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Recensione

Earthbound

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 21/02/2014 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

9

No, non è appena uscito sulla Virtual Console, è passato qualche mese. E sì, ce la siamo presa un po’ più comoda del solito, anche perché, tra il lancio della next gen e gli ultimi botti di quella attuale, è stato un autunno/inverno particolarmente affollato.Però proprio non potevamo far finta di niente, fingere che Earthbound non fosse finalmente disponibile anche in Europa senza affidarsi all’import e lasciarvi senza una recensione: d’altronde, stiamo parlando di uno dei migliori JRPG disponibili per Super Nintendo, e, più in generale, di uno dei più amati e giocati di tutti i tempi.Scusate se è poco.

Born in the USAEra il 1995 quando un gioco di ruolo tra i più originali ed eccentrici della storia , dopo l’ottima risposta del pubblico sul suolo natio, giungeva in occidente (qui rigorosamente inteso solo come Stati Uniti e Canada), con il titolo di Earthbound, proponendo un gameplay tutto sommato in linea con quello delle tante produzioni ruolistiche provenienti dal Giappone ma un’ambientazione completamente originale, che bastava da sola a differenziarlo da tutti i suoi congeneri.Figlio del genio di Shigesato Itoi, il titolo metteva il giocatore nei panni di Ness, tipico ragazzino americano, con tanto di cappellino, villettina monofamiliare con giardino, cane, mamma casalinga e papà sempre straimpegnato con il lavoro.Una vita normale, tranquilla, in un villaggio (Onett) della sonnolenta provincia americana: a sconvolgere questa routine arriva però un meteorite, caduto a poche decine di metri dall’abitazione del nostro inconsapevole eroe, che mette in moto una serie di eventi imprevedibili e bizzarri, che porteranno un ragazzino qualunque a salvare il pianeta da una subdola minaccia aliena.Intorno ad una serie di cliché narrativi, però, la creatura di Itoi godeva di un’ambientazione fresca e curiosa, dove il protagonista preleva dal bancomat quando ha bisogno di contanti, l’equipaggiamento si rinnova al centro commerciale e per arrivare nella cittadina seguente c’è bisogno di un passaggio, qui gentilmente offerto da una band di strampalati musicisti che, pur chiamandosi “Runaway Five”, sono in realtà in sei.Niente orchi, mondi fantasy e armature medievali: si dorme negli alberghi, si collabora con la polizia locale per mantenere l’ordine nelle strade, si fa una capatina ai mercatini in cerca di spezie per aromatizzare i propri cibi, come hamburger e caramelle, e ottenere così un maggiore quantitativo di punti vita quando li si consuma. Ancora oggi, quasi vent’anni dopo, la freschezza del cambio di scenario è evidente, e questo la dice lunga sulle qualità del titolo al momento della sua uscita sul mercato.

