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Recensione

Perils of Man

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Avatar di Forla

a cura di Forla

Pubblicato il 21/05/2015 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

6

Quando si parla di avventure grafiche è impossibile dimenticarsi che la Lucas dei tempi andati ne ha sfornate di ottime. Giochi incentrati su una narrativa solida, con dialoghi brillanti e personaggi divertenti, capaci di rimanere a lungo nel cuore degli appassionati. Buon sangue non mente ed infatti, alle redini dello sviluppo di Perils of Man, c’è Bill Tiller (ex addetto ai lavori presso mamma Lucas che ha collaborato a progetti di rilievo come Monkey Island e Full Throttle) affiancato al team di sviluppo svizzero If Games. Questo gioco non si smuove di molto dai canoni del genere ma il suo alone di mistero, unito ad una storyline interessante, vi farà rivivere qualche emozione di un lontano passato.
Tanti auguri giovane viaggiatrice
Ana Eberling è un’adolescente sveglia e curiosa, è il suo sedicesimo compleanno e lei si trova nella propria stanza, all’interno della villa di famiglia. Niente festa con gli amici o shopping sfrenato per la ragazza, solo un’altro pomeriggio passato ad arrovellarsi su dove possa trovarsi suo padre, un brillante scienziato sparito anni or sono senza lasciare alcuna traccia. Ad interrompere le riflessioni della giovane ci pensa sua madre, una signora apprensiva (e a tratti un po’ lugubre) la quale le consegna una piccola scatola, lasciata dal genitore scomparso con la raccomandazione di farla pervenire ad Ana proprio il giorno del suo sedicesimo compleanno. All’interno del pacchetto si trova un misterioso cilindro viola, capire di che cosa si tratta e come utilizzarlo sarà il punto di partenza della nostra avventura. 
Uno dei punti forti di questo tipo di produzioni è la narrativa ed appunto per questo eviterò di inoltrarmi troppo nei dettagli in modo da ridurre al minimo gli spoiler. Vi basti sapere che la protagonista vive in una magione che, con la scomparsa del padre e la caduta in depressione della madre, è rimasta abbandonata a sé stessa. Qui si trova un lungo corridoio dove sono appesi vari quadri raffiguranti i membri della stirpe Eberling, quasi tutti scienziati, accomunati tra loro da una prematura scomparsa ed Ana è la foglia più verde dell’albero genealogico. La sua ricerca del padre la porterà a viaggiare in lungo e in largo e a visitare luoghi in cui non avrebbe mai ritenuto possibile arrivare. Come spesso accade in questo genere di titoli la narrazione, così come i dialoghi, avrà al suo interno più di una nota umoristica ma, man mano che i pezzi del puzzle cominceranno ad andare al loro posto, la storia assumerà toni sempre più adulti. Non fraintendete, il gioco non è né triste né troppo serioso ma non mancherà di farci riflettere su qualche tematica matura di tanto in tanto, con un picco sul finale. A proposito della conclusione, possiamo dire che il climax soffre di una pesante mancanza di interattività e ci ha lasciato in bocca il sapore amaro di una chiusura un po’ frettolosa.
Per quanto riguarda il gameplay questo non si discosta praticamente in nessun modo dai capisaldi del genere: ci si muove per i vari ambienti usando solo il mouse ed è possibile passare da una schermata all’altra cliccando sulle porte o scale che le collegano. L’inventario è semplice ed ordinato, con gli oggetti disposti  in cerchio ed al centro un doppio slot per poterli combinare tra loro. Diversamente dalla maggior parte delle avventure grafiche non vi è la possibilità di evidenziare gli elementi interattivi con la pressione di un tasto. Per sopperire a questa fastidiosa mancanza abbiamo però uno strumento specifico che ci permette di accedere ad una visuale in prima persona. Questa mostra oggetti specifici legati alla percentuale di rischio che hanno in relazione all’ambiente in cui si trovano. Non è certo la stessa cosa ma il il titolo non presenta alcun oggetto particolarmente “imboscato” e non abbiamo riscontrato difficoltà nel trovare tutto ciò che era necessario per portare a termine l’avventura. Certo è che la meccanica, tutto sommato fresca per il genere, risulta poco sfruttata durante tutta la storia, tanto da fungere da palliativo alla mancanza di una feature basilare in altri titoli simili. Se fosse stato impiegato e valorizzato a dovere il Risk Atlas, questo il nome del dispositivo, avrebbe di certo aumentato il valore della produzione.
