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Recensione

Atelier Ayesha

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a cura di Pregianza

Pubblicato il 20/03/2013 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7

Dalle nostre parti le serie note di jrpg non sono molte. Chiedi al giocatore medio quali sono le sue preferite e ti risponderà Final Fantasy, Pokémon, o alla buona tirerà in ballo gioconi recenti quali Xenoblade, Persona 4 e Ni No Kuni. In Giappone però i jrpg sono un microcosmo ricco di marchi poderosi, radicati in un passato fatto di nomi leggendari come Suikoden II, Chrono Trigger ed Earthbound, che vengono di anno in anno aggiornati con nuovi titoli più o meno apprezzati di ogni tipo. Di recente, l’attenzione dei videogiocatori si è spostata su questi lavori meno noti, e più di una casa ha pensato bene di portare al di fuori della terra del sol levante prodotti meritevoli come i Tales of e la serie Atelier. Oggi ci dedichiamo proprio alla seconda con Atelier Ayesha: The Alchemist of Dusk, opera di Gust da poco disponibile anche sul suolo europeo. Sarà un lavoro d’importazione degno dell’attenzione degli appassionati?
Non si è mai abbastanza moe
La serie Atelier è indubbiamente atipica. La sua principale caratteristica è quella di basarsi su un sistema complesso di alchimia che spesso sorregge l’intero gameplay, ma i titoli che la compongono si distinguono anche a livello narrativo, presentando storie dal tono più leggero e vivace rispetto a quello tipico dei giochi di ruolo nipponici. Ayesha non fa differenza, ma si distacca dalla continuità della saga di Arland (che comprende Totori, Meruru e Rorona), presentando un cast di personaggi completamente nuovo.  La protagonista è Ayesha Altugle, una giovane ragazza che abita in solitudine in mezzo al nulla e gestisce una bottega dove si prodiga nella produzione di pozioni e medicinali, visitata saltuariamente da alcuni amici. Ayesha è rimasta da sola, poiché la sorella minore Nio è scomparsa dopo una visita alle antiche rovine nelle vicinanze. L’arrivo di un misterioso alchimista di nome Keith cambia del tutto la situazione: la giovane scopre improvvisamente che la sorella non è morta, e che è possibile riabbracciata con l’aiuto delle scienze alchemiche. Inizia dunque una lunga avventura, che vedrà Ayesha girare il mondo assieme a un colorito gruppo di alleati, per svelare i segreti della natura e scoprire le nozioni necessarie a salvare Nio. 
La storia di Atelier Ayesha: The Alchemist of Dusk, non è certo superlativa. Il gioco avanza discretamente bene, trasportato da un’atmosfera giocosa e da dialoghi divertenti, ma il fulcro delle vicende rimane piuttosto semplice dall’inizio alla fine e non riesce mai a catturare. La protagonista e i suoi comprimari, poi, mancano di verve, per via di caratterizzazioni un po’ troppo semplicistiche. Si tratta alla fin della fiera di un buon diversivo, che risulta piacevole più per il suo umorismo scanzonato che per la profondità delle vicende. Non superlativo per un jrpg, ma nemmeno da buttare. 
Mixare per vincere
Come abbiamo detto nel precedente paragrafo, gli Atelier sono giochi inconsueti il cui gameplay si distingue notevolmente dai jrpg classici. Tutto è strutturato attorno a un profondo sistema alchemico, che permette alla protagonista di sintetizzare dozzine di oggetti sempre più complessi e utili. La campagna sfrutta un calendario che avanza piuttosto velocemente, e i cui giorni scorrono rapidi viaggiando per la mappa del mondo o dedicandosi alla preparazione di intrugli e artefatti vari. In generale quest e locazioni sono pensate per offrire al giocatore numerosi luoghi di raccolta, dove fermarsi per fare scorta degli ingredienti necessari a migliorare le conoscenze di Ayesha o ottenere esperienza ripulendo le zone dai nemici.
E’ un sistema molto semplice all’apparenza, ma le cose si fanno più complicate quando ci si addentra nei meandri della sintesi. In vari campi base sparsi per la mappa, infatti, la giovane eroina può usare dei calderoni per dedicarsi all’alchimia e guadagnare di creazione in creazione punti memoria indispensabili per avanzare nell’avventura. Questi punti memoria sono ottenibili anche completando quest, consegnando oggetti agli npc nelle città e sconfiggendo mostri, e vanno spesi per memorizzare nel diario di Ayesha gli eventi appena trascorsi. Chiaramente gli “aggiornamenti” del diario non si limitano a offrire note scritte per ripercorrere la storia, ma donano bonus passivi molto utili durante per le battaglie, tra cui potenziamenti a difesa e attacco, o rigenerazione di mana e punti ferita durante i viaggi nella mappa del mondo. 
