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Recensione

Z.H.P. Unlosing Ranger vs Darkdeath Evilman

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 30/01/2011 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7.8

Nippon Ichi Software, nota ai più semplicemente come NIS, è una casa che si è guadagnata una certa fama soprattutto tra due categorie di videogiocatori: gli amanti dell’hardcore più estremo, con tonnellate di schermate di statistiche e una mole di dati spesso al limite delle possibilità umane e un livello di difficoltà che tende alla frustrazione, e coloro che, oltre che divertirsi, con un videogioco cercano anche divertimento.Questi due ingredienti sono, infatti, la base di ognuna delle pietanze che questa talentuosa software house presenta al tavolo dell’utenza mondiale, soprattutto su PlaystationPortable, visti i costi dimezzati rispetto allo sviluppo di un titolo HD e visto che la bidimensionalità (altro punto forte delle loro produzioni) è ancora concesso (quasi) esclusivamente su piattaforme meno potenti di quelle da salotto. In questo quadro, eccoci a descrivervi l’impronunciabile Z.H.P. Unlosing Ranger vs Darkdeath Evilman, ultimo lavoro per la piccola di casa Sony.

Anche ai supereroi viene la diarrea…Il cappello introduttivo dovrebbe avervi già dato un’idea di quello che vi aspetta: un titolo per nulla facile da digerire, con un livello di difficoltà improbo e una trama che vi farà scompisciare dalle risate in più punti. Andiamo con ordine, e iniziamo proprio da quest’ultimo elemento. La spirale di nonsense e comicità demenziale che NIS ha avviato con la saga di Disgaea non sembra vedere la fine e, anzi, si avvita sempre di più nel comporre trame completamente fuori di testa, le quali coinvolgono personaggi folli che danno vita a dialoghi tremendamente stupidi, ma anche dannatamente divertenti. Se in questa occasione saranno troppi, normalmente daranno quel tocco in più che ha spinto le vendite dei giochi della Nippon Ichi negli ultimi anni: stavolta vestiremo i panni di un tizio qualunque, che assiste all’investimento del più grande eroe di tutti i tempi, colpevole di aver attraversato sbadatamente la strada perché in ritardo per la sfida finale con Darkdeath Evilman, il signore del male che punta ad uccidere Super Baby, un lattante con tanto di ciuccio che rappresenta l’ultima speranza per il genere umano. Ci avete capito poco? Beh, all’inizio anche noi, ma credeteci, non è importante. Il punto è che il gioco è infarcito di battute memorabili (“Anche noi supereroi, se mangiamo cibo raccolto da terra, ci becchiamo la diarrea o peggio, cosa credete?” cfr. Unlosing Ranger, traduzione del sottoscritto), personaggi tra i più improbabili che abbiano mai calcato lo schermo della nostra fida PSP e, in generale, il plot rappresenta più un pretesto per introdurci ad un mondo alternativo intriso di umorismo demenziale che una parte fondante dell’esperienza di gioco. Preparatevi quando a sorridere, quando a ridere di gusto, e sappiate che i dialoghi, nonostante la tentazione di saltarli a piè pari con la sola pressione di un tasto, sapranno regalarvi battute al fulmicotone che chi scrive non esiterà a riciclare alla prima occasione utile.A questa precisazione ci costringono i programmatori, colpevoli di aver inserito una eccessiva quantità di testo, forse innamorati del loro brillante humour, che finisce con il frammentare eccessivamente il ritmo di gioco, a meno che, pena il perdersi memorabili scenette, non si saltino i dialoghi con la semplice pressione di un tasto frontale.La scelta, ardua, è nostra, ma è una scelta che non avremmo dovuto fare noi utenti.

