Immagine di PES 2019, la Recensione finale del calcistico di Konami
Recensione

PES 2019, la Recensione finale del calcistico di Konami

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a cura di Filippo "Xsin" Consalvo

Informazioni sul prodotto

Immagine di Pro Evolution Soccer 2019
Pro Evolution Soccer 2019
  • Sviluppatore: Konami
  • Produttore: Konami
  • Distributore: Halifax
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE
  • Generi: Sportivo
  • Data di uscita: 30 agosto 2018

Patch del day one installata, online attivo, trasferimenti conclusi e finalmente si parte. Da qualche giorno è iniziata ufficialmente la stagione di PES 2019 e noi, dopo aver analizzato approfonditamente le modalità offline del gioco, abbiamo finalmente l’opportunità di guardare all’ultimo lavoro di Konami nella sua interezza ed esprimere un giudizio completo.

Anche quest’anno PES 2019 mette al centro il gameplay, una trasposizione decisamente simulativa nei movimenti, nel ritmo e nel realismo di ciò che avviene in campo. La costruzione del gioco è tutto, passaggi precisi, ben calibrati e ragionati sono fondamentali per creare delle situazioni d’attacco, ma è soprattutto la visione di gioco a fare la differenza, trasformando in occasioni da gol gli scatti delle ali e degli attaccanti. Scatti che però sono efficaci solo se beccati con il tempismo giusto: è come se l’IA di attacco si aspettasse una specifica evoluzione della manovra, ma nel momento in cui questa cambia non c’è un’adeguata ricostruzione, congelando le posizioni di attacco per diversi momenti quando si decide di non sfruttare un taglio o un filtrante alto “suggeriti” dal movimento che il COM fa eseguire ai propri attaccanti. Al contrario, a fronte invertito il COM avversario sa come sfruttare bene questi suggerimenti e la fase difensiva si trasforma in un incubo, perché l’IA lascia molto a desiderare e bisogna correggere gli errori del computer manualmente se non si vuole lasciare l’avversario a tu per tu con il portiere.
I contropiedi in particolare non vengono letti e in caso di filtranti alti il proprio difensore non taglia sulla traiettoria ma si dirige diretto verso l’avversario, un movimento stupido che anziché eseguire una semplice diagonale difensiva taglia automaticamente fuori il proprio centrale, spesso anche l’ultimo uomo. Giocando molte partite è imbarazzante quanto questo movimento incida: a meno che non si riesca a controllare manualmente in tempo il suddetto difensore, ci si ritrova sempre in svantaggio quando si difende correndo verso la propria porta. A questo si aggiungono alcuni “glitch” difensivi, che ci hanno mostrato i propri difensori correre per coprire uno scatto avversario, salvo poi bloccarsi al momento del filtrante lasciando il portiere al proprio destino. Qualche altro bug ha coinvolto il cambio del cursore, all’improvviso e a discrezione del COM, come quando ci ha tolto il comando di un mediano occupato a coprire gli spazi per darlo a un terzino in ritardo che può solo inseguire invano l’ala lanciata verso il cross; “buggati”, nel senso di poco realistici e mal equilibrati, sono anche i cross dal fondo dall’interno dell’area, sui quali i centrali non riescono a spazzare mai, ma davvero mai, che siano alti di testa o tagliati per l’anticipo della punta. Impossibile non citare nuovamente i terzini, vero male incurabile del gameplay di PES 2019 di cui abbiamo già parlato a fondo e che in nessuna delle tre versioni provate tra giugno e oggi sono mai riusciti a trasmettere fiducia o soddisfazione sul modo in cui difendono sulle ali. Anche usando tattiche dove si chiede alle ali di rimanere basse non c’è passaggio filtrante alto che non sia in grado di mettere fuori gioco i terzini, per non parlare degli enormi spazi che si creano qualora si optasse per la difesa a tre.
Nulla è perfetto dunque, ma nonostante questi aspetti il gameplay di PES 2019 rimane comunque un piccolo gioiello, riuscendo a trasportare in un videogioco la sensazione di una vera partita di calcio, senza scambi tennistici o giochi di prestigio uno dopo l’altro, senza giocatori invincibili o tiri imparabili. Un gameplay che però in termini di divertimento cede molto, tantissimo, e richiede un livello di apprendimento estremo, perché senza padroneggiare la difesa del pallone, la selezione manuale dei giocatori, le tecniche di tiro, i cross dal fondo e dal limite, i dai e vai, i passaggi filtranti e il controllo della linea difensiva, solo per citarne alcuni, il proprio gioco rimane a un livello basilare e poco efficace. Un realismo che ha dunque un prezzo e fa diventare PES quasi un hardcore game: gli appassionati in cerca di un po’ di svago sono avvisati, al di là della modalità Professionista e del gioco contro il COM PES 2019 non fa per loro.
Konami è finita quindi per creare un gioco di nicchia, adatti ai puristi della serie e a chi vuole un livello di sfida quasi frustrante, perché quando si ha a che fare con chi riesce ad usare abilmente almeno due o tre delle voci citate prima si rischia di non subire senza scampo. Alcuni tocchi, alcune tattiche, infatti, possono rivelarsi incontrastabili se non si è in grado di attuare la contromossa necessaria e come anticipato prima l’IA non offre il minimo aiuto. Questo aspetto si espande a dismisura quando si passa online, dove non solo ci si scontra con umani in grado di pensare come noi e di sfruttare le opzioni più efficaci a piacimento, ma subentra anche un aspetto lag che finisce con l’avere un impatto tremendo sul proprio gioco.
Nonostante una solida 20MB sempre in grado di reggere il gioco online in tutti gli altri casi, con PES 2019 ci siamo ritrovati a soffrire di ritardo nell’esecuzione dei comandi in almeno 7 casi su 10, con tanto di icona e avvisi di linea non al meglio. In un gioco dove, lo abbiamo detto, tutte le animazioni sono più lente, qualunque tipo di ritardo nei comandi rende impossibile giocare e non c’è nulla da fare, la partita continua tranquillamente con i propri giocatori incapaci di mettere in fila due passaggi e l’avversario in grado di fare ciò che vuole. Anticipare le scelte è a sua volta impossibile, perché spesso la lentezza con cui si muove tutto, dalla palla ai giocatori, gioca uno strano inganno su dove e come il controllo e il passaggio avverranno: non sono state poche le volte in cui abbiamo battezzato l’arrivo dell’avversario sul pallone per poi vedere andare a buon fine il nostro anticipo, facendoci trovare impreparati dopo aver premuto un comando al posto di un altro. In poche parole, se state giocando solo per rilassarvi e non avete una connessione eccellente e stabilissima, evitate di andare online.
