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Recensione

Extinction, recensione dell'action-tower defense che sfida le altezze

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Pubblicato il 10/04/2018 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7

Extinction non è uno di quei titoli che ama mettere parecchie idee nel calderone e far scegliere agli utenti quali sono quelle più azzeccate; al contrario, ne mette in gioco una soltanto e tenta di strutturargli attorno un intero gioco. Il risultato può senz’altro apparire buono, sulle prime, ma a lungo andare si notano tutte le défaillance di cui il titolo di Iron Galaxy soffre. Non ultima, la scelta di abbracciare la pigrizia creativa e far sì che una buona metà del gioco sia gestita dagli algoritmi di un sistema semi-procedurale che, come vedremo e come ho sempre sostenuto, crea più grattacapi che gioie.
Attack on Ogres
L’incipit di Extinction vede un mondo suddiviso in regni che da sempre si sono dati battaglia, quasi incuranti di una spaventosa minaccia pronta a incombere all’orizzonte: si tratta dei Ravenii, degli enormi orchi alti più di cinquanta metri che hanno come unico obiettivo la distruzione totale di tutto ciò che si trovano davanti. Una furia cieca, apparentemente implacabile, che esisteva all’alba dei tempi e che, solo adesso, si ripresenta d’improvviso, determinata a cambiare per sempre le sorti dell’umana stirpe. 
Solo pochi soldati speciali addestrati dall’Antico Ordine possono combatterli e farli fuori: sono le ultime Sentinelle del mondo, pronte a difendere gli avamposti rimasti e i fuggitivi. Avil è il nome dell’eroe incaricato per questo compito, il quale si ritroverà invischiato in una situazione che mette a repentaglio anche gli ultimi equilibri politici.
La storia, in verità poco elaborata e ricca di parecchi riempitivi e inutili arzigogoli, avanza realmente tramite un paio di scene disegnate a mano, solitamente presenti tra un capitolo e al’altro (ce ne sono in tutto sette e ciascuno di essi ha dei sotto-capitoli da portare a termine). Considerando la struttura di gioco, che è scandita da missioni circoscritte all’interno di grandi arene spesso create in maniera procedurale, è chiaro che non esiste un reale senso di progressione narrativo, il quale è giocoforza artefatto e incapace di coinvolgere realmente l’utente. 
Pensate, in sostanza, a uno scambio di battute che avviene tramite fumetti (non si vede nessun personaggio all’interno delle mappe, all’infuori di voi) e avrete un’idea ben chiara di come si sviluppi la storia di Extinction. Sembra insomma un comparto completamente distaccato dal gioco, e non sono rari i momenti in cui, saltando a piè pari certi dialoghi, non vi perdereste nulla di rilevante. In ogni caso, non c’è nessuna difficoltà di comprensione: il gioco è infatti sottotitolato in italiano.
Il Destino di un Eroe
Avil è capace di balzare da un punto all’altro con grande agilità, usare la propria frusta nei punti che un apposito indicatore vi rivelerà per catapultarsi attraverso i palazzi, e spostarsi a piedi in gran velocità. A corollario di queste caratteristiche di base, ce ne sono altre che si configurano come delle abilità da sbloccare, talune composte da diversi livelli. Si va dal miglioramento della salute, a una maggiore capacità di salto, fino ad altre strettamente legate al sistema di combattimento. Sistema che è basato principalmente sulla capacità di distruggere le protezioni dei Ravenii e mettere in mostra i punti deboli, eseguendo degli attacchi speciali mentre il tempo rallenta, fino a riempire un’apposita barra che consente di effettuare le decapitazioni degli enormi orchi.
Le combo sono poco elaborate e prevedono: i classici colpi eseguiti di seguito e senza variazioni, gli attacchi misti, quelli con un launcher in verticale che consente di proseguire una combo al volo e le schivate. Purtroppo non andrete troppo per il sottile e utilizzerete tutto ciò piuttosto di rado e solo sui tirapiedi dei Ravenii principali, che hanno le vostre dimensioni: Il motivo? Semplice: in realtà, il gioco vi chiede quasi sempre di portare a termine gli obiettivi col massimo della rapidità. Pena: troppe vittime civili, troppe torri distrutte o troppi danni alla città.
