e, addirittura, si poteva rischiare di non accorgersene perchè esso ricominciava semplicemente da capo. Il più delle volte però l’ending c’era ed era rappresentato da una schermata fissa con un’immagine che mostrava l’eroe vincitore in strada verso casa, verso la pace, verso la libertà. Stop. Se ci andava di lusso riuscivamo addirittura a trovare un paio di righe che chiarivano l’immagine mostrata. Negli anni ’90 in sala la situazione non migliorò granchè, poiché caratteristica principale degli arcade era la velocità con cui si poteva fare una partita e lasciare il posto ad un altro. Un po’ di amaro in bocca dunque una certa categoria di giocatori lo ha sempre sperimentato ma, a volte, ad attenderci dopo un’immane fatica trovavamo anche belle sorprese. Chi ha detto che i videogiochi sono soltanto divertimento? In una altro speciale sottolineammo il fatto che spesso essi sono anche fatica e, la soddisfazione che ne deriva, è conseguenza anche di questa perlopiù estinta caratteristica. Comunque trovammo una bella sorpresa quando, dopo svariati gettoni investiti nel finire il sempreverde Metal Slug, apparve un filmato finale in cui un aeroplano di carta sorvolava tutti gli ambienti visti e distrutti durante il gioco e, alla fine, la scritta Peace Forever. Fu, come descritto in altra sede, la prima volta in cui ci trovammo di fronte un messaggio importante in un videogame e, forse addirittura da lì, iniziammo a maturare l’idea che essi avrebbero potuto, se sviluppati da persone saggie, avere un ruolo importante nella società e come media di natura autonoma.

I finali di oggiOggi I finali dei videogames sono spesso multipli (specie in certe categorie ludiche) e risentono fortemente delle scelte operate durante il gioco. Prendete ad esempio Fable: uesto titolo non potrebbe più contemplare un unico finale vista l’importanza assunta dal carattere e dalla personalità che il personaggio principale sviluppo lungo l’intera avventura. Nonostante si noti ancora una certa incuria nella parte finale del prodotto sviluppato (non in tutti ovviamente), la situazione è migliorata molto. Il problema risiede però nel fatto che spesso i team di sviluppo si occupano del filmato finale solo alla fine e, arrivando sempre in ritardo per via di tempi a loro disposizione sempre più ristretti per completare il gioco (questioni di denaro purtroppo), non riescono ad usufruire del tempo necessario per ultimare convenientemente il titolo. God of War per PSP ad esempio ha incluso come tesoro nascosto nel gioco la possibilità di vedere i video dei livelli che, per mancanza di tempo, gli sviluppatori non hanno potuto inserire. Un vero peccato perchè il gioco, davvero molto bello, è purtroppo davvero un po’ corto (sette ore al massimo). Per fortuna in questo caso la parte finale è ben fatta ma, alla base, il discorso dei livelli incompiuti e dei filmati che chiudono il gioco è simile. Concludiamo questo speciale con un’esperienza personale che, in linea di principio, racchiuderà in sé il senso di quanto abbiamo trattato. Quando seguivo privatamente un corso di armonia e composizione musicale, la mia maestra di pianoforte mi disse con solennità: Ricorda sempre di non sottovalutare mai le ultime battute di una canzone e di comporle sempre con la stessa cura con cui scrivesti le prime. E’ un errore credere che esse siano meno importanti solo perché collocate alla fine e, anzi, proprio per questo, sono quelle che maggiormente son capaci di restare nella memoria e dare un senso al resto. Anche un “frustrante” Game Over, dunque, può celare un tesoro, basta scoprirlo.

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