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Recensione

Fire Emblem Fates Conquista

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Pubblicato il 04/05/2016 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

9

Se c’era stata una preoccupazione ad accompagnare il trionfale lancio di Awakening, nel 2013, essa era rappresentata dalla diminuzione della difficoltà media, uno degli elementi caratterizzanti di Fire Emblem nel suo quarto di secolo di vita.
L’apertura verso i fan meno oltranzisti era però necessaria per non veder morire il brand, i cui dati di vendita hanno beneficiato enormemente di questa mossa.
Cionondimeno, i fan di vecchia data in cerca di una sfida furono costretti a rispolverare qualcuno dei vecchi capitoli, magari dopo aver portato a termine Awakening al massimo livello di difficoltà.
Fire Emblem Fates – Conquista è stato sviluppato proprio con questa fascia di pubblico in mente, e sa essere brutale e inflessibile, proprio come la personalità di Re Garon, il sovrano di Nohr, paese per il quale ci si dovrà schierare.
L’importanza della famiglia
Se Conquista condivide l’incipit narrativo ed i primi sei capitoli con il suo fratello gemello Retaggio, l’arco narrativo  che tratteggia, pur lambendo ed intersecandosi con quello dei reali di Hoshido, propone toni, personaggi e temi completamente differenti, chiaramente indicati per un audience diverso da quello dell’altra metà di Fire Emblem Fates.
La scelta di tornare nel Nohr pur sapendo che Xander, Camilla, Leo ed Elise non sono i fratelli biologici che si credeva fossero, in aggiunta ai sanguinosi crimini di guerra perpetrati dall’esercito ai comandi di sire Garon, rendono Conquista il lato oscuro della produzione Intelligent Systems, con il giocatore chiamato a scendere in campo dalla parte dei cattivi, a distinguersi dai generali nohriani, a provare a fermare l’emorragia di sangue e vite umane che la guerra tra i due regni sta causando.
Corrin vive di dubbi, si chiede più volte se ha intrapreso davvero la strada giusta, inorridisce dinanzi alle barbarie compiute in nome di Re Garon e si trova costretto, per non adirare il despota che siede sul trono, a portare a termine missioni come sedare una rivolta nel sangue, o uccidere centinaia di civili inermi: alla follia cieca del suo patrigno fanno da contraltare le quattro personalità dei fratelli, ben più sfaccettate e fuori dai canoni rispetto a quelle dei reali di Hoshido, protagonisti di Retaggio.
L’acquirente di Conquista si troverà ad impugnare la spada contro personaggi le cui motivazioni sono palesemente giuste, a guardarsi le spalle da chi lo sorveglia costantemente,  a scegliere il male minore in più di una circostanza: il semplice ribaltamento di ruoli rispetto alle vesti di eroe designato è sufficiente per dare una scossa notevole al plot, mettendo il pubblico nei panni di un protagonista travagliato, combattuto, molto più a tutto tondo del consueto superuomo che spopola nei videogiochi.
Il fatto, poi, che tra i “fratelli di latte” di Nohr serpeggino sentimenti contrastanti non fa altro che aiutare l’atmosfera: Camilla sembra nutrire qualcosa di più di un semplice amore fraterno, laddove Leo impiega molto più tempo dei suoi consanguinei ad accettare il ritorno di Corrin e a fidarsi di lui.
L’unica eccezione in un quadro credibile e popolato di personaggi empatici è forse rappresentata proprio da Garon, implacabilmente bidimensionale nella sua ferocia, ma nondimeno sufficientemente odioso da svolgere egregiamente i panni di villain.
Ritorno al passato
Sebbene l’ossatura di base del titolo rimanga la stessa, con l’aggiunta di una modalità Fenice, che consente di riportare in vita le unità cadute già alla fine del turno in cui sono venute meno, e l’introduzione di una robusta sezione gestionale tra un combattimento e l’altro, nella forma del castello da gestire, le differenze in termini di bilanciamento e di sfida rispetto a Retaggio sono sensibili, e vanno a coinvolgere numerosi aspetti, al fine di creare un’esperienza di gioco radicalmente differente.
Innanzitutto, a differenza della controparte, non vi saranno occasioni per salire di livello e grindare esperienza e soldi, visto che, al di fuori dei combattimenti che compongono la storyline principale, non ve ne saranno altri (se non un paio di invasioni e le eventuali mappe esclusive per i possessori di amiibo): esattamente come accadeva in quasi tutti gli episodi del franchise prima di Awakening, quindi, il peso di ogni scelta, e, soprattutto, di ogni morte, diviene molto più difficile da sostenere.
Ecco allora che tornano, direttamente dal passato, tattiche e mezzucci dimenticati, come quello di mettere all’angolo uno o più nemici e lasciare che siano le unità più deboli a sferrare il colpo di grazia, così da far guadagnare loro un po’ di preziosa esperienza.
Collegata a questa dinamica, la seconda, sostanziale differenza è insita nella disponibilità nettamente inferiore di risorse, tanto in termini di cibo (utile a potenziare le unità prima di una battaglia) quanto di conio, con cui acquistare equipaggiamento ed oggetti assortiti.
A fronte dell’abbondanza di soldi avanzati al termine della campagna di Retaggio (che pure abbiamo giocato a livello Difficile), in Conquista è capitato molto spesso di non poter migliorare l’equipaggiamento delle truppe, nonostante queste fossero salite di livello, per mancanza di fondi.
I due elementi che, probabilmente, segnano maggiormente il confine tra i due episodi di Fire Emblem Fates; sono però rappresentati dal design delle mappe e dagli obiettivi di missione: tanto semplificati e lineari nell’uno (Retaggio), quanto contorti e diversificati nell’altro (Conquista).
Tutte le missioni del capitolo dedicato ad Hoshido prevedono l’abbattimento dell’intero contingente nemico o del boss, con nemici che spesso caricano a testa bassa, consentendo tattiche di accerchiamento al giocatore, laddove, invece, nel capitolo che si occupa del Nohr gli obiettivi vanno dalla fuga rocambolesca entro un tempo limite alla ricerca di un infiltrato nella ciurma di una nave, passando per le amatissime mappe di difesa, in cui resistere ad ondate di nemici per un quantitativo prefissato di turni.
Inutile dire che a giovarne è la varietà dell’offerta ludica, con la necessità di impiegare tattiche anche molto differenti tra una mappa e l’altra; aspettatevi, poi, colli di bottiglia ben sorvegliati, trappole nemiche e stage disseminati di giare piene di veleno, che danneggiano chiunque nel raggio se infrante.
Conquista, insomma, non lesina sfide al giocatore, ma molto raramente gioca sporco: quando una vostra unità cadrà, costringendovi a ricominciare quella battaglia per la quarta volta, molto probabilmente la colpa sarà vostra, e della tattica inadeguata che state provando ad adottare.
Certo, capitano colpi tripli capaci di mandare all’aria una strategia minuziosa o personaggi che mancano incredibilmente il bersaglio, esponendosi a sanguinosi contrattacchi, ma la scarsa frequenza di questi avvenimenti e il fatto che anche il giocatore ne potrà beneficiare durante la campagna li derubricano a semplici colpi di sfortuna.
In ultimo, Conquista rende giustizia a molte delle modifiche e delle aggiunte apportate dal team di sviluppo, che sembrano assai più sensate di quanto non fossero in Awakening o in Retaggio: l’eliminazione dell’usura delle armi era inevitabile vista la scarsità di denaro a disposizione del giocatore, tanto quanto i buff temporanei che le unità amiche garantiscono l’un l’altra  rappresentano l’unica ancora di salvezza per un giocatore impossibilitato a far salire di livello i membri più deboli del party.
Un medioevo cupo ed affascinante
Pur condividendo, ovviamente, l’impalcatura tecnica con il fratello Retaggio, Conquista si ammanta di una luce completamente diversa, di ambientazioni che nulla hanno a che vedere con i paesaggi bucolici e le scampagnate soleggiate del regno di Hoshido.
Nohr è una terra brulla, spoglia, che ricorda molto una versione più cupa e disperata dell’Europa centrale ai tempi del Medioevo, come confermato anche dal design delle armature e dalla scelta peculiare delle classi predominanti, differenti da quelle viste nella controparte: maghi neri, cavalieri in armatura e lancieri corazzati prenderanno il posto di agili ninja ed arcieri attenti alla capigliatura.
Al di là dei gusti personali, che potrebbero far propendere per l’una o l’altra soluzione di design, la cura nella realizzazione tanto dell’ambientazione quanto dei singoli personaggi è encomiabile, e una particolare menzione di merito va ai filmati di intermezzo, che offrono una inusuale rilettura nipponica di un fantasy tutto occidentale.
Come scritto anche nella recensione di Retaggio, quindi, sebbene si senta la mancanza di un doppiaggio più capillare, c’è davvero poco da lamentarsi della presentazione di Fire Emblem Fates, che si candida prepotentemente al podio dei tre migliori titoli disponibili per Nintendo 3DS.
La longevità di Conquista è in linea con quella degli altri due episodi, constando dello stesso numero di capitoli: questa versione compensa la mancanza di battaglie secondarie con il fatto che, visto l’elevato tasso di difficoltà, vi troverete spesso a ricaricare l’ultimo salvataggio, anche a capo di una battaglia ben combattuta, per non lasciare sul campo quell’unità a cui tenete tanto.
In pieno stile Fire Emblem, insomma.

