Studio USA: i giovani non cercano lavoro perché preferiscono i videogiochi

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Arriva dagli ambienti accademici statunitensi uno studio che ha cercato di comprendere i motivi per cui giovani disoccupati non sarebbero abbastanza “impegnati” a cercare un lavoro per costruire un futuro: la colpa, a quanto pare, sarebbe da addossare (anche) ai videogiochi. Dopo le accuse di essere taciti complici di efferate stragi causate da menti evidentemente instabili, i videogame sono stati identificati tra i motivi della crescita a rilento della nuova generazione statunitense che, essendo troppo appagata dal divertimento da loro offerto, non avrebbe nessuna intenzione di sottrarre loro del tempo. La notizia viene riferita da The Washington Post e si basa su uno studio compiuto da accademici dell’Università di Princeton, dell’Università di Chicago e dell’Università di Rochester, interessati ad indagare sui motivi per cui, sebbene il livello di disoccupazione nel Paese sia in calo, molti giovani uomini perfettamente sani (non laureati) non solo non lavorano, ma non cercano un impiego.Oltre ai problemi relativi alla situazione economica, secondo gli studiosi un altro motivo è da ricercarsi nelle “alternative migliori” che i giovani hanno trovato per passare il loro tempo: “vivere in casa e godersi i videogiochi.” Gli studiosi ritengono che si tratti di una decisione non sempre consapevole, ma presa semplicemente perché i giovani si sentono così più felici, mentre non sono rimasti appagati dagli eventuali tentativi di entrare nel mondo del lavoro.“Questo gruppo di persone (i giovani uomini non laureati, ndr) ha visto la sua felicità salire, sebbene la percentuale di disoccupazione sia in calo e la percentuale di chi vive con i genitori in salita. Si tratta di dati diversi rispetto a quelli di tutti gli altri gruppi” ha spiegato il professor Erik Hurst, economista dell’Università di Chicago.Gli studiosi ritengono che l’atteggiamento possa essere dannoso per il futuro di questi ragazzi, che si troverebbero nei trenta e nei quarant’anni senza alcuna esperienza professionale sulla quale costruire la loro vita—con tutti i problemi, economici e personali, che potrebbero derivarne. Secondo il professor Greg Kaplan, dell’Università di Chicago, la questione è delicata e potrebbe intaccare l’economia del Paese: “si tratta di una grossa fetta di lavoro che potrebbe essere utilizzata per qualcosa, ma che invece non stiamo usando affatto.” I dati fino ad ora rilevati, con lo studio ancora in corso, dobbiamo sottolinearlo, parlano del 22% di uomini tra i 21 e i 30 con meno di una laurea di primo livello che non hanno lavorato nell’anno precedente. Nel 2000 erano il 9,5%. In aggiunta, l’88% di uomini tra i 25 e i 54 anni lavora o cerca un lavoro in USA, il terzultimo dato nei 34 Paesi più sviluppati al mondo. Torniamo, però, ai videogiochi: gli studiosi hanno infatti calcolato che questi giovani uomini hanno sostituito con il computer il 75% del tempo che avrebbero usato per lavorare, principalmente per giocare ai videogiochi. È stato registrato che, prima della recessione, tra il 2004 e il 2007, i giovani uomini disoccupati e non laureati passavano circa 3,4 ore alla settimana sui videogiochi. Dal 2011 al 2014, il dato registrato è di 8,6 ore alla settimana di media. Il dato è salito anche per gli uomini con più titoli di studio, anche se le loro ore di lavoro non sono diminuite e trovano facilmente nuovi impieghi. Nel caso delle donne, invece, molte decidono di prendere un ulteriore titolo di studio quando lasciano un lavoro.Il sunto, insomma, è che secondo la ricerca i videogiochi sempre più “sofisticati” e curati stanno facendo praticamente da esca per allontanare i giovani uomini non laureati dal mondo del lavoro. Il discorso si allarga anche al progresso tecnologico in genere, con i videogiochi che rappresentano una fetta di questo settore: parliamo, infatti, di un declino delle ore di lavoro tra 1/3 e 1/5 che sarebbe da attribuirsi all’uso delle tecnologie e in particolare ai videogiochi. I dati sono ancora provvisori e quelli definitivi saranno pubblicati solo dopo che lo studio sarà ultimato. “Le persone hanno deciso di dedicare tanto tempo, più di quanto avremmo potuto prevedere, ai computer e ai videogiochi. Nel nostro modello, attribuiamo questo fattore al progresso tecnologico” ha spiegato il professor Hurst.Potete leggere l’articolo completo in lingua originale al link in calce. Intanto, lo studio solleva quesiti sociologici molto interessanti: come vi rapportate con il vostro hobby videoludico? Vi è mai capitato di far ricorso ai videogiochi per consolarvi di fronte a prospettive lavorative di cui non vi sentivate appagati?

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