In termini di modalità anche PES 2019 sta completando la sua transizione verso l’online: una scarna e anonima “Diventa un mito” e una sempreverde ma sempre uguale “Master League” continuano a offrire qualcosa anche a chi non è dotato di una connessione a internet, ma che il focus si sia spostato tutto sul myClub è innegabile. Sin dall’inizio ogni singola azione contribuisce a guadagnare GP, la moneta virtuale che permette di acquistare nuovi giocatori, rinnovare i contratti e partecipare alle aste per aggiudicarsi gli “osservatori”, essenziali per reclutare i calciatori desiderati sulla base delle loro caratteristiche. Una peculiarità del myClub è infatti il sistema di reclutamento dei giocatori: non esiste la possibilità di cercare il centrocampista desiderato per nome o club di appartenenza, né di partecipare a un’asta per aggiudicarselo, ma bisogna combinare fino a un massimo di tre osservatori per ottenere la combinazione desiderata. Ciascun osservatore infatti ha una valutazione in stelle e una caratteristica specifica: posizione, nazionalità, campionato, club, età, abilità, preferenza stile, preferenza tattica e così via. Se quindi volessimo provare ad aggiudicarci Cristiano Ronaldo bisognerebbe combinare tre osservatori da cinque stelle come posizione (P), club attuale (Juventus) e nazionalità (portoghese), lasciandolo quindi come unica opzione risultante da queste tre condizioni. Alla fine di ogni partita si ottiene un osservatore di qualità random ma è possibile anche acquistarli con un sistema d’aste tutt’altro che coinvolgente. Con tempistiche di minuti e minuti, se non ore o addirittura giorni, ciascun’asta si divide in una prima fase dove bisogna piazzare un’offerta preventiva e una seconda dove bisogna fare la migliore offerta che si desidera. Probabilmente il problema è solo che ne servirebbero molte di più e più vicine tra loro: nel momento in cui si cerca un preciso osservatore, infatti, si rischia di dover attendere 20 o 40 ore per vedere quell’asta finire, e il tutto senza un’idea precisa di quale sarà il costo finale o la possibilità di decidere se spendere o no quel migliaio extra per portare a casa il bottino, essendo l’offerta finale unica e non rivedibile. Un sistema che continua a essere riproposto e che ogni anno ci sembra contorto, dispendioso e decisamente poco premiante considerando i risultati casuali che se ne ottengono.
A correggere il tiro però ci pensa Konami, che dall’altro lato mette in gioco gli agenti, con la possibile di convertire immediatamente GP o monete myClub (altra valuta, più rara) in giocatori, anche di qualità medio-alta, con un rapporto spesa-risultato nettamente più conveniente rispetto agli osservatori, esagerato addirittura quando è il gioco stesso a regalare una serie di agenti “Pallone nero” (la qualità più alta di giocatori) proprio durante i primi passi nella modalità. Così dopo appena quattro giorni di gioco le rose di tutto il mondo si “sporcano” e ci si ritrova ad avere in tutte le squadre le versioni potenziate di Neymar (96), Simeone (con un sorprendente 93), Mbappè (89) o altri Players of the Week, ovvero i calciatori più in forma del momento. Troppo facile, forse, senza considerare tra l’altro quelli che avendo acquistato la Legend Edition si ritrovano anche Khan, Roberto Carlos, Maldini qualche altro campione del passato in squadra.
Lo stesso limite delle abilità tattiche dell’allenatore non basta, perché se è vero che per schierare tutti questi campioni in squadra bisogna acquistare un mister di alto livello, è altrettanto vero che i costi sono abbordabili e in poche partite si mette in campo un dream team.
Competizioni alla mano, myClub mette a disposizione le partite classificate, semplici match 1 contro uno 1 che incidono anche sulla PES League settimanale, gli Open, che hanno un accesso a numero limitato e una struttura a torneo con gironi e fase finale, i match singoli della Coppa Challenge sia online che contro il COM e le partite Co-op, dove fino a sei utenti possono scontrarsi 3 vs 3 con squadre che vengono formate dai migliori giocatori di ciascun partecipante. Una modalità che può rivelarsi più divertente di quanto ci si aspetta, con la possibilità di formare clan e mettere in campo un gioco di altissimo livello quando si trova l’intesa giusta.
Non mancano le modalità simulative, dove si agisce da allenatori lasciando al COM il gioco vero e proprio, ma quello che ci ha lasciato un po’ perplessi è la presenza delle divisioni solo al di fuori del myClub: esistono 12 divisioni e bisogna conquistare un certo quantitativo di punti per essere promossi o non retrocedere, ma si può affrontare questa sfida solo con le squadre presenti nel gioco e non con quella del myClub, senza alcuna ricompensa specifica se non i normali GP che il gioco assegna quando si eseguono determinate azioni.
Un po’ poco per una modalità che avrebbe il compito di coinvolgere il giocatore lungo tutta una stagione, con una mancanza di varietà che mette in risalto la natura ancora acerba dell’online di PES, privo anche quest’anno di una personalità o di modalità inedite, originali e innovative. Pesa anche la facilità di accesso ad alcuni top player, che forse toglie un po’ di quello stimolo ad accumulare partite e punti per poi acquistare il proprio beniamino, così come fa storcere un po’ il naso la valutazione di alcuni giocatori, spesso non in linea con il rendimento nella scorsa stagione. L’87 di Umtiti è imbarazzante, mentre in altri casi le discrepanze sono inferiori, come un generoso 85 al roccioso Barzagli o l’incomprensibile divario tra l’82 di Parolo e l’85 di Milinkovic Savic, che forse meritava qualche punticino in più. Infine, sarebbe ingiusto non spendere due parole sulla questione licenze: se è vero che si è ormai instaurata una meccanica abbastanza costante che rende disponibili dopo pochi giorni dall’uscita dei file opzioni creati dagli utenti che sistemano tutte le licenze mancanti, è anche vero che out of the box PES 2019 non può contare su nomi, loghi e divise reali di squadre del calibro di Juventus, Manchester City, Real Madrid, Chelsea, Manchester United, Atletico Madrid e così via. La mancanza più pesante è forse quella dell’intera Bundesliga, pur con alcune squadre presenti, mentre l’arrivo della International Champions Cup poteva essere sfruttato meglio di tre partite anonime e una scadente introduzione di Caressa, soprattutto se si considera che dovrebbe sostituire l’ormai persa Champions League. In ogni caso preferiamo dare un peso relativo al fattore licenze, sapendo che un gameplay e un gioco del genere riescono ad attirare gli appassionati indipendentemente dal nome della squadra e dal logo, consapevoli che probabilmente tutti siamo passati da Winning Eleven e i primi PES e quel R. Larcos lo portiamo ancora nel cuore.

