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Recensione

Wulverblade, bretoni in lotta

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 13/05/2018 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7.5

Da genere di culto a genere in via di estinzione o a esclusivo appannaggio degli sviluppatori indie, quello dei brawler a scorrimento orizzontale ha avuto una parabola discendente decisamente infelice. Non mancano però diversi titoli in grado di dire la loro e introdurre elementi di grande interesse all’interno di una formula che non è cambiata molto nel corso degli anni. Di certo si tratta di una mossa che ha i suoi rischi, motivo per cui sono in pochi a osare davvero e tentare di aprirsi a novità di rilievo. Wulverblade è infatti un brawler conservatore, uno di quelli che più classici non si può: dalle meccaniche di gioco, al campionario di eroi messi a disposizione, non c’è molto che lasci stupiti; ma il contesto storico in cui è immerso, insieme alla storia raccontata, rappresentano un buon valore aggiunto in grado di infondere quell’aura di originalità utile a distanziare il titolo di Fully Illustrated dagli altri cloni.
Orgoglio Bretone
Wulverblade è ambientato nel 120 dopo Cristo e segue le fosche vicende dell’esercito romano alla conquista del sud della Britannia; il tutto, dal punto di vista della popolazione indigena, che con orgoglio tenta di difendere le proprie terre dall’attacco dei legionari. Mito e leggenda si fonderanno con reali eventi storici quando i cinquemila dell’esercito della Nona Legione romana dovranno scontrarsi con tre valorosi guerrieri determinati a respingere i loro attacchi, dimostrando quanto l’orgoglio delle tribù può essere più forte della brutale sete di conquista. 
Colpisce in positivo la cura riposta dagli sviluppatori nella creazione degli scenari e del contesto storico, e in tal senso non mancano luoghi e persone realmente esistite all’epoca. Prima di cimentarsi con la creazione del gioco, i ragazzi di Fully Illustrated hanno girato in lungo e in largo le rovine, i siti antichi e i sentieri intrapresi dai bretoni, scegliendo finanche di registrare delle tracce audio all’interno di ciò che restava dei fortini romani, e quelle ambientali presso le aree teatro di battaglie. 
Questo dovrebbe far capire piuttosto chiaramente quanto importanti siano stati i particolari per creare al meglio l’atmosfera di gioco, e ad onor del vero non c’è neanche un momento in cui ci si sente estraniati dal ricco mondo fumettoso di Wulverblade, che sceglie un art design simile a una graphic novel in movimento per tratteggiare personaggi, livelli e situazioni dove la violenza censurata non esiste. 
Wulverblade non è dunque un titolo che va troppo per il sottile: mutilazioni di arti e teste, abbinati a copiosi versamenti di sangue e mosse devastanti sono la base su cui viene costruito il racconto a base di barbare battaglie. L’introduzione del trio capitanato da Caradoc (personaggio attorno a cui ruotano le vicende), le avanzate dei romani e il cosiddetto “lore” vengono approfonditi sia da alcune scene animate d’intermezzo doppiate in inglese (non ci sono nemmeno i sottotitoli in italiano), sia da diversi file di testo da raccogliere negli otto livelli che potrete completare in circa cinque o sei ore.
Le botte vere, quelle di una volta
Non è un segreto che Wulverblade si ispiri a titoli come Golden Axe, Sengoku e Knights of the Round, portando sugli schermi le dinamiche degli arcade vecchia scuola e i classici tre personaggi tra cui scegliere: Brennus è il bruto del gruppo, con grande stazza e forza fisica, da scegliere se si vogliono menare le mani senza un attimo di respiro; Guinevere è una ragazza rossa di capelli e con tatuaggi sul viso che è giocoforza la meno potente, ma anche la più rapida e scattante; Caradoc è invece la classica via di mezzo, ossia il personaggio che consente di avere un approccio più equilibrato, senza particolari punti di forza o debolezze.
Com’è facile immaginare, anche il sistema di combattimento non propone grandi innovazioni: è possibile esibirsi in attacchi di base che si possono tramutare in combo appena accennate, juggle aerei, scatti, l’immancabile mossa speciale che consente al personaggio selezionate di andare in berserk, un’evocazione che dura qualche secondo e la parata. Parata che, se eseguita nel momento giusto per attivare il parry, apre la strada a un contrattacco. 
Il livello medio di difficoltà non è di certo basso, motivo per cui non è indicato attaccare a testa bassa e con grande arroganza. Ne consegue che il bilanciamento, in certi frangenti, non è dei migliori, ma se si decide di affrontare la partita in cooperativa (c’è solo quella locale), allora Wulverblade si dimostra più gestibile e alla portata. Naturalmente, qualora decideste di giocarlo su Switch avrete già pronto un secondo controller senza essere obbligati a un esborso extra, e c’è da dire anche che sulla console ibrida di Nintendo il gioco sembra trovare la sua ragion d’esistere. 
I personaggi, sebbene non così iconici e dai tratti distintivi (per lo meno non tutti), sono ben animati  e si muovono lungo scenari in alta definizione e senza subire alcun tipo di rallentamento di sorta. Ci sono momenti in cui alcune trovate artistiche sono davvero apprezzabili, come i combattimenti sul delta del fiume dove davanti al tramonto si stagliano le sagome scure dei lottatori, e in generale si tratta di un lavoro sì buono ma incapace di farvi stropicciare gli occhi.

– Buona storia, con molti riferimenti storici e tanta cura per il folklore dell’epoca

– Propone un’ambientazione inedita e un paio di novità per il genere

– Tre personaggi e una modalità campagna da poter giocare in co-op locale

– Sin troppo classico, coi difetti congeniti di un genere difficile da svecchiare

– A tratti ripetitivo

7.5

Wulverblade è un brawler a scorrimento classico nella sua essenza, ma del tutto inedito nel suo saper proporre una buona storia a cavallo tra folklore e storia, mettendo di fronte l’esercito romano della Nona Legione contro i cuori impavidi dei barbari Bretoni in difesa del loro territorio. Ne esce fuori un picchiaduro più che buono, capace di offrire anche una discreta rigiocabilità. Se come noi lo volete recuperare in questo periodo di iato tra le grandi uscite o non disdegnate un paio di partite che possano spezzare il ritmo tra lunghe sessioni ad altri titoli, dategli una chance.

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