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Recensione

Silence of the Sleep

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 05/11/2014 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

6.5

Quando farete la conoscenza di Jacob Reeves, lui è già sul punto di suicidarsi. 
È una silhoutte scura che si staglia su uno sfondo dai colori smorti e bigi, un uomo vinto dalla disperazione che chiede il perdono a qualcuno per ciò che sta per fare; si avvicina a un precipizio, si volta dando le spalle al vuoto e rimane per un attimo immobile. Poi prende un respiro di coraggio, espira l’aria come se volesse liberarsi di tutto il peso del mondo, e infine si abbandona all’oblio. “A Game by Jesse Makkonen” è la scritta che appare sullo sfondo nero, mentre le drammatiche note di un pianoforte fanno da contraltare al suono della pioggia battente, che sembra al contempo voler lavare via le conseguenze dell’estremo gesto e dare un senso di continuità alla vita che prosegue senza di lui, che deve andare avanti.

The blackness
Eppure Jacob è ancora vivo, in qualche modo. Dopo aver toccato il suolo ed essere stato inghiottito dal buio, si “risveglia” nella stanza di un hotel, spinto a capire cosa gli sta veramente accadendo. 
Oltre a presentare la particolarità di una trama che comincia col suicidio del protagonista, Silence of the Sleep sorprende per la sua capacità di presentarsi come un titolo sviluppato da un collettivo dove si mescolano i talenti di più personalità. E invece è proprio Jesse Makkonen l’unico ad aver lavorato a tutti gli aspetti del gioco, evidenziando una propensione artistica a tutto tondo e un’ispirazione davvero fuori dalla norma. Tuttavia, il progetto si configura come un’opera indipendente e intimista costretta a far fronte ad alcune problematiche che, soprattutto sotto il profilo del gameplay, hanno qualche spigolosità di troppo. 
Ogni personaggio in cui si imbatterà Jacob Reeves è una sagoma nera. La scelta stilistica è atta a sottolineare inequivocabilmente la condizione in cui tutti si ritrovano all’interno di quel purgatorio carico di misteri, segreti e situazioni che normalmente porterebbero rapidamente alla follia chiunque. I personaggi più di rilievo sono contraddistinti da un indumento, un accessorio o una parte del corpo colorata di rosso vivo, che rende più semplice identificare chi ha un ruolo primario nell’avanzamento della storia. Silence of the Sleep è soprattutto un’indagine circospetta e al contempo approfondita della condizione umana in cui ci si trova, mentre si rimbalza da una stanza all’altra alla ricerca di spiegazioni che possano svelare l’origine di un nuovo e inaspettato inizio in cui sembra essere rimasti intrappolati. Il backtracking è assai frequente, e capita non di rado che si debba andare da un punto all’altro per trovare l’oggetto richiesto dal personaggio di turno. Talvolta, l’operazione è di quelle davvero semplici e immediate, altre volte, invece, bisognerà necessariamente risolvere alcuni puzzle. I rompicapo in questione sono sempre abbastanza intelligenti e nient’affatto scontati, con suggerimenti non immediati da cogliere, spesso disseminati lungo gli scenari di gioco. Non arrivano mai a essere proibitivi, e riescono anzi a dare una discreta soddisfazione per via di una risoluzione che il più delle volte è tutto fuorché ovvia.

L’ombra di se stessi
In Silence of the Sleep non ci sono combattimenti e non ci sono nemici da uccidere. Ciò non significa però che mancheranno le minacce e i momenti di alta tensione, rappresentati in particolar modo da informi sagome che si approcciano al protagonista, che deve semplicemente fuggire a gambe levate o calcolare le tempistiche per potersi infilare dentro una porta. C’è la possibilità anche di spiare dalle fessure, così come di interagire con degli oggetti ogni qual volta appare un punto esclamativo sulla testa di Jacob. Il sistema è talvolta impreciso, e allo stesso modo è sommario anche il minigioco che permette di “sfuggire” agli assalti delle creature. Si tratta di mantenere il cursore del mouse all’interno di uno spazio che va restringendosi, mentre una barra sale e scende come un pistone. Ad accompagnare questi attacchi, c’è un sound design da applausi, che sa come dosare alla perfezione le note stridule e acute, per poi passare ad accompagnamenti carichi di inquietudine quando si ritorna a esplorare gli ambienti. Quando gli scenari vengono trasfigurati, le pareti grondano di sangue e tutto diventa oppressivo, non potrete fare a meno di pensare al maestro Yamaoka, a cui Makkonen spesso si rifà. Se dovessimo dunque indicare un’eccellenza che spicca sulle altre, questa sarebbe indubbiamente rappresentata dal comparto sonoro, sempre adeguato alle situazioni, sufficientemente dinamico e certamente d’impatto. Le critiche vanno mosse invece alla macchinosità di certi movimenti e alla sostanziale lentezza con cui tutto si svolge, anche per quanto riguarda il ritmo di gioco, forse un po’ troppo rilassato. Entrando nello specifico, essere obbligati a girare su se stessi tutte le volte che bisogna attraversare una porta o interagire con qualcosa, è fastidioso e risulta essere d’impaccio quando bisogna darsi alla fuga. In generale, insomma, è chiaro come i test sulla fluidità del sistema di gioco abbiano latitato fino alla fine, facendo arrivare sul mercato un gioco che ha sicuramente degli ottimi spunti narrativi e un carattere deciso, ma a cui è mancato qualche occhio (e mano) in più che potesse limare alcuni difetti di troppo.

– Spunti narrativi interessanti e convincenti

– La colonna sonora e il sound design sono strepitosi

– Artisticamente ispirato, con uno stile unico

– Ritmi di gioco piuttosto lenti

– Le movenze di base sono macchinose e impacciate

– Backtracking presente per gran parte dell’avventura

6.5

Silence of the Sleep è un buon progetto portato avanti da una persona sola, che ha curato tutti gli aspetti della produzione fino all’ultimo momento. Jesse Makkonen ha indubbiamente una grande sensibilità e un’ottima stoffa, ma durante tutto l’arco dell’avventura risulta evidente come sia molto più portato per certi aspetti a discapito di altri. Si tratta di una buona prova, ma se il giovane sviluppatore si fosse attorniato di altre figure fortemente specializzate, il risultato sarebbe stato sicuramente migliore.

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