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Recensione

Albedo: Eyes from Outer Space

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Pubblicato il 07/02/2016 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

6.5

A vederlo dalle immagini e da alcuni video promozionali, potreste in effetti scambiare Albedo: Eyes from Outer Space per quello che non è. Nonostante l’impostazione da FPS, con diversi elementi a vista che possono far pensare a un action, questo titolo sci-fi tutto italiano è in realtà un’avventura grafica che raramente esce fuori dai binari del genere.
Eyes on you
Ispirato alle pellicole di fantascienza degli anni ’50 e ’60,  Albedo: Eyes from Outer Space ha come protagonista una nerboruta guardia di un laboratorio segreto all’interno della base spaziale Jupiter. Durante il turno appena iniziato, d’improvviso qualcosa va storto e un’esplosione di natura sconosciuta dirotta il protagonista in una situazione che non è immediatamente in grado di codificare: si è trattato di una detonazione interna? Di un attacco alieno inaspettato? Cosa sta succedendo veramente all’interno della base? I legittimi dubbi serpeggiano in John T. Longy e nell’utente, erosi dal dubbio delle possibilità che si prospettano non appena si comprende che forme di vita non umane si trovano nelle immediate vicinanze. Nonostante l’inizio possa suggerire qualche risvolto narrativo interessante e inatteso, tutto da seguire e scoprire all’avanzare dell’avventura, in realtà quella di Albedo è una trama tutto sommato accessoria, che si ritira per gran parte dell’esperienza e si fa di nuovo viva nella sezione finale, dove un po’ sbrigativamente vengono a galla le rivelazioni. Considerando la natura del gioco, è un peccato: si poteva elaborare un po’ di più la narrazione, evitando di lasciare ai soli dettagli sparsi lungo le ambientazioni diverse piccole perle “citazioniste” che gli amanti della fantascienza retrò apprezzeranno certamente. 
Di “vecchia scuola”, in Albedo, non c’è solo lo stile, ma anche una conduzione di gioco in completa antitesi rispetto a quella moderna. Non ci sono infatti aiuti di alcun tipo, nessun tutorial che suggerisca cosa fare, né le chiare indicazioni che fioccano un po’ ovunque nei titoli usciti negli ultimi anni. Sebbene la difficoltà sia scalabile verso il basso e modificabile fino a lasciarvi selezionare quella aliena, va detto che Albedo mantiene sempre quella impronta tipica delle avventure grafiche di un tempo, dove si riusciva ad avanzare solo grazie alle intuizioni e alla logica dell’utente. Chi è poco abituato a questa formula probabilmente cadrà nel vortice della frustrazione in brevissimo tempo, già dalla prima stanza, mentre tutti coloro che si presteranno alla sfida proposta da Albedo: Eyes from Outer Space saranno lieti di sapere che troveranno pane per i loro denti.
Alienati
La progressione di Albedo è spesso a compartimenti stagni, con piccole aree entro cui bisogna scovare indizi, oggetti, codici numerici e tutto ciò che serve per andare avanti senza cadere nelle grinfie degli alieni. Nel momento in cui otterrete un visore speciale potrete capire meglio quali sono i punti esatti in cui c’è la necessità di agire e quali sono gli strumenti adatti per passare alle aree successive. Ci sono dei momenti in cui il backtracking diventa obbligatorio, e anche delle sezioni che  tentano di variare un po’ la formula tipica del genere. Bisogna tuttavia ammettere che queste diversificazioni, specialmente quelle che si avvicinano agli FPS, sono i punti più bassi toccati dalla produzione. È una considerazione che va fatta in virtù della macchinosa interfaccia, arricchita da icone che scandiscono le singole azioni del giocatore, il quale dovrà pertanto selezionare quella giusta per impartire l’ordine corretto anche quando il gioco richiede grande rapidità. Ci sono infatti degli enigmi a tempo che richiedono velocità e precisione, ossia due caratteristiche che mal si sposano con la goffaggine di movimento a cui si è giocoforza costretti. Certamente l’introduzione di queste varianti fa in modo che Albedo sia più diversificato rispetto a molti titoli appartenenti allo stesso genere, ma va ammesso che la loro costruzione, in certi frangenti, regala più dolori che gioie.
La versione qui recensita è quella per PlayStation 4, che dal lato tecnico offre qualcosa in meno rispetto alla controparte PC. Su console Sony la palette cromatica è molto più cupa e si fatica talvolta a distinguere chiaramente certi elementi degli scenari. L’aliasing è evidente e le texture sono un po’ impastate; tuttavia l’audio beneficia anche qui del basso budget con cui è stato sviluppato il gioco: può sembrare una contraddizione, ma l’effetto dei campionamenti attutiti dà la sensazione che tutto stia davvero venendo fuori da una vecchia pellicola di oltre settant’anni fa. 

– Enigmi ben realizzati

– Più vario di parecchie altre avventure grafiche

– Impegnativo

– Tecnicamente inferiore alla controparte PC

– Interfaccia macchinosa e poco intuitiva

– Sezioni simil-FPS mal calcolate

6.5

La versione PS4 di Albedo: Eyes from Outer Space, dal punto di vista tecnico ha qualcosa in meno rispetto alla versione PC, che gode al contrario di una buona pulizia dell’immagine.

Si tratta di un’avventura grafica molto più classica di quanto si possa immaginare, con un’interfaccia macchinosa, ottimi enigmi e una storia accessoria che poco aggiunge alla qualità globale dell’opera. Resta comunque – per buoni tratti – un titolo divertente, che saprà mettere alle corde chi esige molto da giochi di questo genere.

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