Immagine di Sekiro: Shadows Die Twice | I Diari del Lupo Grigio: Pagina 3
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Sekiro: Shadows Die Twice | I Diari del Lupo Grigio: Pagina 3

La terza pagina di una run su Sekiro: Shadows Die Twice raccontata dal punto di vista del Lupo, lo shinobi protagonista.

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Informazioni sul prodotto

Immagine di Sekiro: Shadows Die Twice
Sekiro: Shadows Die Twice
  • Sviluppatore: From Software
  • Produttore: Activision
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE
  • Generi: Avventura
  • Data di uscita: 22 marzo 2019

Bentornati ai Diari del Lupo Grigio, la rubrica anticonvenzionale dove raccontiamo una sessione di Sekiro: Shadows Die Twice come se fosse il Lupo stesso a parlare. Come abbiamo fatto nello speciale “inaugurale” vi includeremo riflessioni e speculazioni su quello che potrebbe essere l’inquadramento storico della vicenda. Nelle pagine precedenti lo abbiamo visto prima obbedire al suo signore e poi perdere l’onore, ma è anche riuscito a guadagnare le basi per rimediare. Con il solito avvertimento che vi potranno essere SPOILER più o meno grandi, lasciamo nuovamente la parola al Lupo.

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Giorno 6: Strumenti

Torno indietro all’Idolo dello Scultore e lo utilizzo per teletrasportarmi al vecchio tempio. Lo scultore come al solito non manifesta alcuna emozione quando mi vede, ma quando gli consegno il macchinario con le shuriken si illumina e si offre di modificare la mia protesi per renderlo utilizzabile. Condiscendente mi siedo accanto a lui e lo lascio armeggiare. Chiaramente a livello fisico sento solo lo scatto dei meccanismi e il suo rovistare di strumenti all’interno del braccio, ma a livello mentale è come se sentissi tutto. Quella sottile stecca di metallo che maneggia con sicurezza è come una sottile lama che mi penetra una carne che non c’è. Forse è questa quella che chiamano la sensazione dell’arto fantasma. Dopo un po’ il vecchio ha finito, e mi dice che potrò utilizzarla per lanciare shuriken a grande velocità. Vedrò se mi sarà utile, nel frattempo però tale ritrovamento mi fa capire che sparsi per questi dintorni ci saranno sicuramente altri strumenti protesici simili.

Lo Scultore non mostra il medesimo entusiasmo quando gli faccio vedere il sonaglio della vecchia. Mi accenna però che simili strumenti possono risvegliare ricordi obliterati: il modo per farlo pregare alla statuetta votiva vicino alla parete, l’unica con una piccola edicola. Lo Scultore asserisce che è “diverso”, perché intagliato dalla mano del “vero scultore”. Allora decido di fare un tentativo: appoggio il campanello sotto la statua e mi siedo giungendo le mani. Per un momento la sensazione è la stessa di quando mi riposo agli idoli normali: un rumore simile a un respiro amplificato e un momento di buio, con l’accensione di soffuse luci bluastre… Ma poi la realtà stessa sfuma, con le parole dello Scultore a guidarmi: “Il suo suono scuoterà i tuoi pensieri, e risveglierà i vecchi ricordi dal loro torpore”.

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Il mio corpo si libra per un momento senza peso, e solo la percezione delle mie gambe che non hanno più niente su cui sedersi mi fa intendere che sono tornato in piedi. Il mio corpo riprende consapevolezza poco dopo, quando percepisce il cambio di temperatura e sente della pioggia fino a quel momento inesistente. Allora apro gli occhi e capisco di non essere più nel vecchio tempio: davanti a me c’è un roccioso paesaggio notturno, con la pioggia che batte sulla sponda di un largo fiume subito accanto a una grande tenuta in fiamme. L’unico modo per arrivare lì è un largo ponte sorvegliato da alcune guardie, due delle quali pattugliano con delle torce. Trovo un altro Idolo dello Scultore, che sorprendentemente mi consente di tornare al vecchio tempio in qualunque momento. L’idolo si trova però su uno sperone di roccia che mi costringe a usare il rampino per riuscire a scendere e arrivare a contatto con il letto del fiume. I miei piedi affondano nel terreno diventato limaccioso a causa della pioggia sottile ma costante, ma confuso con il buio e la vegetazione trovo un uomo ormai morente. È coperto da una pelliccia ispida e porta una maschera kabuki. Gli basta un’occhiata per riconoscermi come il figlio del Gufo: mi dice che dei ladri si sono intrufolati alla Tenuta Hirata e appiccato un incendio; a suo dire l’Erede Divino è in pericolo. Quando poi gli chiedo in che anno siamo mi risponde che è quello del pellegrinaggio alla Fonte del Drago. È l’ultima informazione che può dirmi, prima di spirare.

