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Recensione

The Madness of Little Emma

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 12/01/2016 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

6.5

Prendere ispirazione senza cadere nella più bieca emulazione è una qualità che non tutti hanno, specialmente in questo settore, dove sta diventando sempre più conveniente rimanere nella propria zona di sicurezza senza rischiare più del dovuto. Conviene perché le formule di successo pagano sempre, non si sperperano denari al vento durante la produzione, gli utenti sanno già cosa aspettarsi e si sentono un po’ come se fossero a casa propria, i rischi di fare flop sono ridotti all’osso. The Madness of Little Emma, senza voler dunque strafare, non inventa nulla e propone un buon connubio tra ciò che ha mostrato al pubblico il buon The Binding of Isaac e gli elementi migliori dei platform roguelike.
La storia della Piccola Emma
Emma vive con suo fratello più piccolo in una sorta di baita in mezzo alla foresta, conducendo una vita frugale, tranquilla e senza rogne. Un giorno, senza preavviso alcuno, accade qualcosa di molto strano: il fratello sparisce in circostanze misteriose, la casa comincia a tingersi del colore del sangue e sulle mani di Emma appaiono le tracce rosse della colpevolezza; eppure la piccola ragazzina non ricorda nulla di tutto ciò, come non ricorda nemmeno la presenza di una botola di legno in mezzo al piccolo appartamento, dentro cui si cala per entrare in un mondo fatto di mistero e follia: la sua. Dopo il breve filmato, verrete scagliati direttamente nei sotterranei, e via sempre più giù, incontrando qualcosa come cinquanta tipi di nemici con pattern di attacco ben diversificati, diciotto boss, una gran quantità di oggetti in puro stile roguelike classico, un centinaio di ore (potenziali) di gioco. Potenziali, perché gli episodi che compongono il gioco sono quattro, così come i finali, mentre le stanze che si genereranno a ogni partita sono sempre un gran bel punto interrogativo, in tutti i sensi possibili e immaginabili. Ci sono naturalmente degli schemi di generazione procedurale di ambienti e nemici, pertanto memorizzando alcuni livelli vi capiterà spesso di vederne qualcuno che si ripete alla partita successiva, ma bisogna ammettere che la varietà e l’imprevedibilità sono sempre assicurate. È tuttavia necessario segnalare qualche scenario mal calcolato, dove i salti diventano complicati da eseguire e la densità degli attacchi nemici (come i proiettili) è forse un po’ esagerata rispetto ai ritmi che il gioco impone. Oltre che dalla difficoltà decisamente sopra la media, l’avanzamento è reso dunque assai complicato dalla generazione poco attenta degli scenari, che può mettervi di fronte a situazioni complicate fin dai primissimi istanti. In questo senso, non guasterebbe affatto un’ulteriore patch di bilanciamento che possa mostrare un po’ più di indulgenza durante le prime fasi. Lo sviluppatore ha già provveduto a correggere alcuni problemi, ma ce ne sono altri più grossolani che avrebbero dovuto essere risolti prima dell’uscita ufficiale.
L’instancabile ricerca
Nonostante un concept di base non proprio tra i più originali e dei piccoli problemi presenti qua e là, The Madness of Little Emma funziona bene per diversi motivi, tutti legati a un sistema di gioco che premia gli utenti più pazienti e quelli che non hanno paura di dover ricominciare tutto dall’inizio a causa dell’ennesima sconfitta. Il permadeath è infatti una delle caratteristiche su cui punta il titolo sviluppato da Bartosz Bojarovski, che ha dalla sua anche una leaderbord persistente, ideale per chi è a caccia della sessione perfetta. 
Il supporto per il gamepad è buono ma la mappatura iniziale dei comandi è delirante e vi capiterà di compiere azioni inopportune proprio quando non dovreste, pertanto vi consigliamo caldamente, ove possibile, di rimediare subito alle balzane impostazioni di default. In caso contrario, dovrete abituarvi a saltare con un tasto dorsale e a sparare con la levetta analogica destra: tanti auguri e in bocca al lupo, ne avrete bisogno. Andrebbe sistemata anche la sensibilità dei movimenti durante i salti, perché capita spesso di peccare di imprecisione anche quando si fa di tutto per non saltare di piattaforma in piattaforma in modo grossolano, ma tutto sommato The Madness of Little Emma riesce a essere abbastanza godibile e impegnativo senza compiere grosse scorrettezze verso i giocatori. 
Nonostante il genere di appartenenza tenda più a lasciare spazio al gameplay che non alla storia, avremmo preferito che quest’ultima venisse amalgamata meglio al gioco, soprattutto perché avanzando si notano ben poco le motivazioni che hanno portato alla deriva la psiche della piccola Emma. Un nemico in particolare, che prende le sembianze di un diavoletto, apparirà di frequente quando la pazzia della protagonista prenderà il sopravvento, e lo fa in un modo che riteniamo poco giusto per gli utenti: appare praticamente nello stesso punto in cui si trova Emma in quel preciso istante, causando quasi obbligatoriamente dei danni. La situazione, nel momento in cui scriviamo la recensione, è lievemente migliorata, ma è evidente che qualcosa debba ancora essere sistemata. Tecnicamente, The Madness of Little Emma vive di chiaroscuri: sebbene la sua pixel art sia buona, la risoluzione davvero troppo bassa non vi consente di giocare a schermo intero, inficiando così l’intera esperienza di gioco. 

– Sempre molto imprevedibile

– Tante ore di gioco e oggetti da recuperare

– Buona varietà dei nemici

– Diversi bug

– La generazione casuale è talvolta mal calcolata

– Risoluzione troppo bassa

– Storia poco coesa al gioco

6.5

The Madness of Little Emma prende palesemente spunto da The Binding of Isaac e si crea una sua dimensione appoggiandosi sulle basi dei platform roguelike più classici, con la generazione casuale degli ambienti a farla da padrone. La storia curiosa ma poco organica, e qualche problema tecnico di troppo, lo costringono però a una condizione non esattamente tra le migliori. Gli amanti del genere troveranno di meglio altrove.

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