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Recensione

Yakuza 6: The Song of Life, la recensione dell’ultima avventura di Kazuma

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Avatar di Jeegsephirot

a cura di Jeegsephirot

Pubblicato il 15/03/2018 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8

12 anni dopo il suo esordio su Playstation 2, SEGA ha deciso di mettere la parola fine alle vicende di Kazuma Kiryu, fino a oggi protagonista incontrastato della serie Yakuza, meglio conosciuta in Giappone con il nome di Ryu ga Gotoku. Lo Yakuza 6, sottotitolo The Song of Life, che si appresta a raggiungere il nostro continente il prossimo 17 aprile 2018 (a due anni di distanza dalla release giapponese) rappresenta infatti l’epilogo definitivo per il leggendario Drago di Dojima, sebbene quest’ultimo lo rivedremo prossimamente in Yakuza Kiwami 2 (remake del secondo capitolo) e, chissà, magari in altri possibili remake. Con queste premesse, dunque, la domanda sorge spontanea: Yakuza 6 onora le aspettative di questo addio all’eroe che ci ha accompagnato nel corso di questi lunghi anni? Cercheremo di fornirvi una risposta nel corso di questa nostra recensione.

Ciao KiryuLe storia di Yakuza 6 riprende esattamente là dove l’avevamo lasciata, durante quel finale di Yakuza 5 che vedeva Kiryu ritrovato in fin di vita da Haruka, che aveva appena annunciato al mondo il suo ritiro come idol e svelato di essere la figlia adottiva del noto ex-Yakuza. Tutto faceva presagire un finale felice, ma la realtà è ben diversa. Kiryu viene infatti arrestato per i disordini causati nei passati eventi e costretto quindi a tornare nuovamente dietro le sbarre, anche se per soli 3 anni. Uscito di prigione, però, il peggio deve ancora arrivare in quanto non solo apprende che Haruka è sparita misteriosamente da un paio d’anni, ma che è stata addirittura coinvolta in uno strano incidente stradale nel quale rischia la vita. Come se ciò non bastasse, Haruka nel frattempo ha avuto un figlio, Haruto, e ora toccherà a Kiryu doversene prendere cura mentre al contempo cerca di ricostruire cosa è successo durante la sua assenza. Nonostante un prologo incredibilmente prolisso (forse troppo) e delle premesse magari non proprio interessanti, possiamo tranquillamente affermare che la trama di Yakuza 6 risulta davvero ben scritta e sceneggiata, risultando perfettamente in linea con gli standard a cui la serie ci ha abituato durante questi 12 anni. C’è una cosa però che sentiamo di dover evidenziare: in qualità di capitolo conclusivo che avrebbe messo la parola fine alle avventure di Kazuma Kiryu, ci saremmo aspettati un intreccio narrativo molto più epico, capace di mettere in gioco tutto il cast che ha reso celebre la serie, che qui invece risultano quasi totalmente assenti. Soprattutto personaggi del calibro di Majima che, dopo Yakuza 0, era stato elevato quasi allo stesso livello di Kiryu. Purtroppo così non è stato, ma il risultato resta comunque soddisfacente, con un finale assolutamente emozionante e coerente.

I giochi nel giocoTokyo e Hiroshima sono le due città che fanno da sfondo agli eventi di Yakuza 6, nello specifico il quartiere di Kamurocho e quello di Onomichi. Il primo non ha certo bisogno di presentazioni, soprattutto per i veterani della serie, in quanto rappresenta il cuore pulsante di qualsiasi Yakuza, ovvero il quartiere a luci rosse ispirato al vero Kabukicho di Shinjuku. Il secondo, invece, è un luogo completamente inedito all’interno della serie, un delizioso paesino che si affaccia sull’oceano composto da templi e case molto piccole. Entrambe le aree sono piuttosto contenute, specie se si paragonano (anche se non si dovrebbe) ai più grandi titoli open world del momento, ma sono pregne di attività e di missioni secondarie con cui si possono letteralmente perdere delle intere giornate. Kamurocho come da tradizione, avrà le sue sale giochi in cui è possibile intrattenersi giocando alle versioni arcade dei più iconici titoli SEGA, nello specifico Out Run, Puyo Puyo, Fantasy Zone, Space Harries e, soprattutto, Virtua Fighter 5 nella sua versione Final Showdown. A questo aggiungiamo gli immancabili Karaoke, Batting Cage, freccette e il complicatissimo Majohng. Per chi invece desidera qualcosa di più “Hot” può in quel caso decidere di investire il proprio tempo in un Cabaret Club dove poter fliterare con una delle 5 bellissime hostesses disponibili, oppure puntare alla nuovissima Live Chat erotica, realizzate con due veri attrici hard giapponesi. Onomichi invece offre attività più sane e spensierate come la pesca con l’arpione, che altro non è che uno shooter su binari con tre diversi livelli, le giornate al bar in cui bisognerà fare amicizia e conversare con gli abitanti del posto o, infine, la gestione di una piccola squadra locale di baseball, dove bisognerà reclutare e allenare i giocatori per vincere le partite. Il vero grande minigioco di questo capitolo, però, è il Clan Creator, ovvero una sorta di strategico in tempo reale dove bisogna distribuire vari tipi di unità sul campo e sbaragliare quelle nemiche. Ciascuna unità ha determinate caratteristiche e mosse speciali, le cui caratteristiche e abilità si basano sui leader che verranno messi in campo, i quali a loro volta acquisiscono sempre più forza in base a come vengono distribuiti nell’albero della gerarchia. Come tutti i minigiochi di questo tipo, anche questo avrà una sottotrama che andrà a svilupparsi man mano che si completano le varie missioni. Il clan creator vanta addirittura di una componente online, dove potete sfidare i clan di altri giocatori o partecipare a eventi giornalieri per ottenere varie ricompense e salire di rank.