Mi sono bloccato per un momento, interdetto. La sua morte non mi ha portato a niente, e non è stato bello vederla, ma non è la ragione del mio turbamento. Ho dei ricordi riguardo il pellegrinaggio e il suo essere tradizione millenaria di queste terre, ma l’ultima celebrazione è stata tre anni fa. Significa che quel sonaglio può fisicamente riportare indietro qualcuno di così tanto tempo? E che correlazione c’è tra quegli oggetti e le capacità curative degli Idoli dello Scultore? Sono tutte domande per adesso senza risposta, al pari con il fatto che non ho ricordi che un simile disastro si sia consumato alla Tenuta Hirata. Anche senza ulteriori indizi, devo comunque proseguire.

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Giorno 7: Malattia

Ho scoperto un’ulteriore proprietà degli Idoli dello Scultore: possono canalizzare l’essenza dei nemici che elimino. Quando ne ho accumulata a sufficienza posso accelerare il tempo per raffinare le mie arti. Era un fattore che fino a questo momento mi era sfuggito in quanto parte di questa canalizzazione accumulata viene persa ad ogni morte. E qui alla tenuta Hirata le cose sono state effettivamente difficili. Il ponte non mi ha dato molti problemi, ma il complesso esterno è diviso in diversi settori, ciascuno ospitante diversi agglomerati di persone. Purtroppo il posto è preda della soldataglia, alla ricerca di qualcosa di valore da rubare. Malgrado siano degli ashigaru si muovono costantemente in gruppo e sono numerosi. Non poche volte sono stato sopraffatto perché uno con la torcia ha richiamato gli altri.

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Sono comunque riuscito a passare dal retro, dove ho trovato un samurai morente. Mi ha a sua volta implorato di correre in aiuto del mio signore, ma ha anche accennato che da queste parti ci dovrebbe essere un’ascia, a suo dire essenziale per sfondare gli scudi di legno con cui si sono premuniti alcuni scagnozzi in cima alla scalinata che conduce alle immediate vicinanze della villa. Quegli scudi mi hanno fatto capire che non era saggio spingersi oltre, quindi sono tornato indietro e ho aperto uno dei portoni, che mi ha permesso di tornare all’Idolo dello Scultore subito all’entrata della tenuta. Nel mentre tornavo indietro ho notato uno strano uomo che guardava pensieroso uno dei magazzini. Non si è dimostrato ostile, ma il suo tono neutrale e tagliente mi ha fatto capire come fosse uno poco raccomandabile. L’ho lasciato stare: con l’aria che tira da queste parti, per lui ci sarà ben poco da rubare.

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Quando sono tornato al vecchio Tempio ho avuto però una brutta sorpresa: lo Scultore si è gravemente ammalato. Ha una tosse incessante e ha un aspetto se possibile ancor più consumato del solito. Non ha voluto comunque rinunciare alla manutenzione della mia protesi, e quando gli ho parlato delle mie nuove scoperte sull’Idolo ha tirato fuori un rotolo e me l’ha consegnato. Era stranamente entusiasta, come se non aspettasse altro da anni. Quando l’ho letto ho visto che vi sono riportate alcune antiche tecniche da shinobi: sfruttando il potere temporale degli Idoli potrei impararle letteralmente a vista d’occhio. In ogni caso dopo ho parlato con Emma riguardo la malattia del vecchio: la cerusica mi ha detto che si tratta del Mal del Drago. È una malattia che si manifesta quando a seguito della stagnazione del sangue e che porta a una morte inesorabile. Non ci metto molto a capire che si tratta di qualcosa di correlato ai poteri dell’Erede Divino. Emma mi ha detto che se riuscirò a portarle qualche campione di sangue cercherà di sintetizzare una cura. Bene, ma nel frattempo ho bisogno di addestramento e il luogo meno pericoloso sono i dintorni di Ashina.