Nessuna nuova, buona nuovaFatta l’abitudine alla peculiarità dell’ambientazione e della storia, Earthbound, complici anche le limitazioni hardware della macchina ospite, si gioca esattamente come molti altri JRPG dell’epoca, con particolari richiami ai primi episodi della saga di Dragon Quest: le battaglie avvengono in prima persona, contro sprite statici, e consentono di attaccare, fuggire, usare poteri psichici (l’equivalente della magia) o oggetti dal proprio inventario, e i dungeon si alternano alle località cittadine, dove rigenerarsi e potenziare il proprio equipaggiamento.A parte il bilanciamento generale, sono una serie di piccoli tocchi di classe a scavare il fossato che divide questo prodotto da molta della concorrenza, contribuendo alla fama mondiale di cui gode: le battaglie non sono casuali, innanzitutto, e se questa feature non era una novità assoluta, lo era l’aggressività dei nemici, grazie alla quale il grinding, pratica tediosa e molto diffusa tra i prodotti dell’epoca, si riduce fin quasi a scomparire.In altre parole, i nemici alla nostra vista caricano a testa bassa, costringendo, di fatto, a una serie di combattimenti che però si rivelano necessari, visti i picchi di difficoltà concomitanti con alcune boss fight, soprattutto nell’ultimo terzo dell’avventura.L’eliminazione dell’elemento casuale, però, favorisce l’esplorazione degli ambienti di gioco, curati e pieni di chicche come armi e oggetti segreti.Il protagonista Ness, come i suoi compagni d’avventura, non è che un bambino troppo lontano da casa e, se il giocatore non si premura di chiamare di quando in quando per sentire la voce della mamma, gli effetti sul protagonista sono nefasti, riducendone l’utilità in combattimento fino all’ammutinamento, in cui non risponde ai comandi impartiti via GamePad.Lo status “homesick” non è curabile con alcun oggetto all’interno del gioco: bisogna chiamare la mamma. Con questo espediente, i programmatori costringevano l’utente a salvare con una certa frequenza l’avventura, visto che tramite telefono era possibile anche chiamare il papà, addetto al salvataggio: anche non usufruendo della funzione di salvataggio della Virtual Console, siamo sicuri che anche i meno esperti tra i giocatori di ruolo potranno godersi l’avventura senza troppi patemi.Ognuno dei personaggi non giocanti, poi, ha qualcosa di interessante da dire, proponendo al giocatore piccole quest secondarie o garantendo bonus inaspettati e spesso utilissimi, che vanno a compensare una certa linearità di fondo della quest principale: rendendo ogni dialogo spassoso e interessante, grazie anche ad un umorismo di fondo che non ha perso nulla della sua brillantezza, il team di sviluppo tentò di costruire un mondo vivo, in continuo mutamento, in parte forgiato dalle azioni del giocatore.Il più grande testamento lasciato dal gioco è dato proprio dal fatto che, centinaia di JRPG e diciannove anni dopo, abbiamo portato a termine di nuovo Earthbound e ci siamo presi la briga di parlare con ogni NPC sulla mappa, di entrare e uscire da ognuna delle case nei vari villaggi, immergendoci appieno in un mondo fantastico. A memoria, solo i titoli Bethesda e quell’altro capolavoro che risponde al nome di Chrono Trigger sono riusciti nello stesso intento. Niente male per un gioco che, purtroppo, aspetta ancora un seguito.

Sul GamePadSebbene i colori e la saturazione della palette cromatica siano un po’ sballati sullo schermo del controller di Wii U, bisogna ammettere che Earthbound, giocato nella modalità off screen, è una delizia.Differentemente dal televisore da molti pollici del salotto, la definizione dell’immagine è più che buona e le proporzioni sono maggiormente fedeli al titolo originale: di più, i toni scanzonati e la leggerezza tutta nipponica del titolo diventano ancora più godibili a letto, sotto le coperte (a meno che non viviate in un maniero).La natura di capolavoro del gioco riproposto non toglie che Nintendo, anche stavolta, ci abbia marciato un po’, proponendo un prezzo (9.99 euro) probabilmente fuori mercato. Certo, questa è la prima occasione in cui il pubblico europeo può godersi nella sua interezza il titolo, che non ha peraltro necessitato di una nuova traduzione vista l’eccellente qualità di quella proposta nel ’95 in America, ma non tutti saranno disposti a sborsare quanto richiesto, e non ci sentiamo di biasimarli.Ma dall’altro della sue 35 ore di semplicità, genio e, in ultima analisi, divertimento puro, Earthbound è una perla intramontabile che tutti coloro che nutrono interesse nei confronti dei giochi di ruolo dovrebbero provare, almeno una volta nella vita.

– Originale come pochi

– Geniale soprattutto nelle piccole cose

– Ottima resa sul Wii U GamePad

– Per la prima volta in Europa

– Vent’anni dopo, diverte come il primo giorno

– Un po’ costoso

9.0

Abbiamo cercato di condensare in una recensione l’importanza seminale del lavoro di Otoi e degli HAL Laboratories, e non abbiamo affatto la pretesa di esserci riusciti.

Il genere dei giochi di ruolo di matrice orientale, però, non ha fatto così tanti passi avanti da rendere Earthbound un prodotto obsoleto, come a volte capita a giochi con due decenni sul groppone, e anzi, dopo averlo giocato, siamo sicuri che sognerete di ritrovare molte delle meccaniche e dei tocchi di classe di cui è colmo in prodotti futuri.

Per avere i galloni per definirsi un “animale da JRPG”, questo titolo non può assolutamente mancare, ma badino bene anche quanti non sono granché interessati al genere: Earthbound è sicuramente uno dei migliori posti da cui cominciare.

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