Recensione

Grand Kingdom

Avatar

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Dopo la beta di qualche settimana fa, già sufficiente ad ingolosire gli appassionati di strategia a turni che possiedono una console Sony, è giunto il momento della recensione anche per Grand Kingdom, sviluppato di ragazzi di MonoChro sotto l’ala protettiva di Spike Chunsoft: dopo la buona accoglienza riservata al titolo in patria, come risponderà l’utenza occidentale a questo peculiare miscuglio tra un JRPG e uno strategico classico?Pur non avendo la sfera di cristallo, dopo averne sviscerato tanto il battle system quanto il sistema di crescita e personalizzazione delle truppe, senza dimenticare il multiplayer asincrono, siamo pronti a dirvi se la produzione visivamente debitrice ai migliori lavori di George Kamitani valga la pena.Non vi resta che continuare a leggere.

Cani rabbiosi attorno ad un ossoA far da sfondo alle vicende narrate in Grand Kingdom c’è la carcassa di un reame, l’impero di Uldein, dalla cui caduta, ben cento anni prima dei fatti narrati nel gioco, il continente non ha più conosciuto la pace.Come cani rabbiosi attorno ad un enorme e succulento osso, quattro nazioni, sorte dalla ceneri del precedente impero, si combattono senza fine per la supremazia assoluta, tentando di assoggettare i pochi territori liberi rimasti e, soprattutto, le altre tre avversarie.Dopo un secolo di battaglie sanguinose, però, gli eserciti regolari lamentano una cronica (e fisiologica) mancanza di truppe, cui i governi dei quattro regni tentano di ovviare assoldando mercenari, pagati a peso d’oro per condurre battaglie che appartengono loro.Il giocatore è a capo di un piccolo gruppo di spade a noleggio particolarmente in gamba, e, dopo aver battuto sul campo dei “colleghi” mercenari, ne attira l’attenzione, tanto da ricevere la proposta di entrare nei loro ranghi.La proposta, per la felicità di Flint, il secondo in comando della guarnigione mercenaria, viene accettata e le prime scaramucce condotte sul campo di battaglia danno esiti brillanti: ecco che, allora, il giocatore viene affiancato dalla figlia del capo della fazione mercenaria, il grande Godfrey, così da avvalersi delle sue preziose nozioni di tattica militare nel corso delle sue battaglie.Ma quella che sembra una semplice (e proficua) offerta di lavoro, si trasformerà ben presto in un incarico dalle pieghe inaspettate…Non si può certo dire che la caratterizzazione dei personaggi e la cura del plot siano tra i punti a favore della produzione Spike Chunsoft, che preferisce puntare sul gameplay e sulla profondità dell’esperienza offerta sul campo di battaglia piuttosto che su un arco narrativo capace di tenere il giocatore sul fiato sospeso.Il fatto che le milizie siano personalizzate e completamente prive di qualsivoglia personalità non aiuta in questo senso, impedendo di sviluppare un rapporto di cameratismo con i proprio compagni d’armi, punto forte di questo tipo di produzioni.

Binari pericolosi

Le dinamiche di gioco del prodotto Monochro incorporano elementi dei giochi di ruolo giapponesi dell’ultimo decennio in una struttura da strategico a turni, dove la scelta delle truppe da mandare in battaglia e il loro equipaggiamento svolgono un ruolo primario, tanto quanto il posizionamento sul campo di battaglia.Accettata una quest, il giocatore avrà un numero prestabilito di turni (in genere molto generoso, con qualche eccezione nella seconda parte della campagna) per raggiungere, su una mappa stilizzata, l’obiettivo di missione: tra il punto di partenza e quello di arrivo ci sono diverse strade, nemici visibili ed altri invisibili, forzieri ricolmi di tesori e materie prime da recuperare.Nonostante sia possibile tirare dritto verso il bersaglio, come spesso accade nei giochi di questo tipo, un approccio simile non è consigliato: innanzitutto perché il livello di difficoltà è meno morbido di altri congeneri giocati recentemente, e quindi qualche battaglia per fare salire di livello le truppe non nuoce, ma anche perché, spesso, nei forzieri più difficili da raggiungere si celano gli oggetti migliori tra quelli reperibili.Una volta ingaggiato un nemico, la visuale si sposta lateralmente, a mo’ di platform bidimensionale, con i combattenti schierati a seconda della formazione scelta precedentemente: amici e nemici sono distribuiti su tre piani di profondità, tra i quali ci si può spostare consumando una delle due barre che regolano i combattimenti, quella legata al movimento.Un’altra barra, quella degli attacchi, si consuma alla pressione dei tasti delegati agli attacchi, tutti ampiamente personalizzabili: il nucleo del combat system è tutto qui, e va detto che funziona benissimo.Grand Kingdom premia un posizionamento accorto delle truppe, una gestione intelligente dello spazio, e fa del fuoco amico una delle peculiarità del suo sistema di combattimento: tanto gli incantesimi ad area quanto gli attacchi all’arma bianca, infatti, colpiscono anche gli alleati nel raggio d’azione, aggiungendo un ulteriore strato tattico al gameplay, che ha però un risvolto meno riuscito.Se gli incantesimi, infatti, mostrano l’area interessata, permettendo di calcolare eventuali effetti indesiderati, gli attacchi portati con lance, asce, spade e tutti gli strumenti d’offesa a corto raggio non consentono una pianificazione: con l’esperienza, si impara a distanziare i lancieri (capaci di colpire anche su piani differenti) dagli altri combattenti, ma spesso si finisce con l’incrociare le dita e sperare, semplicemente, che nessuno dei membri del proprio party sia coinvolto in danni collaterali, considerando che anche il contatto coi nemici in caduta causa danni, seppur minimi.Al di là di questo antipatico inconveniente, comunque, la profondità dell’esperienza offerta non è indifferente, visto che, oltre a scegliere tra diciassette classi di guerrieri (che spaziano dagli arcieri ai maghi, passando per streghe in groppa a dragoidi e ladri letali negli attacchi alle spalle), è possibile incastonare pietre preziose all’interno degli equipaggiamenti, garantendo, così, effetti passivi ai nostri combattenti.Da non trascurare anche la possibilità di posizionare barili, tronchi ed ostacoli di varia natura in determinate mappe, così da giocare prevalentemente in difesa ed ostacolare l’avanzata delle truppe nemiche: insomma, nonostante il fatto che gli attacchi si portino in tempo reale potrebbe far storcere il naso ai puristi della strategia a turni, le variabili di cui tenere conto sono innumerevoli, e l’esperienza tattica non ne esce minimamente azzoppata.