Punta e clicca o punta e toucha?
Per quanto riguarda il versante tecnico Perils of Man è realizzato interamente in 3D, sia per quanto concerne i personaggi che gli ambienti in cui si muovono. La pochezza poligonale dei modelli è blandamente sopperita dallo stile di questi ultimi che ricorda vagamente quello di Day of the Tentacle, con linee sghembe e ampie curve affiancate però da qualche elemento steampunk. Ad Ana in particolare, personaggio che abbiamo davanti per tutta la durata dell’avventura, poteva essere dedicata più cura, sia sul versante dell’animazione che su quello poligonale. Il titolo soffre vistosamente di uno sviluppo destinato principalmente al mercato touch e la versione PC non convince pienamente, soprattutto se paragonata ad altre avventure grafiche più blasonate. 
La telecamera, nella maggior parte dei casi, segue i passi della protagonista senza intoppi ma a volte camminare in una zona troppo remota della stanza o esplorare angoli troppo angusti può risultare difficoltoso. Non è possibile correre invece che camminare, questo rende alcune parti un po’ pesanti soprattutto in fase di backtracking. Purtroppo se la corsa fosse stata implementata, il gioco, che di per sé è completabile nel giro di cinque ore, sarebbe stato ancora più breve. Per quanto riguarda gli enigmi, dobbiamo ammettere che la difficoltà è bassina. 
Chi vi scrive ha giocato a tonnellate di punta e clicca e (soprattutto in quelli degli anni 90) la cosa peggiore che possa capitare è giungere al momento del “tutto con tutto” per poter sbloccare una situazione apparentemente irrisolvibile. Nelle produzioni più recenti, così come in vari remake, l’aggiunta di un’icona per richiedere suggerimenti è stata una buona mossa. In Perils of Man questa possibilità è presente ma, oltre a non andare mai nello specifico, rimane legata alla stanza in cui ci si trova e gli indizi non risultano mai determinanti per uscire da una situazioni di blocco totale. Gli enigmi inoltre sembrano essere stati implementati al contrario, con una buona difficoltà iniziale che si fa man mano più permissiva con l’avanzare dell’avventura. Il gioco procede insomma fin troppo scorrevole senza impegnare eccessivamente il cervello, questo è sicuramente positivo per tenere alto il ritmo narrativo ma non farà felici coloro che amano spremersi le meningi ed incide negativamente sulla durata totale dell’esperienza.
Come ultima nota da segnalare il doppiaggio integrale e i sottotitoli in solo due idiomi: inglese e tedesco. La dialettica comunque non è complessa ed il titolo è comprensibile anche da coloro che non sono dei maghi dell’inglese.

– Narrativa di base solida…

– Personaggi azzeccati

– Leggero ma qualche valido spunto di riflessione

– … ma parte del suo potenziale rimane inespresso

– Breve

– Difficoltà degli enigmi tarata verso il basso

– Qualche magagna tecnica

6.0

Perils of Man è un’avventura grafica che saprà coinvolgervi con la sua narrativa ben strutturata e i suoi personaggi ma non lascerà certo il segno dei vecchi capolavori. Il titolo non osa avventurarsi al di fuori dei confini ben delineati dei punta e clicca classici e spreca la possibilità di rinfrescare la formula relegando la sua meccanica distintiva ad usi sporadici e mai determinanti. La sua brevità e gli enigmi forse un po’ troppo semplici sono affiancati ad un comparto tecnico scricchiolante che risulta buono per gli standard mobile ma deludente su PC. Ad ogni modo, se siete dei nostalgici delle vecchie avventure grafiche, potreste apprezzarlo anche a fronte dei suoi difetti.

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