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Recensione

Dusty Raging Fist, la recensione del ritorno del coniglio eroe

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Avatar di Francesco Ursino

a cura di Francesco Ursino

Pubblicato il 22/06/2018 alle 00:00 - Aggiornato il 30/08/2018 alle 22:08
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Il Verdetto di SpazioGames

6

I più attenti ricorderanno il nome di Dusty, il coniglio dal cuore nobile già protagonista di Dusty Revenge, beat’em up uscito su PC e console nel 2014. A quanto pare, prima di quell’avventura, il nostro eroe è stato al centro di un’altra vicenda piuttosto spinosa che coinvolge un antico demone, alleati dalle fattezze animali e tanti cazzotti. Vediamo di scoprire, allora, cosa ha in serbo per noi il nuovo Dusty Raging Fist.

Carota e bastonate

Sviluppato da PD Design Studio, Dusty Raging Fist è un picchiaduro bidimensionale a scorrimento commercializzato su PlayStation 4. Si tratta, come abbiamo avuto modo di accennare, del prequel di Dusty Revenge. Così come nel capitolo precedente, il buon Dusty deve fronteggiare una minaccia piuttosto seria che si traduce, in termini videoludici, in una serie di stage in cui oltre a sconfiggere orde di nemici dovremo far fuori anche i classici boss di fine livello. Dal punto di vista narrativo il titolo cerca di mantenere il tutto su un piano piuttosto semplice. Nella città di Double Bill accadono cose strane: la sparizione dei bambini del villaggio, infatti, è accompagnata dal misterioso arrivo di due lune nere. I due avvenimenti, fin da subito, sembra abbiano una qualche correlazione, ed è per questo che Dusty parte alla ricerca di risposte. Nel suo viaggio temerario il protagonista non è da solo: in Dusty Raging Fist, infatti, è possibile impersonare tre diversi eroi, rappresentati dal già citato coniglio, così come dalla volpe ninja Kitsune (già vista nel precedente episodio) e dal cervo gigante Darg. La presenza di più personaggi permette al titolo di proporre una modalità co-op locale fino a tre giocatori, senza però la possibilità di giocare online. Nel caso in cui si scelga di affrontare l’avventura da soli, inoltre, non sarà possibile passare da un eroe all’altro durante lo svolgimento di un livello: per cambiare personaggio si dovrà ricaricare il proprio salvataggio. In ogni caso, oltre ai tre personaggi principali il gioco ripropone una dinamica già vista nel primo capitolo, ovvero la presenza di aiutanti caratterizzati da attacchi a distanza: il leone Leo e il leopardo Snow, infatti, potranno essere chiamati in causa per sferrare colpi di artiglieria e fucile da cecchino. Torneremo meglio dopo sugli aspetti legati al gameplay: quello che ci interessa di più in questa sede è sottolineare come l’intera storia si presenti in maniera piuttosto lineare, affidata alla sola presenza di cutscene formate da schermate piuttosto statiche. In questo senso, dobbiamo dire che la narrativa del capitolo precedente era caratterizzata da una maggiore incisività, anche perché in quel caso la vicenda riguardava Dusty in prima persona, mentre in questo episodio la minaccia appare inizialmente più sfumata.