Non sempre essere originali paga

Il titolo del paragrafo esprime bene i pensieri che ci sono passati per la mente già dai primi trailer del gioco, poi ampiamente confermato dalla nostra prova diretta: anche su Vita, console sulla quale abbiamo svolto la grande maggioranza delle prove ore di test, il comparto artistico di Grand Kingdom, pur evidentemente debitore dei già citati lavori di Vanillaware, si difende benissimo.Un range cromatico acceso e vivo porta su schermo tonalità calde ma mai troppo forti, che restituiscono la sensazione di stare giocando alla versione digitale di un quadro espressionista, punteggiato però da fondali e personaggi assai più realistici e tondeggianti, che coniugano egregiamente particolari di fantasia, tra draghi ed incantesimi, ed un medioevo credibile seppure molto colorato.Nonostante dietro tanta bontà si nasconda un comparto tecnico “solo” discreto, con qualche frame d’animazione mancante qua e là ed un motore che necessita di un gran numero di brevi caricamenti (quantomeno su console portatile), la ricercatezza estetica riesce comunque a far sì che l’occhio rimanga soddisfatto dell’esperienza visiva offerta dal prodotto.Bene anche il multiplayer, pressoché immutato rispetto alla beta giocata un paio di mesi or sono, con un intelligente utilizzo delle fazioni e dell’asincronia per creare conflitti su scala globale di un certo spessore, sempre a patto che i server risultino più popolati di quanto non fossero al tempo.Curioso come, a fronte della (grave, per noi) mancanza dell’opzione cross buy, sia invece possibile condividere battaglie e fazioni online a prescindere dalla piattaforma di gioco.Le numerose possibilità di personalizzazione dei propri combattenti e dello stendardo della propria legione rappresentano poi la classica ciliegina sulla torta, che farà felici quanti si interessano anche alla moda oltre che alle statistiche dei propri mercenari.Menzione d’onore finale per l’ottimo doppiaggio inglese, che non lesina sulle linee di dialogo e copre la quasi totalità degli scambi tra personaggi al di fuori della battaglia: la scelta delle voci è sempre sul pezzo e le prove recitative degli attori non si segnalano per alcuna sbavatura.Non male, insomma, per una produzione che di certo non ha potuto beneficiare di budget da prima fascia.

– Ottimo combat system

– Classi ben diversificate

– Esteticamente ispirato

– Buon multiplayer asincrono

– Cross play online tra PS4 e Vita…

– Non sempre il range d’attacco risulta chiaro

– Narrativa e personaggi abbastanza piatti

– Qualche caricamento di troppo su Vita

– …ma niente cross buy

8.0

Senza grossi squilli di tromba e senza un budget di quelli in cui gli zeri abbondano, Grand Kingdom riesce nell’intento di proporre agli utenti Sony un ibrido molto ben riuscito tra uno strategico a turni ed un gioco di ruolo, godibile anche da noi occidentali nonostante la forte impronta nipponica. Il combat system peculiare ma solido, la forte componente di personalizzazione delle truppe, disponibili in diciassette classi molto ben differenziate tra loro, ed un multiplayer che parte da una trovata ingegnosa completano il pacchetto, che si allontana da vette ancora più alte solo a causa di un impianto narrativo deludente e della talvolta problematica gestione del “fuoco amico”.

Consigliato senza troppe riserve se amate gli strategici e/o lo stile acquerellato che ha reso famoso Kamitani-san.

Voto Recensione di Grand Kingdom - Recensione


8