– Graficamente stupendo

– Davvero simulativo

– Gameplay equilibrato e profondo

– IA difensiva da rivedere

– Poche modalità e scarne

– myClub acerbo e mal bilanciato

– Soffre troppo spesso di lag

7.5

Graficamente stupendo, simulativo all’estremo, PES 2019 rende finalmente giustizia alla frase “sembra vero” delle nostre madri quando ci vedevano giocare al primo PES quasi vent’anni fa. Un gameplay realistico e pertanto lento, ragionato, punitivo quando si sbaglia, frustrante quando non si imbecca il movimento offensivo giusto, PES 2019 si trasforma in un calcistico di nicchia e chiede ai propri appassionati di evolvere il loro gioco e impegnarsi come non mai. Il problema è che lo fa con le stesse modalità dell’anno scorso, con gli stessi problemi dell’edizione passata, con l’identica mancanza di varietà e di offerta che è già stata criticata negli ultimi anni, quasi come se Konami da quell’orecchio non ci sentisse. Il focus di quest’anno è tutto sull’online, ma myClub deve ancora crescere e tanto e alcune scelte, come quella di mantenerne le divisioni al di fuori, sono incomprensibili. C’è sempre la sensazione che basti davvero poco, una maggiore cura, più attenzione e voglia di rinnovare per tornare grandissimi, ma sembra anche che PES continui a non volerlo, giustificandosi dietro ad un gameplay davvero simulativo ma che da solo non regge, non più.

Voto Recensione di Pro Evolution Soccer 2019 - Recensione


7.5

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