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Recensione

Detention

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 18/01/2017 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8.5

Coffee Yao – game designer di Taipei – da parecchi anni si pone costantemente una domanda: “Perché non riesco a trovare almeno un gioco che possa rappresentare la mia cultura e condividere col resto del mondo il posto in cui sono cresciuto?“. Quando nel 2013 ha capito che non sarebbero arrivate in tempi brevi risposte al suo quesito, ha deciso di lanciarsi in un progetto che potesse riempire questo vuoto. 
Ha dunque pensato a Detention, un survival horror assai peculiare che dopo il primo anno di produzione è cresciuto ed è diventato più ambizioso, attirando artisti locali interessati a collaborare e dare alla luce un’opera rispettosa delle radici culturali e storiche del Paese, capace al contempo di raccontare uno dei periodi più bui del Taiwan. 
“White Terror”
Il Taiwan è stato sotto corte marziale per trentotto anni, dal ’49 all’87. Durante il periodo del Terrore Bianco, circa centocinquantamila taiwanesi sono stati imprigionati, e circa quattromila tra questi sono stati giustiziati perché accusati di essere oppositori del Kuomintang (Partito Nazionalista Cinese). Detention è ambientato negli anni ’60 e mescola al contesto storico e socio-politico le influenze tipiche della cultura asiatica, con riferimenti al taoisimo, al buddismo e al folklore popolare più occulto. Da quest’ultimo prendono vita le creature (reali o immaginarie?) che infestano i corridoi di una vecchia scuola, un luogo trasfigurato da segreti terribili ed eventi soprannaturali, al cui interno sono intrappolati due studenti.
La trama di Detention presenta due linee narrative che si intersecano in particolar modo durante la seconda parte, raccontando come l’oppressione e la violenza fisica e psicologica verso chi rifiuta la sottomissione, lotta per i propri diritti e ha sete di conoscenza, sia stata una consuetudine disumana per molti anni. A ciò vanno aggiunte le vicende personali e familiari della protagonista, ramificate e perfettamente integrate col contesto di gioco rappresentato. Da questo punto di vista, Detention si presenta come un lavoro a tratti sopraffino, che sa molto bene come mettere in risalto i suoi punti di forza, alternando registri differenti e toni dosati alla perfezione: l’orrore esplicito viene intervallato dalla delicatezza di pensiero di una giovane ragazza, costretta a immaginare il suo futuro negato e la sua adolescenza sprecata; i testi che raccontano il clima di terrore sanno quando lasciare spazio alle vicissitudini dei protagonisti e ai misteri che aleggiano attorno al campus; e nel complesso è evidente lo sforzo creativo degli autori, che per dare ancora più concretezza al racconto hanno pescato dalla letteratura dell’epoca. Detention è dunque un’opera unica, rara, anche perché è attraverso le potenzialità del medium che riesce ad eccellere, usando i canoni classici delle avventure grafiche per mettere in scena un survival horror atipico, atmosferico e d’impatto.
Detenzione
Pur abbracciando le meccaniche di un punta e clicca, Detention non lo è fino in fondo; è piuttosto un’avventura bidimensionale che ha scelto la semplicità di fruizione e un sistema di controllo essenziale. 
L’interazione con lo scenario avviene tramite il tasto sinistro del mouse, sulle aree o sugli oggetti dove appare l’icona di un occhio – per analizzare parti specifiche dello scenario – e quella che indica la possibilità di agire. In quest’ultimo caso, la maggior parte delle volte bisognerà usare un oggetto raccolto o ottenuto dopo la risoluzione dei puzzle, pescandolo dall’inventario (che appare in sovrimpressione quando si sposta il cursore sulla parte bassa della schermata). Il tasto destro, invece, consente di far trattenere il fiato al personaggio, condizione fondamentale per non diventare preda delle entità che infestano l’istituto e i decadenti ambienti di gioco. 
Detention può quindi essere giocato comodamente con una mano sola, tra doverose meditazioni e una buona propensione ad accogliere un survival horror che sa come diversificarsi da qualunque altri titolo del genere sia uscito nel mercato, quantomeno per l’importanza delle tematiche trattate. Lungo l’arco delle cinque ore circa che impiegherete per sapere tutto della terribile storia, vi troverete immersi in un contesto che sa come alternare le suggestioni oniriche, l’orrore figurativo e flokloristico che si mescola a quello percettibile di un popolo in pena, e dei ritmi di gioco sempre molto buoni. Pur cedendo ogni tanto il fianco a un po’ di backtracking, necessario per risolvere alcuni puzzle e inserire gli oggetti al posto giusto, Detention sa stimolare il giocatore dall’inizio alla fine. Ma è soprattutto nella seconda parte che dà il meglio di sé, quando i nodi vengono al pettine, la vicenda familiare si avvelena ulteriormente, gli ambienti di gioco diventano proiezioni mentali di un disagio profondo e ineluttabile, e il finale vi lascia con una poesia che parla di amarezza e violento disincanto.

HARDWARE

MINIMI:Sistema operativo: Windows 7/8/10Processore: Intel(R) Core(TM)2 Duo 2.4, AMD Athlon(TM) X2 2.8 GhzMemoria: 4 GB di RAMScheda video: Geforce 9600 GS, Radeon HD4000DirectX: Versione 9.0cMemoria: 3 GB di spazio disponibileScheda audio: DirectX compatible

CONSIGLIATI:Sistema operativo: Windows 7/8/10Processore: Intel(R) Core(TM)2 Quad 2.7 Ghz, AMD Phenom(TM)II X4 3 GhzMemoria: 8 GB di RAMScheda video: GeForce GTX 260, Radeon HD 5770DirectX: Versione 9.0cMemoria: 3 GB di spazio disponibileScheda audio: DirectX compatible

– Orrore umano e sovrannaturale in una commistione perfetta

– Opera dal grande valore culturale e dalle tematiche importanti

– Piani della narrazione, toni e diversi registri gestiti e dosati con disinvoltura

– Immediato, particolare, unico

– Un po’ di backtracking

8.5

Detention è un gioco importante e dal grande valore culturale: è soprattutto un’opera creata per preservare la memoria storica del Taiwan, mostrare le radici insanguinate di un popolo a lungo oppresso e condividere nel modo più efficace sentimenti di profonda frustrazione e dolore. Un orrore che è giusto veicolare usando la formula dei survival horror, adagiandosi su meccaniche basilari e semplici, per arrivare a tutti e raccontare un dramma reale e tremendo.

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