– Un Fire Emblem vecchio stile

– Map design di grande qualità

– Le Vene del Drago vivacizzano le mappe

– Valori produttivi alle stelle

– Narrativa matura e cupa

– Sa essere crudele (ma mai ingiusto)

9.0

Fire Emblem Fates – Conquista rappresenta il lato oscuro della medaglia lanciata da Intelligent Systems, l’esperienza profondamente strategica e maledettamente inflessibile che i veterani avrebbero voluto da Awakening.

A voler essere pignoli, le vette raggiunte da alcuni episodi del passato in quanto a difficoltà sono ancora lontane, ma il mercato, nel frattempo, è molto cambiato, e, giocato a partire dal secondo dei tre livelli di difficoltà, il capitolo dedicato ai regnanti del Nohr rappresenta il punto più alto toccato dalla serie nell’ultimo decennio.

Merito di Intelligent Systems ma anche di Nintendo, autrici l’una di uno sforzo di sviluppo titanico e l’altra di una modello di vendita inedito ma quanto mai efficace.

Gli unici a cui questa versione è sconsigliata sono i neofiti, perché tante scelte di design sono state prese con un altro tipo di pubblico in mente: tutti gli altri non dovrebbero perdersi questo piccolo capolavoro di battaglie a turni ed intrighi di palazzo.

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