Mistery DungeonA livello di gameplay, il gioco si configura come il primo tentativo della software house nipponica nel campo dei Mistery Dungeon, un genere da sempre molto diffuso nel paese del Sol Levante e di scarsissimo successo nel resto del mondo, se è vero che anche una serie che ha venduto milioni su milioni di copie su diverse piattaforme, come quella dei Pokémon, ha visto proprio negli spin off dedicati a questo sottogenere gli episodi meno riusciti e meno fortunati in termini di vendite. Riguardo le dinamiche di gioco, spiegheremo, in senso generale, anche l’ossatura di questa categoria di giochi che non ha mai sfondato in Occidente: saremo messi al comando di un “one man army”, visto che non disporremo di un party ma solo del nostro improvvisato eroe, comandato in tempo reale, che si muove su una griglia simile a quella degli strategici a turni in una serie di dungeon generati casualmente, infarciti di nemici ed oggetti.Gli avversari hanno un campo visivo limitato, entrando nel quale saranno allertati e attaccheranno il nostro alter ego, con un sistema di combattimento a turni, in cui la pressione del tasto di attacco (X, in questo caso) o l’uso di un oggetto curativo varranno come azione e faranno quindi passare il pallino nelle mani del nostro avversario. Lo scopo ultimo del gioco è arrivare in fondo a questi dungeon, anche se le varianti da considerare sono centinaia e il viaggio sarà molto più difficile e tatticamente impegnativo di quanto si possa immaginare. Innanzitutto perché il nostro eroe consuma energie camminando ed esplorando e queste possono essere recuperate solamente cibandosi:questo comporta il partire sempre con una scorta di oggetti ad hoc, che però andranno totalmente persi se, malauguratamente (e credeteci, succederà centinaia di volte), dovessimo perire durante la nostra personale discesa agli inferi. Come nella saga di Disgaea, il terreno, spesso accidentato, o ghiacciato, o disseminato di spuntoni costituisce un’altra variabile da considerare, come anche il fatto che, strisciando nell’ombra per arrivare in fondo ai dungeon senza rischiare la morte, non guadagneremo punti esperienza sufficienti per progredire nel gioco, che, come detto, non lesina mostri di fine livello di potenza inaudita: il gioco sta tutto, allora, nella capacità di bilanciare scontri con i nemici con momenti che oseremmo definire quasi “stealth”, per non parlare del fatto che, in punto di morte, tutti i mostri che popolano i dungeon lanceranno un grido di morte, che, se udito dagli altri abitanti di quel determinato piano, ci costringerà ad affrontarli tutti.E che dire della possibilità di lanciare i nemici posti nelle caselle adiacenti alla nostra così da guadagnare tempo o da infliggere danni ad un secondo nemico che si vedrà recapitare il primo sulla testa? O dell’usura cui le nostre armi e armature vanno incontro con l’uso? Non abbiamo enumerato che un terzo delle decine di fattori di cui tener conto durante la nostra esplorazione, e non proseguiamo per esigenze di spazio ma anche per non togliere gusto al giocatore, che potrà dire di padroneggiare completamente il titolo a livello tattico solo dopo sessioni di gioco intense e ragionate.Come ha sempre fatto, NIS non scende a compromessi, e propone un’esperienza di gioco decisamente di nicchia, che probabilmente lascerà indifferente la maggior parte dell’odierna utenza videoludica ma, nel contempo, farà letteralmente impazzire chi sguazza in statistiche, mosse dalle conseguenze scacchistiche e giochi che muovono la materia grigia molto di più di quanto non facciano con i polpastrelli.Non che sia tutto rose e fiori, intendiamoci: troppo spesso la struttura dei livelli eccederà nella sua eccentricità, e ben presto, anche un neofita che voglia dare fiducia al titolo per venire a contatto con i Mistery Dungeon, si accorgerà che il gioco soffre di una ripetitività di fondo che né la generazione casuale dei dungeon né la grande varietà di armamenti disponibili riescono ad annacquare.

Trascuratezza graficaAnche qui, crediamo che il titolo del paragrafo condensi bene l’impressione che Z.H.P. offre al giocatore: trascuratezza. Non che questa software house abbia mai puntato sulla spettacolarità grafica o sui lustrini a livello tecnico, ma il comparto grafico del gioco risulta davvero scialbo, con ambienti poligonali spogli e spigolosi, degni di un “launch- title” per PSone, modelli dei personaggi bidimensionali pieni sì di dettagli e colori, ma che cozzano tremendamente con l’ambiente circostante e sono di fatto sprovvisti di animazioni, e nessun effetto speciale degno di nota durante i combattimenti, che si svolgono in maniera rapida, indolore e assolutamente anonima.Dispiace che, dopo aver offerto prova di grande abilità nel recentissimo Prinny 2, gravato però da altri problemi, qui i ragazzi di NIS abbiano dato prova di un gioco ben bilanciato a livello di meccaniche e difficoltà ma davvero insufficiente a livello grafico. Tutt’altro discorso per l’accompagnamento sonoro, che unisce motivetti idioti ma orecchiabili, in pieno stile NIS, al solito doppiaggio solido, sopra le righe e ben recitato cui siamo abituati dai tempi dell’esordio della serie Disgaea su PlaystationPortable.Vi ritroverete a fischiettare musichette delle quali poi, una volta usciti dalla doccia, dovrete rendere conto alla vostra ragazza. Ma era questo, in fondo, l’obiettivo dei programmatori, e possiamo dire che sia stato brillantemente raggiunto.Nessuna via di mezzo anche per quanto concerne la longevità: o abbandonerete il titolo dopo le primissime ore di gioco, consci di non poter reggere quella mole di dati e dialoghi, oppure lo snocciolerete in ogni sua parte, avidi e coscienziosi, senza badare all’orologio, non passandoci meno di 40 ore.Occhio però: non si può salvare quando si vuole, e non esistono porte di uscita dal dungeon: quando si è dentro, si è dentro, e se ne esce solo orizzontali.Giocatori avvisati, mezzi salvati.

– Tremendamente profondo

– Grande longevità

– Approccio occidentale ai Mistery Dungeon riuscito

– Troppi dialoghi ridondanti

– Graficamente spartano

– Caricamenti inspiegabili

7.8

Come per Cladun, i due Disgaea portatili e un’infinità di altri prodotti, non solo per PlaystationPortable, anche per Z.H.P. servono pazienza, dedizione, e una grande quantità di tempo a disposizione.

Ma, se si riescono a soddisfare queste condizioni, l’esperienza di gioco è appagante, profonda, invitante e i soldi spesi (al momento il gioco è disponibile solo in versione americana) si rivelano anche pochi rispetto alla quantità di materiale proposto.

La strada percorsa da NIS va in una direzione radicalmente opposta a quella che più comune nell’odierno mercato videoludico, ma ci auguriamo che non per questo la si abbandoni: come sempre il voto finale è una ponderata via di mezzo tra l’otto pieno che avrebbe meritato il titolo con una cosmesi più decente e con qualche dialogo in meno e il sette e mezzo derivato dalla poca originalità generale e dalla difficoltà intrinseca di accostarsi ad un’opera di questo tipo.

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