Nel mondo dei videogiochi, dove la tecnologia avanza a ritmo vertiginoso e l'intelligenza artificiale viene spesso presentata come la panacea di ogni problema produttivo, una voce autorevole si leva per smontare l'entusiasmo generale.
Neil Newbon, l'attore britannico che ha prestato voce e movimenti al carismatico vampiro Astarion in Baldur's Gate 3 (qui la nostra recensione), non usa mezzi termini quando si tratta di giudicare l'impatto dell'IA nel settore del doppiaggio.
La sua opinione, espressa durante una recente intervista con Radio Times Gaming, è tanto diretta quanto provocatoria: secondo lui, l'intelligenza artificiale applicata alla recitazione "fa schifo".
Mentre i colossi della tecnologia continuano a promuovere l'IA come la rivoluzione del XXI secolo, promettendo che trasformerà l'economia digitale e risolverà ogni problema creativo, Newbon offre una prospettiva radicalmente diversa basata sulla sua esperienza diretta nel settore.
L'attore non si limita a esprimere un'opinione personale, ma cita conversazioni avute con numerosi sviluppatori di videogiochi che, a suo dire, condividono le sue perplessità, affermando senza giri di parole che:
«Ho parlato con molti sviluppatori, ne conosco parecchi, e non vogliono usare l'AI perché fa schifo»
Il problema, secondo Newbon, non risiede solo nella qualità finale del prodotto, ma anche nell'enorme sforzo richiesto per ottenere risultati appena decenti.
L'industria videoludica ha già fornito numerosi esempi delle limitazioni dell'intelligenza artificiale nel campo del voice acting. Emblematico è il caso dell'IA che imitava la voce di Aloy, protagonista di Horizon, che aveva suscitato reazioni così negative da essere rapidamente ritirata dalla circolazione.
Persino nel mondo del modding, tradizionalmente caratterizzato dall'ingegno degli appassionati che registravano dialoghi con microfoni di scarsa qualità ma grande entusiasmo, l'introduzione di voci artificiali ha creato un contrasto stridente con l'autenticità che caratterizzava questi progetti amatoriali.
Newbon osserva che, indipendentemente dai progressi tecnologici, rimane sempre qualcosa di percettibilmente sbagliato nelle performance generate artificialmente.
Il cuore dell'argomentazione di Newbon tocca un aspetto fondamentale della creatività artistica: l'imprevedibilità dell'elemento umano. L'attore sottolinea come i momenti più memorabili nella storia del cinema, della televisione e dei videogiochi nascano spesso da coincidenze fortunate, da reazioni spontanee che nessun algoritmo potrebbe mai pianificare o replicare.
Questi "incidenti felici" rappresentano l'essenza stessa dell'arte performativa, quella scintilla di autenticità che distingue una grande interpretazione da una semplicemente tecnicamente corretta.