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Recensione

RiME

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 26/05/2017 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8

Le vicende che hanno coinvolto RiME dalla sua genesi fino all’arrivo nei negozi lasciavano presagire una parabola discendente che si sarebbe conclusa con un tonfo disastroso, culminato con bocciature e scarso gradimento. Dopo la misteriosa questione che ha visto Sony fare a meno dell’esclusività del gioco, e lo scoppio in lacrime del direttore creativo dopo le feroci e insensate critiche di una trascurabile minoranza di stolti, la fiducia verso RiME era quasi del tutto svanita. 
In realtà, il lavoro di Tequila Works è l’esatto opposto di tutto ciò che poteva sembrare a occhi poco attenti e pregiudizievoli: si tratta di un’opera toccante, capace di scuotere l’anima e far vibrare i sentimenti più profondi grazie a un finale spiazzante e imprevedibile, accompagnando il giocatore lungo un viaggio che difficilmente dimenticherà.
Cullati da un mare che ci appartiene
Inquadrare RiME è facile sin dai primi istanti di gioco, da quando un ragazzino senza nome si risveglia su una spiaggia bianca da cui si estendono formazioni rocciose e misteriosi ruderi da una parte, e distese acquatiche dall’altra, punteggiate da costruzioni solenni e dalle bellezze naturali del Mediterraneo a cui il gioco si ispira È un’opera che ben si adatterebbe a figurare tra quelle ideate da Ueda e fa parte di quel filone di titoli, pochi ma preziosi, che si propongono con delicatezza, essenzialità e che veicolano grandi temi esistenziali. Non ve ne renderete conto immediatamente, perché RiME fa di tutto per nascondere la propria vera e più intima essenza, come uno sconosciuto che ha bisogno della vostra confidenza prima di rivelarsi e aprirsi completamente. Eppure lascia dei segnali, gioca con simboli e simbolismi, comunica senza parlare, racconta di silenzi e dolore, bisbiglia all’orecchio di chi sa ascoltare.
Per tutti questi motivi, è dunque logico non aspettarsi una narrazione classica, né tanto meno quella sempre in voga fatta di suggerimenti e tasselli da mettere a posto. RiME è prima di tutto in viaggio in un mondo interiore che in fondo appartiene a tutti noi. Ed è anche la scoperta di un luogo ideale dove esistiamo e siamo esistiti, in un punto indefinito di quel Mediterraneo che abbiamo nel sangue, nella cultura, nella memoria storica. È un percorso di crescita in una culla destinata – come ogni cosa – ad avvizzire.
Rime of the ancient mariner
È bene specificare che RiME non è esattamente un gioco per tutti, anche se include al suo interno alcuni elementi à la Zelda, di genere platform e da puzzle-game. Se non potete sopportare i ritmi compassati, la congenita lentezza della progressione e l’essenzialità dell’ossatura di gioco, RiME potrebbe non essere adatto a voi. Sebbene duri tra le sei e le dieci ore, a seconda se vogliate far vostri tutti i collezionabili o meno, esiste il rischio che al di là del potente finale possiate rimanere poco coinvolti durante l’arco dell’avventura. In RiME non ci sono combattimenti, non c’è nessuno con cui parlare, non ci sono mansioni e strade alternative; esistono delle macro-aree da scandagliare, oggetti chiave da raccogliere per poter avanzare e un’importante numero di puzzle ambientali da risolvere. Si basano quasi tutti su giochi di prospettiva, ombre e attivazione contemporanea di particolari statue: taluni sono semplici, altri più complessi e un paio non immediatamente chiari. Nonostante ciò, RiME funziona e riesce ad accompagnare il giocatore fino al magnifico epilogo. Lo fa soprattutto grazie a una direzione artistica davvero degna di nota, capace di dare un’identità forte all’opera, che coi suoi colori pastello e la realizzazione morbida degli elementi degli scenari riesce a colpire e catturare senza dover scimmiottare i titoli a cui si ispira. Le musiche, davvero ben realizzate e in grado di spaziare da brani soavi ad altri più melanconici, sottolineano con puntualità e buon criterio i momenti più significativi, mentre lungo l’arco dell’avventura diventano un tappeto sonoro che si sposa alla perfezione con gli ambienti e con loro digradare dal vivace al cupo. 
Tecnicamente va segnalata la presenza di qualche sporadico bug, un sistema di controllo che avrebbe potuto essere più morbido e reattivo, dei cali di frame rate non esagerati ma evidenti e qualche ambiente più disadorno e meno ispirato del solito. Tuttavia RiME è capace di lasciare un segno profondo in chi lo giocherà, grazie a un finale vibrante e migliore di quanto non lo sia l’avventura presa nella sua interezza. Mai come in questo caso, la meta risulta essere certamente più importante del viaggio, ma i chilometri percorsi per arrivarci hanno il potere di instillare – a posteriori – una nuova consapevolezza di ciò che si è vissuto.

– Colonna sonora e comparto artistico degni di nota

– Il finale vale il prezzo del biglietto

– La meta è migliore del viaggio

– Qualche incertezza tecnica, ma mai invalidante

8.0

Sebbene abbia elementi che ricordano ICO, Journey e Wind Waker, RiME è più di un insieme di idee pescate altrove. È un gioco sul dolore e la perdita, un intenso racconto silente che ha il potere di scuotervi nel profondo.

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