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Recensione

Pony Island

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Pubblicato il 07/01/2016 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

9

Chiariamolo subito: Pony Island non è un gioco sui pony; è piuttosto l’ennesima riprova di quanto i progetti indipendenti stiano tirando fuori la parte migliore di questa industria fatta di poche novità e tanto piattume creativo. Qualche mese fa incensai Undertale premiando il lavoro e l’acume di Toby Fox, che praticamente da solo ha creato uno dei più geniali jrpg degli ultimi anni; oggi faccio la stessa cosa con Pony Island, che prosegue idealmente quel filone di brillante originalità che spiazza, confonde, stupisce e sovverte completamente i canoni classici del gameplay. Undertale lo ha fatto col genere dei giochi di ruolo; Pony Island lo fa con quello dei puzzle/platform, in un modo talmente strambo, particolare e stravagante da riuscire a offrire qualcosa di realmente nuovo e inatteso. E no, lo ripeto: Pony Island non è un gioco sui pony. 
Ci sono i Pony? Sì. Controllate un pony? Talvolta. E allora perché si chiama così? Semplice: si tratta del gioco che avrebbe dovuto essere dal punto di vista dello sviluppatore, da quello del protagonista, da quello del giocatore e da quello distorto del demonio che si annida tra le righe di un codice sballato che fa funzionare le cose come non dovrebbero. Se vi sentite confusi da queste prospettive conglobate in una vivace successione di scatole cinesi della personalità, posso capirvi: nel titolo creato da Daniel Mullins, in effetti, c’è ben poco di normale.
Diavoleria tecnologica
Pony Island è un puzzle game sotto mentite spoglie. Ed è qualcosa di veramente geniale.
Siete in una sorta di limbo informatico, intrappolati in un malevolo e malfunzionante cabinato arcade architettato dal Diavolo, da colui che ha tanti nomi e tante forme. Quando il Demonio decide di infiltrarsi in un videogioco in modo subdolo, lo fa sotto le sembianze di un gioco innocente come Pony Island, che dovrebbe essere un titolo spensierato e felice, per tutti; in realtà è corrotto e guasto, e ha un’anima nera che viene immediatamente fuori sin dalla schermata di avvio, che non funziona dopo il vostro primo input e non fa partire quello che avrebbe dovuto essere il Pony Island allegro e colorato che vi aspettavate. 
Il gioco di Daniel Mullins è un costante abbattimento della cosiddetta quarta parete, un’esperimento di game design che trasforma l’interazione classica in un fenomeno di interconnessione continua, che va al di là dei consueti impulsi audiovisivi collegati al videogioco: all’utente viene richiesto, con un escamotage intelligente e perfettamente riuscito, di mettere mano al codice sorgente di Pony Island. Non siate tuttavia spaventati, perché non dovrete programmare nulla e non dovrete complicarvi la vita davanti a complessi algoritmi per sviluppatori. Al contrario, dovrete rimettere a posto il codice corrotto da Satana, risolvendo dei puzzle gestiti da alcuni diagrammi di flusso per sistemi informatici. Inizialmente si tratterà di sistemare – con dei simboli molto chiari che danno ordine e schematicità – il corretto fluire delle righe di comando; in seguito, dovrete avviare porzioni del codice stando attenti a regolare dei cicli di reindirizzamento interni con condizioni tipiche come “if/else”, senza tuttavia dover scrivere nulla da tastiera. Sebbene nel corso del gioco dobbiate usare i tasti per intervenire in chat testuali con l’altra anima intrappolata e con l’entità demoniaca, non c’è mai il rischio che dobbiate improvvisarvi dei programmatori della prima ora. In questo senso, è ammirevole la natura degli enigmi, che stimolano il pensiero laterale e obbligano gli utenti a escogitare soluzioni sempre legate alla logica. 
L’abisso che ti osserva