Extinction, d’altra parte, si basa solo su queste tre incombenze a cui badare, le quali si ripetono di continuo e a ogni missione, con stolida alternanza. 
Funziona tutto come un grande tower defense, dove dovrete occuparvi anche di avvicinarvi ai portali disseminati qua e là, e premere un tasto a lungo prima che i civili vengano uccisi. Ma lo scopo di questa operazione è duplice: serve anche per caricare la barra apposita per giustiziare i Ravenii, pertanto vi ritroverete molto spesso a fare avanti e indietro per la mappa. Oppure, quando inizierete a capire il trucco, opterete per le mutilazioni degli enormi orchi, i cui arti tendono a ricrescere dopo una manciata di secondi. E così facendo, la barra in questione viene ricaricata con più efficienza.
Difesa, salvezza, battaglia
Certo, in alcune missioni non potrete farlo, perché i Ravenii sono troppi e fanno troppi in danni in poco tempo, ma nella maggior parte dei casi è un’operazione resa possibile dalla combo: abilità specifiche potenziate, poca intrasigenza di certi obiettivi.
Al di là di tutto, già sulla breve distanza si capisce qual è la consistenza ludica di Extinction, che fa troppo affidamento sul sistema di smembramento e di rottura delle armature, presentando nuove varianti che mettono i bastoni tra le ruote agli utenti.
Quelle di legno sono distruttibili con un sol colpo, quelle d’acciaio hanno solitamente un grosso lucchetto da spaccare con due colpi, cavigliere e bracciali d’oro hanno dei legacci in lega con quattro lucchetti ciascuno e così via, fino ad arrivare a orchi sempre più difficili da abbattere, con buona pace di chi vorrebbe portare a termine una missione in men che non si dica e senza dover sottostare alla ripetitività. 
La lunga campagna, che può superare agevolmente le dieci-dodici ore, può in effetti durare di più per via di un impennamento della difficoltà evidente, che quasi obbliga a ripetere le missioni per accumulare più punti abilità da spendere. Qualora non vi doveste bastare, ci sono altre due modalità: Schermaglia ed Estinzione. La prima, fa sì che vengano creati campi di battaglia in maniera procedurale e vi consente poi di registrare il vostro punteggio online; la seconda, prevede invece delle ondate continue di nemici da far fuori. In Schermaglia, chiaramente, la proceduralità creerà per sempre delle disparità tra utenti, e i punteggi totalizzati da un giocatore possono essere di parecchio superiori rispetto a un altro (in modo anomalo), poiché in una partita random qualcuno sarà giocoforza aiutato da un algoritmo particolarmente fortunato.
Graficamente Extinction non è meraviglioso, nonostante si fregi dell’uso dell’Unreal Engine 4. Oltretutto, considerata la struttura ad arene, era lecito aspettarsi di più sia dalla modellazione poligonale, sia dalla varietà. Ad onor del vero anche gli elementi degli scenari si ripetono sin troppo spesso, e non mancano delle texture sin troppo basilari e poco elaborate. Insomma, nonostante il discreto colpo d’occhio, sembra proprio che gli sviluppatori abbiano fatto il minimo indispensabile, poggiandosi sulle qualità di base del motore grafico e dando al gioco un taglio artistico non anonimo, ma neanche così ricercato.

– Buona l’idea dello smembramento

– Le prime missioni riescono a divertire

– Proceduralità delle arene e delle missioni

– Ripetitivo e con scarso mordente

– Storia banale, che sembra distaccata dagli obiettivi di gioco

7.0

Extinction si basa su una buona idea – quella dello smembramento dei Ravenii – e ci costruisce un intero gioco sopra, infarcendolo con elementi da tower defense poco originali. La struttura delle missioni, quando non ripetitiva, si affida agli algoritmi, evidenziando una pigrizia nella programmazione che si riflette nella qualità di gran parte delle missioni. Sebbene risulti a tratti divertente, il modo in cui si sviluppa non riesce a motivare il giocatore fino alla fine, vittima suo malgrado di testimoniare un chiaro riciclo di situazioni che diluiscono non poco la durata effettiva di gioco.

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