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Recensione

Patapon Remastered, Sony ripropone il suo canto di guerra

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 04/08/2017 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7

Nel momento più caldo dell’anno, quando anche solo premere pulsanti su un pad comporta la necessità di farsi una doccia gelata, arriva su PS4 Patapon Remastered, rimasterizzazione (o dovremmo dire porting leggermente potenziato?) di uno dei rhythm game più innovativi, brillanti e spiritosi dell’ultimo decennio.
Era infatti il 2007 quando Patapon debuttava su PlaystationPortable, in un tempo in cui Sony non lesinava sforzi per proporre nuove IP sulla sua prima console portatile: per quanto ci riguarda, fu amore a prima vista, e la storia proseguì con il secondo capitolo (probabilmente il migliore) e il terzo, il più debole del lotto ma comunque meritevole di attenzione.
Come funziona il concept sull’ammiraglia Sony? Non ci resta che scoprirlo.

Ritmo latente
Visto il gran parlare che si è fatto, negli ultimi giorni, della questione input lag, facciamo subito una premessa per spazzare via ogni dubbio: dalle nostre parti Patapon Remastered ha funzionato benissimo, e, fatto salvo un fisiologico periodo di apprendistato (sono passati dieci anni, dopo tutto…), durato comunque il breve volgere di un paio di missioni, ci siamo immersi nel ritmo tribale del prodotto e non ne siamo più usciti. Testato sulla nostra configurazione da gioco standard, che riteniamo essere abbastanza “tipica” tra i nostri lettori e che comprende una PS4 Slim, un televisore LG Full HD e una distanza di circa due metri dallo schermo, non abbiamo riscontrato problemi di latenza tali da inficiare l’esperienza di gioco.
Certo, probabilmente, rispetto alla versione originale, che si giocava con una macchina portatile, potrebbe esserci qualche millisecondo di ritardo, ma nulla a cui non ci si abitui dopo pochi istanti. Ci spingiamo oltre: riteniamo che coloro i quali non avessero giocato l’originale, perché magari troppo giovani, non si accorgeranno nemmeno del minimo ritardo nell’esecuzione dei comandi.
Siamo infatti riusciti ad arrivare senza problemi alle soglie del boss finale, dopo trenta missioni in cui abbiamo mantenuto il ritmo senza problemi e mantenuto lo stato di Fever dall’inizio alla fine della missione, senza che mai la nostra sconfitta in battaglia si potesse imputare al software o ad eventuali problemi di latenza.
Pon Pon Pata Pon!!!
I nostri lettori che non hanno mai posseduto una PSP potrebbero chiedersi come si giochi a Patapon Remastered, e, se dovessimo rispondere utilizzando il minor numero di parole possibili, risponderemmo, semplicemente, “con un grande senso del ritmo”. Il gioco non è cambiato di una virgola: si comanda un esercito di occhiute creaturine, dall’animus pugnandi da non sottovalutare, in una serie di livelli a scorrimento orizzontale, da sinistra a destra, impartendo loro comandi basati sulla pressione ritmica dei quattro pulsanti frontali del Dual Shock 4.
Le canzoni di base sono quattro: una per avanzare, una per attaccare, una per schivare ed una per difendere, e, sebbene le prime due siano quelle largamente più utilizzate, in determinate missioni la difesa e la ritirata strategica salveranno i vostri Patapon da morte certa, come anche i miracoli aggiuntivi utili a scatenare gli elementi come la pioggia e il vento.
Al giocatore spetta tenere il tempo, vivendo in quattro quarti dall’inizio alla fine di ogni livello, senza interruzioni (la possibilità di mettere in pausa sarebbe stata gradita, ma avrebbe inficiato il ritmo) e senza errori, possibilmente: inanellare una combo di dieci comandi a tempo fa entrare l’esercito in modalità Fever, in cui la frequenza e la potenza degli attacchi è notevolmente aumentata.
La modalità Fever, assolutamente indispensabile in talune missioni, non è però così semplice da mantenere: vocine di bambini fuori tempo, fastidiosi rumori di sottofondo e, fatalmente, un attimo di distrazione possono segnare una missione in pochi attimi: Patapon Remastered è leggermente più accondiscendente riguardo ai tempi di input rispetto al titolo del 2007, ma rimane pur sempre un prodotto assolutamente proibitivo per chi non ha il ritmo nel sangue.
