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Rockstar autorizza i dipendenti a parlare dei loro orari di lavoro

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Avatar di Stefania Sperandio

a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Pubblicato il 19/10/2018 alle 12:57

Nei giorni scorsi, ha fatto parlare di sé il problema del crunch tra gli sviluppatori di videogiochi. È parte dell’immaginario e della pratica comune, infatti, che i dipendenti siano chiamati a sforare notevolmente gli orari normalmente previsti, il che porta a compromettere la loro salute.

La questione si è sollevata quando Dan Houser aveva parlato di settimane lavorative da 100 ore per Red Dead Redemption 2. L’autore aveva poi precisato che parlava del solo team di scrittori e per sole tre settimane, sottolineando che nessuno deve sentirsi costretto a farlo e che il team è semplicemente mosso dalla passione.

red dead redemption 2

Le sue esternazioni hanno innescato quelle dell’ex Rockstar ed ex Telltale Job J. Stauffer, che ha paragonato i tempi al lavoro su GTA IV a settimane intere con la pistola puntata alla testa. Parole che ricordano un po’ quelle che, tempo prima, Amy Hennig spese per l’industria AAA, definendola insostenibile e svelando gli orari che si ritrovò a fare ai tempi di Naughty Dog.

Rockstar apre alle testimonianze sul caso del crunch

In seguito alle polemiche che si sono generate nei giorni scorsi – che non riguardano, ovviamente, solo Rockstar, ma per le quali le parole di Houser hanno fatto da miccia – la compagnia in procinto di pubblicare Red Dead Redemption 2 ha deciso di autorizzare i suoi dipendenti a parlare, sui loro social network, di ritmi e orari di lavoro.

red dead redemption 2

Rockstar, secondo Kotaku, ha chiesto di “non edulcorare le loro parole”, in modo che le testimonianze potessero essere sincere – anche se in molti online si sono domandati quanto un dipendente di una compagnia potrebbe attaccarla, mentre è stipendiato da quest’ultima.

In qualsiasi modo la si pensi, leggere le testimonianze degli sviluppatori è interessante.

Le testimonianze dei dipendenti Rockstar

Le voci che si sono fatte sentire sull’argomento crunch sono numerose e prevalentemente positive. Keith Thorburn, che si occupa del comparto musical dei giochi presso Rockstar North, a Edimburgo, spiega:

Prima di tutto, volevo dire che questo è uno dei progetti più appaganti e meno stressanti a cui abbia lavorato. So che sensazioni dà un crunch di quelli di proporzioni epiche, ma le cose sono state gestite in un modo che mi ha consentito di sentirmi felice e in salute.

Secondo Phil Beveridge, programmatore sempre presso Rockstar North:

Negli anni che ho passato in questo studio, le pratiche di lavoro sono migliorate. Il crunch che abbiamo vissuto per Red Dead Redemption 2 è stato molto meglio di quello che avemmo per GTA V, dove per un mese lavorai con settimane da oltre 70 ore (mentre i miei boss mi dicevano che era meglio andassi un po’ a casa).

Vivianne Langdon, programmatrice presso Rockstar San Diego, scrive:

Non ho mai superato le 50 ore lavorative alla settimana (ed è successo raramente), ma generalmente lavoro 2-6 ore extra, retribuite, ogni settimana.

C’è anche la testimonianza di Danny Bannister, artista per i veicoli presso Rockstar North:

Sono in Rockstar da due anni, al lavoro su Red Dead Redemption 2. Non mi sono mai avvicinato a 100 ore lavorative settimanali. Sicuramente abbiamo vissuto del crunch, ma non è stato niente di fuori dalla norma. Abbiamo lavorato duramente al gioco, ma non ci sono stati abusi. Credo che il massimo raggiunto su questo gioco siano state le 60 ore lavorative settimanali.

In caso di cinque giorni lavorativi, 60 ore si traducono in 12 ore di lavoro al giorno, 10 ore in caso di lavoro anche il sabato, 8,5 al giorno includendo anche la domenica.

Sull’argomento, il tool designer Tom Fautley scrive:

Come dipendente di Rockstar North, probabilmente dovrei dire la mia sulla questione del crunch. Sì, andiamo in crunch. Ma non ho mai visto nessuno costretto a lavorare per 100 ore alla settimana, anche se ho visto amici avvicinarsi a quella soglia più di quanto possa essere ritenuto salutare. Mi viene chiesto, e sono incoraggiato a farlo, di lavorare anche all’infuori dei miei normali orari (sia nelle notti che nei weekend), quando arriva un’importante scadenza. Il massimo che ho raggiunto in una singola settimana, nei miei quasi cinque anni qui, sono state 79 ore settimanali, ma non è successo di recente.

Una situazione in miglioramento?

Le parole dei dipendenti di Rockstar confermano che si vada oltre gli orari, anche se in questo caso specifico si parla di ore retribuite, che è capitato che venga chiesto dai superiori e che ci si aspetti che sia fatto, ma che non si viene in qualche modo costretti.

Il discorso si lega a quelli fatti qualche giorno fa da altri sviluppatori, che parlavano di una pratica divenuta d’uso comune anche nella mentalità degli stessi sviluppatori – ma che ne compromette gli equilibri e il benessere. Molti sviluppatori, nei giorni scorsi, hanno pensato se non sia il caso di trovare il modo di dar vita a un proprio sindacato che, come successo ai doppiatori dei videogiochi con il caso SAG-AFTRA, possa salvaguardare anche chi è sottoposto a ritmi peggiori – e a volte non retribuiti – di quelli citati dai dipendenti di Rockstar.

È comunque positivo, per la questione, che i dipendenti di lunga data parlino di miglioramenti rispetto al passato. Ai tempi del primo Red Dead Redemption furono tantissimi i lavoratori che lamentarono turni massacranti per la produzione del gioco – e lo stesso accadde anche a Team Bondi, autore di L.A. Noire. Un ambiente lavorativo migliorato nelle scalette delle scadenze e nei ritmi non può che favorire non solo una migliore qualità della vita per chi produce i videogiochi che amiamo, ma anche prodotti migliori.

Red Dead Redemption 2 è atteso su PS4 e Xbox One per il prossimo 26 ottobre. Avete già visto il trailer di lancio?

Fonte: Kotaku

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