I momenti iniziali di Pony Island, ancora più di quelli successivi, sono davvero spiazzanti. Vi ritroverete in alcune particolari fasi di gioco a osservare stolidamente la schermata senza capire effettivamente cosa fare. Vorrete cliccare sulle opzioni, ma queste si disgregheranno davanti ai vostri occhi obbligandovi a formarne di nuove con le parole che nel frattempo si sono ammassate sul fondo dello schermo; vorrete dare l’ok su una finestra del sistema operativo, ma il cursore d’improvviso si muoverà più veloce della vostra mano e ve la chiuderà anzitempo; vorrete riposizionare liberamente la dannata freccetta del mouse da una parte, ma una forza vi remerà contro, spostandola in un punto specifico che darà inizio alla versione grottesca di Pony Island. Questi e molti, troppi altri, sono i momenti in cui è il gioco a giocare con voi e non viceversa. È Satana che vuole piegarvi alla sua volontà, agendo dapprima in modo imperscrutabile mentre corrompe il gioco, e poi in maniera sempre più esplicita, mettendovi alla prova e affrontandovi. Sta a voi individuare delle brecce da cui è possibile entrare all’interno del codice, epurandolo dal male e dai suoi processi illogici e balzani, che hanno tramutato Pony Island in una versione oscura del gioco che doveva essere in origine. In un’esca alla quale abboccano giovani anime innocenti.
Il vostro scopo, in questo susseguirsi di stramberie inattese, è cancellare i tre file principali attraverso cui il maligno controlla il suo piano. Nel corso dei tre atti previsti cambierete continuamente il modo di approcciarvi al gioco: risolverete puzzle, supererete i cupi livelli bidimensionali a cavallo di un pony che acquisirà man mano nuove abilità, affronterete un’adventure mode e, soprattutto, imparerete a interagire con un’interfaccia in un modo che francamente non si era mai visto.
Unicorni e arcobaleni
Potremmo dire che Pony Island è composto da tre fasi distinte che talvolta si accavallano per ragioni “di copione”. Nella prima dovrete trovare la quadratura del cerchio cercando di capire come interagire coi diversi strati dell’interfaccia, alcuni dei quali sono ben occultati per non far ottenere ai giocatori i fatidici “ticket”. Nella seconda fase dovrete sviluppare una sorta di percorso all’interno dell’adventure mode, superando semplici livelli da platform a scorrimento e risolvendo un paio di enigmi legati al codice fittizio di gioco. Nella terza, oltre a vedere la facciata originaria di Pony Island, si consumerà lo scontro finale, al termine del quale verrete posti in una particolare posizione che vi metterà simpaticamente con le spalle al muro. Ma non vogliamo rovinarvi la sorpresa: spetta a voi scoprire di cosa stiamo parlando. 
Se proprio dovessimo muovere qualche appunto al titolo di Mullins, potremmo dire che le fasi di platform sono un po’ troppo spoglie ed essenziali, con giusto un paio di ostacoli che si intervallano con maggiore frequenza e un nemico più ostico del solito che ogni tanto fa la sua apparizione. Sul fronte dei puzzle, invece, bisogna dire che se non si entra rapidamente nella logica stringente dei sistemi qui proposti, si potrebbe avere qualche difficoltà di troppo, specialmente quando bisogna creare dei loop interni e scambiarli “in corsa”, mentre il codice viene letto e fluisce in maniera corretta. Tutto il resto è innovazione ed estro applicato al videogioco: Pony Island, nella sua dimensione indie che comprende un comparto tecnico assai modesto, distrugge gli schemi classici del gameplay e ne crea di nuovi, mettendoli al servizio di un genere che ha trovato un’ulteriore strada da percorrere: un nuovo sbocco fatto di inventiva, soluzioni inedite e affascinanti sperimentazioni di gioco.
Powered by:
MSI GS70 2QE Stealth Pro
Nvidia GTX 970M
Processore i7 5950HQ

– Brillanti metodi di interazione

– È qualcosa di davvero inedito a livello di gameplay

– Sorprendente

– Sezioni platform sin troppo essenziali

– Alcuni puzzle non sono proprio immediati

9.0

Pony Island non è un gioco sui pony.

Lo era prima che il Maligno ne cambiasse i connotati, alterando il codice sorgente di quello era un vecchio cabinato di un platform semplice e colorato. Nell’esatto istante in cui proverete a premere start cambierà tutto per sempre, e dovrete trovare soluzioni sempre più bizzarre per interrompere l’opera del Demonio, infiltratosi subdolamente nel tessuto informatico di un gioco dall’apparenza innocente. I tre atti di Pony Island sono una sorpresa continua. Fatevi stupire.

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