A questa spiccata vena da rhythm game si aggiunge tutta la pianificazione strategica, affatto secondaria: prima di ogni missione è necessario armare i propri Patapon, scegliere quali tipologie di truppe mandare in battaglia e in quale modo posizionarle sul campo: l’eventualità di perdere per sempre le unità inghiottite dai mostri più grossi non è poi così remota, e il giocatore deve sempre farsi trovare pronto con risorse ed armi aggiuntive se vuole sopperire ad eventuali perdite.
Il grinding rappresenta ancora una parte consistente (forse troppo) dell’esperienza di gioco: volendo pubblicare questa recensione in tempi rapidi, non siamo riusciti ad abbattere il boss finale (comunque già battuto all’epoca su PSP) proprio perché la quantità di missioni opzionali svolte, e quindi la potenza del nostro esercito, non era sufficiente: da questo punto di vista, Patapon Remastered richiede pazienza e la costante ripetizione di missioni per farmare, e qualcosa poteva essere fatto, in sede di rimasterizzazione, per alleviare questa componente, che appesantisce un po’ il prodotto finale.
Giusto una rinfrescata
Se Patapon Remastered non ha preso un voto ancora più alto, vista la bontà del concept di base, è per via di un’operazione di remaster decisamente pigra, lontana parente, giusto per citare un esempio recente, di quella operata per la trilogia di Crash Bandicoot: a parte innalzare la risoluzione durante gli stage (ma non durante i filmati, che risultano eccessivamente compressi e infarciti di strani artefatti grafici), Sony non ha modificato null’altro a livello tecnico, esponendo un titolo uscito dieci anni fa all’inesorabile scorrere del tempo.
L’inimitabile stile grafico della produzione e il minimalismo che la contraddistinguono riescono a salvare la baracca, beninteso, e Patapon Remastered rimane comunque gradevole da vedere, con una presentazione funzionale al gameplay, ma tanto poteva essere fatto per migliorare l’esperienza dell’utente. Si sarebbe potuto intervenire sul grinding, probabilmente eccessivo, o rendere più intuitivi certi passaggi, un po’ oscuri: pensiamo, ad esempio, all’ottenimento del miracolo del Vento, a circa tre quarti dell’avventura, che richiede di ripetere una missione di caccia antecedente fino al comparire di un dato animale, che va ucciso nella speranza che droppi l’agognato oggetto. In generale, l’impressione è che il lavoro svolto per ammodernare il titolo originario sia stato modesto, poco più che una semplice operazione di dump di un file da un server ad un altro, assolutamente non sufficiente per giustificare i quindici euro richiesti.
Il fatto che, nondimeno, il titolo sia meritevole di essere giocato è la testimonianza più lampante di quanto valido fosse già all’epoca della prima release. Eccezionali, invece, le musiche: ritmi tribali, intervallati da canti di bambini, accompagnano le peripezie dell’occhiuta tribù, e, più che mai, consigliamo l’utilizzo di un paio di auricolari di qualità per apprezzarne al meglio le sonorità e i ritmi trascinanti oltre che per ricreare una configurazione il più simile possibile a quella originaria su PSP.

Gameplay ancora fresco ed innovativo

Accessibile ma anche impegnativo

Stile da vendere

Operazione di remaster pigra

Nessun contenuto inedito e prezzo un po’ alto

7.0

Siamo stati molto combattuti sulla valutazione da assegnare a Patapon Remastered, e alla fine, in maniera ecumenica, abbiamo optato per una media matematica tra l’otto pieno che il titolo meriterebbe ancora oggi, grazie ad un gameplay magnetico e ad uno stile unico, e la sufficienza stiracchiata che non si può non affibbiare ad un’operazione di remaster pigra, che, oltre a non comprendere gli altri due episodi, si limita ad innalzare la risoluzione, peraltro soltanto durante le fasi giocate.

A conti fatti, la coproduzione Pyramid – Japan Studio rimane un prodotto divertente, fresco e raccomandato tanto a chi ama i rhythm game quanto a chi non disdegna gli strategici: speriamo che questa remaster apra la strada anche agli altri capitoli e, magari, ad un episodio inedito.

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