Un pugno avanti e due schivate indietroKamurocho e Onomichi sono due realtà che, per quanto opposte, troveranno nella mafia giapponese il loro comune denominatore ed è per questo che il nostro Kazuma si troverà costretto, per un’ultima volta, a doverla affrontare. Nel farlo, il nostro Kazuma dovrà dare sfoggio della sua potenza in un sistema di combattimento messo a punto proprio per questo capitolo finale. La novità più importante è legato al flusso degli scontri, ora resi molto più veloci e dinamici grazie alle caratteristiche del nuovo motore grafico su cui gira. Entrare o uscire da uno scontro ora sarà molto più semplice e senza soluzione di continuità, rendendo gli incontri casuali molto più sopportabili e meno stressanti.  Le basi del combattimento sono quelle classiche della serie, ovvero combinazioni di attacchi pesanti e veloci alternate da prese, schivate e, in particolare, le celebri Heat Action, ovvero delle mosse speciali da utilizzare una volta che si accumulano gli Heat Orbs, che sostituiscono la vecchia barra Heat. Queste Heat Action sono spesso contestualizzate dal luogo, dal posizionamento dei nemici o dall’esecuzione di particolari contrattacchi o armi equipaggiate. Qui però arriva una delle più grandi note dolenti di questo Yakuza 6: inspiegabilmente, infatti, il gioco risulta castrato sul fronte del parco mosse messe a disposizione per Kiryu. Se addirittura in Yakuza 0 o Kiwami avevamo ben tre stili di combattimento completamente differenti e adattabili a diverse situazioni e nemici, qui tutto viene confluito in un unico stile accessibile durante l’Heat Mode, ovvero una modalità attivabile con il pulsante R2 che rende Kiryu più forte e invulnerabile per un breve periodo di tempo. Durante l’Heat Mode è possibile accedere a mosse altrimenti impossibili da eseguire, con combo e heat action praticamente uniche.  Anche sbloccando tutte le mosse disponibili nei vari rami di abilità tramite i punti esperienza acquisiti durante il gioco, la sensazione è che Yakuza 6 non arrivi neanche lontanamente vicino al numero che metteva a disposizione uno Yakuza 0 o Kiwami. Questo si traduce poi nel gioco in un costante senso di ripetitività, per quanto compensato dal divertimento e dalla velocità degli scontri. Un vero peccato.

La potenza del Dragon EngineYakuza 6 è stato sviluppato adottando il Dragon Engine, il nuovo motore grafico sviluppato appositamente per questo nuovo capitolo e per quelli che arriveranno in futuro (il prossimo infatti sarà Kiwami 2). Le sue caratteristiche permettono al gioco di dare nuova linfa vitale alla serie non solo dal punto di vista estetico, ma anche da quello delle prestazioni. La prima cosa che infatti è possibile notare esplorando le varie mappe di gioco è che la quasi totalità dei tempi di caricamento sono stati completamente eliminati. Ora è possibile entrare e uscire nei locali senza interruzioni, combattere o fuggire in tempo reale e, soprattutto, giocare senza più pensare al salvataggio manuale in quanto è disponibile una funzione di autosalvataggio piuttosto frequente. Kamurocho e Onomichi beneficiano invece di una riproduzione incredibilmente fedele e viva ai luoghi da cui si ispirano, al punto tale che muoversi in quelle aree tramite la visuale in prima persona riesce perfettamente a teletrasportare il giocatore in quei quartieri come pochi altri titoli sanno fare. Se siete mai stati al Kabukicho di Shinjuku, ve ne renderete subito conto di quanto vere siano le nostre affermazioni. Plauso invece, come sempre, alla realizzazione dei personaggi principali, soprattutto nella cura dei volti e delle espressioni facciale che, oseremmo dire, sono senza precedenti nel panorama videoludico. Aspetto, questo, che viene ulteriormente enfatizzato grazie a un cast di attori provenienti dalla TV e dal cinema giapponese di primissimo livello, basti solo considerare la presenza di Takeshi Kitano.

Il nuovo motore grafico

Tanti bei minigiochi

Bella storia e bei personaggi ma…

Il combattimento è castrato

… non all’altezza per il capitolo finale di Kiryu

8.0

Questo Yakuza 6: The Song of Life possiamo dire che è uno di quei titoli che si presta particolarmente al concetto di “bene, ma non benissimo”. La storia, i contenuti e il gameplay sono indiscutibilmente di buon livello, ma non era quello che volevamo dal gioco che avrebbe salutato una volta per tutto il personaggio di Kiryu Kazuma, a cui oramai ci eravamo affezionati nel corso di questi 12 anni.

Secondo noi era lecito aspettarsi qualcosa di più, sopratutto nel sistema di combattimento che invece di andare avanti ha fatto un passo indietro, specie se messo a confronto con Yakuza 0, che su quel fronte (ma non solo) rappresentava l’apice della serie.

L’acquisto resta comunque consigliato in maniera imprescindibile, soprattutto se siete fan storici, in attesa di scoprire quale sarà il futuro del brand senza il Drago di Dojima.

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