I cambiamenti rispetto ai precedenti capitoli della serie sono molti, e anche se alcuni sono piuttosto azzeccati, altri facilitano forse eccessivamente l’esperienza di gioco. Sono spariti i random encounters nella world map, Ayesha può sintetizzare liberamente, a patto di avere un livello alchemico sufficientemente alto per gli oggetti più avanzati e di aver letto il libro delle ricette necessario, la difficoltà degli scontri è sempre piuttosto limitata se si fa una scorta decente di oggetti prima di partire, e la raccolta degli ingredienti è divenuta totalmente automatica, tanto da richiedere solo di posizionarsi nelle vicinanze di zone luminose predefinite nelle mappe e premere un pulsante (gli oggetti trovati sono random, ma dipendono in parte dalla composizione del gruppo di personaggi utilizzato).
Tali scelte rendono l’esperienza più fluida, ma anche meno tesa e calcolata, eliminando parte della profondità tipica della serie. Il sistema di combattimento è invece migliorato sensibilmente, ed è divenuto più veloce e funzionale. La struttura degli scontri vede Ayesha, accompagnata da altri due compagni, e varie minacce sparse per le mappe darsele di santa ragione in battaglie a turni con tempistiche visibili grazie a una barra a lato dello schermo (in modo simile a Final Fantasy X, per intenderci). La forza della protagonista risiede principalmente nella capacità di usare oggetti senza costi di mana aggiuntivi, ma i suoi comprimari sono dotati di potenti abilità posizionali, che permettono di aggirare i nemici e ottenere danni bonus colpendoli alle spalle. Ogni personaggio è inoltre dotato di attacchi consequenziali, attivabili in contemporanea alle azioni dei compagni con una barra dell’azione piena. Questi assalti sono il modo migliore per riposizionarsi durante le battaglie, e rendono i combattimenti più veloci e dinamici, contribuendo al miglioramento generale del sistema. 
Il combat system migliorato non basta tuttavia a risollevare completamente l’esperienza. La campagna è piuttosto ripetitiva, dà una libertà di esplorazione alquanto limitata al giocatore, è ricca di tempi morti e fetch quest, e spesso annoia anche per via dello smaltimento di meccaniche citato sopra. Scontri di una certa difficoltà e momenti degni non mancano, eppure alla prova del pad il lavoro di Gust rimane deboluccio, non si eleva sopra ai capitoli migliori della saga e non riesce a brillare di luce propria. 
Certo, chiunque abbia amato i titoli precedenti e apprezzi l’idea di un gameplay strutturato in gran parte sull’alchimia non mancherà di apprezzare comunque Atelier Ayesha, specialmente considerando le chicche nascoste del suo sistema, che permettono di variare qualità ed effetti degli oggetti craftati con l’oculato utilizzo degli ingredienti trovati. Ma anche i fan difficilmente rimarranno estasiati dall’esperienza.
Il tempo limitato per completare la main quest  rende peraltro pericoloso tergiversare eccessivamente, dando modo al giocatore di vagare liberamente per il mondo solo una volta conclusa la storyline principale.
Tecnicamente l’opera di Gust presenta un cel shading molto ben fatto sui personaggi, che vantano uno stile anime ben definito e una caratterizzazione visiva più che degna. Le ambientazioni sono evocative dal punto di vista artistico, ma risultano purtroppo anche spoglie, zeppe di elementi poligonali scarni e di texture di qualità bassina. Lodevolissima la colonna sonora, che presenta dei sottofondi musicali orecchiabilissimi e azzeccati, capaci in più occasioni di stupirci. Non si può dire lo stesso del doppiaggio in inglese invece, che ci è parso forzato e non particolarmente curato. 
La durata è come sempre notevole, con un’avventura base da circa 20 ore, che possono aumentare sostanzialmente completando i compiti secondari. 

– Migliora il sistema di combattimento dei precedenti capitoli e ne svecchia alcuni elementi

– Interessante sistema di gioco incentrato sull’alchimia

– Tono leggero e allegro atipico per il genere

– Colonna sonora lodevole

– Alcune semplificazioni del gameplay non azzeccate

– Struttura piuttosto ripetitiva che offre una libertà limitata

– Tecnicamente non superlativo

– Narrativa e personaggi non particolarmente ispirati

7.0

Atelier Ayesha: The Alchemist of Dusk prende alcuni degli elementi migliori dei precedenti capitoli della saga, e cerca di perfezionarli inserendoli in una struttura più fluida e accessibile, ma comunque ricca di complessità per via del sempre profondo sistema di alchimia attorno a cui ruota il gameplay. Ai Gust non è però riuscita del tutto l’impresa di sviluppare un’evoluzione della serie, per via di alcune scelte non azzeccatissime e di una narrativa che non riesce mai a decollare. Il risultato è un jrpg di nicchia, che piacerà ai fan degli Atelier, ma difficilmente riuscirà a esaltare gli appassionati del genere.

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