I cervi sono OP

Passando al gameplay, dobbiamo dire che una delle cose più fastidiose del titolo è la mancanza di informazioni. Ci spieghiamo meglio: fin dall’inizio il gioco ci avvisa dell’esistenza dei tre eroi, ma poco fa nel precisare quali siano le differenze tra di loro. In buon sostanza, ci sembra di aver capito che Kitsune è molto rapida, Darg lento ma molto forte e Dusty una pratica via di mezzo. Allo stesso modo, il titolo propone elementi da gioco di ruolo grazie all’introduzione dell’esperienza, accumulabile dopo i combattimenti e utilizzabile per potenziare i nostri eroi, oltre che gli aiutanti e gli attacchi elementali di cui parleremo tra poco. Anche in questo caso, intuiamo che salendo di livello è possibile sbloccare combo migliori e attacchi più potenti, ma tutto il processo appare un po’ farraginoso e privo di istruzioni. Oltre ai semplici attacchi, i nostri eroi potranno sfruttare poi alcune opzioni offensive legate a fattori quali ad esempio l’acqua, la terra e l’elettricità. Sbloccabili nel corso dei livelli, questi elementi speciali consentono di scatenare attacchi dalla potenza elevata, ma potranno essere utilizzati solo dopo aver ricaricato l’apposita barra attraverso combattimenti o la raccolta di collezionabili. Operate queste precisazioni, è giusto parlare del gameplay: Dusty Raging Fist propone elementi classici dei picchiaduro a scorrimento, come ad esempio le combo e i boss di fine livello, intervallati da brevi sessioni platform. All’interno del sistema di gioco abbiamo notato elementi negativi, come ad esempio la mancanza delle barre di energia sopra ogni nemico da affrontare, così come alcuni sbilanciamenti nel gameplay. Tutti i personaggi presentano un attacco medio, uno più pesante e uno a distanza. Abbiamo notato che Darg, il cervo, è dotato di un attacco da lontano che è fin troppo efficace, perché in grado di trapassare i nemici e colpirli per due volte. Una volta scoperto il trucchetto ci siamo completamente scordati degli altri due personaggi, affidandoci all’attacco a distanza di Darg e all’artiglieria di Leo. A livello di difficoltà normale questa strategia ha dato i suoi frutti praticamente in ogni livello, e dobbiamo dire che non si tratta di un punto a favore del titolo. I movimenti dei nostri personaggi, inoltre, sono apparsi spesso impacciati, specie nelle sezioni platform, mentre le hitbox dei vari protagonisti sono un po’ imprecise. Si tratta di difetti che costituiscono un freno evidente a un titolo che, in fondo, presenta anche elementi positivi. Le combo, specie quelle effettuabili ai livelli di esperienza più alti, sono piuttosto appaganti e non così semplici da eseguire, mentre alcuni boss offrono una sfida piuttosto piacevole.

Animali molto umani

Anche dal punto di vista tecnico Dusty Raging Fist rimane in bilico tra elementi gradevoli e scivoloni evidenti. La grafica, ad esempio, propone dei buoni modelli bidimensionali, con un character design frizzante e personaggi costituiti da animali antropomorfizzati in maniera originale. La realizazzione delle azioni offensive, al tempo stesso, è soddisfacente, specialmente se si considera che a ogni attacco elementale corrisponde una diversa rappresentazione estetica visibile dopo ogni colpo. I vari livelli, inoltre, propongono spesso un sufficiente colpo d’occhio, anche se a volte non è molto chiara la logica che si cela dietro alla scelta delle varie location; in un livello ambientato in una nave, ad esempio, abbiamo attraversato aree con ascensori e piattaforme fluttuanti in aria. Il sonoro, invece, propone un doppiaggio in inglese piacevole e musiche tutto sommato sufficienti, cui si affianca una localizzazione testuale in italiano molto altalenante. Durante le cutscene, ad esempio, le lettere accentate non sono contemplate, mentre alcuni elementi, come i menu di gioco, non sono tradotti per niente o presentano una conversione letterale piuttosto imbarazzante (del tipo, il menu per conoscere le varie combo dei personaggi si chiama Sposta Lista, al posto dell’inglese “Move List”). La cosa più fastidiosa del comparto tecnico, in ogni caso, è la presenza di cali di framerate che disturbano sempre nei momenti più concitati. Giocando da soli, ad esempio, abbiamo assistito a dei freeze di qualche istante proprio mentre stavamo combattendo con i boss di fine livello, ma l’esperienza si è ripetuta anche nelle sessioni con più giocatori.

+ Determinate sequenze di gioco sono impegnative

+ Discreto design di personaggi principali

+ Alcune combo sono appaganti

– Cali di framerate molto fastidiosi

– Localizzazione imprecisa

– L’attacco a distanza di Darg è troppo efficace e finisce per togliere importanza a combo e colpi ravvicinati

– Storia deludente

6.0

Dusty Raging Fist è un gioco che propone in maniera evidente elementi positivi e negativi. Alcune sequenze di gioco sono ben realizzate e impegnative, e non c’è dubbio che il lavoro compiuto dagli sviluppatori sulla caratterizzazione grafica dei personaggi e delle loro mosse sia da apprezzare. D’altra parte, però, accanto a una narrativa più deludente rispetto al precedente capitolo, troviamo problemi tecnici di vario tipo, una localizzazione buona solo a metà e una inspiegabile mancanza di spiegazioni sul funzionamento di alcune dinamiche di gioco. Se amate i beat’em up potreste farci un pensierino, ben consapevoli però che si tratta di un gioco lontano dall’essere perfetto.

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