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Curiosamente, proprio qui rincontro il ladruncolo della tenuta: mi riconosce subito, presentandosi come Anayama e apostrofandomi come “brav’uomo”. Mi dice che ha abbandonato la sua vecchia carriera e sta cercando di reinventarsi come mercante. Decido di fornirgli il capitale per far partire il business e lui si sdebita informandomi che ai tempi del mancato colpo alla Tenuta Hirata aveva visto alcuni suoi complici usare uno “strano marchingegno da shinobi” per accendere un fuoco. Potrebbe essere materiale per lo Scultore, quindi lo ringrazio con un cenno e proseguo.

In questa terza pagina dei Diari del Lupo Grigio il Lupo ha raccontato la progressiva scoperta dei dintorni di Ashina, e delle capacità e poteri “occulti” che circondano l’Erede Divino. Un altro potere inspiegabile l’ha poi riportato a ben tre anni prima, alla tenuta Hirata. Ancora una volta parliamo di un nome quantomeno autentico: abbiamo effettivamente un samurai di nome Hirata Masumune vissuto tra il 1566 e il 1610. Il cinquantennio ancora combacia con la data del 1589, a non tornare è la collocazione geografica: Hirata sarebbe stato al servizio degli Shimazu, abitanti dell’isola di Kyushu geograficamente collocata agli antipodi rispetto alla provincia di Mitsu.

Più interessante invece la presenza delle armi da fuoco: in effetti la diffusione di queste armi in Giappone avvenne per mano dei commercianti europei, che vendevano moschetti a miccia e cannoni. Il loro alto prezzo faceva chiaramente in modo che solo pochi feudatari potessero permetterseli, e di conseguenza la loro presenza sui campi di battaglia ebbe rilevanza solo verso la fine dell’epoca Sengoku. Uno dei primi clan a capire il potenziale tattico di queste armi fu quello dei Saika, che imparò anche a produrli in proprio. Successivamente anche Nobunaga Oda si impadronì di queste conoscenze e le usò per distruggere il clan Takeda durante la battaglia di Nagashino del 1575. Vedremo cosa ci riserverà il futuro, nel frattempo vi invitiamo a rimanere con noi per la prossima puntata!

Voto Recensione di Sekiro: Shadows Die Twice - Recensione


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In questa terza pagina dei Diari del Lupo Grigio il Lupo ha raccontato la progressiva scoperta dei dintorni di Ashina, e delle capacità e poteri “occulti” che circondano l’Erede Divino. Un altro potere inspiegabile l’ha poi riportato a ben tre anni prima, alla tenuta Hirata. Ancora una volta parliamo di un nome quantomeno autentico: abbiamo effettivamente un samurai di nome Hirata Masumune vissuto tra il 1566 e il 1610. Il cinquantennio ancora combacia con la data del 1589, a non tornare è la collocazione geografica: Hirata sarebbe stato al servizio degli Shimazu, abitanti dell’isola di Kyushu geograficamente collocata agli antipodi rispetto alla provincia di Mitsu. Più interessante invece la presenza delle armi da fuoco: in effetti la diffusione di queste armi in Giappone avvenne per mano dei commercianti europei, che vendevano moschetti a miccia e cannoni. Il loro alto prezzo faceva chiaramente in modo che solo pochi feudatari potessero permetterseli, e di conseguenza la loro presenza sui campi di battaglia ebbe rilevanza solo verso la fine dell’epoca Sengoku. Uno dei primi clan a capire il potenziale tattico di queste armi fu quello dei Saika, che imparò anche a produrli in proprio. Successivamente anche Nobunaga Oda si impadronì di queste conoscenze e le usò per distruggere il clan Takeda durante la battaglia di Nagashino del 1575. Vedremo cosa ci riserverà il futuro, nel frattempo vi invitiamo a rimanere con noi per la prossima puntata!