La strategia di Konami per rilanciare Silent Hill non è stata frutto del caso, ma di una precisa scelta comunicativa volta a dimostrare l'impegno concreto dell'azienda verso uno dei franchise horror più amati della storia dei videogiochi. Motoi Okamoto, produttore della serie, ha recentemente spiegato le ragioni che hanno portato la compagnia giapponese ad annunciare simultaneamente tre progetti differenti durante la trasmissione in streaming del 2022. L'obiettivo era chiaro: evitare che i fan pensassero a un'operazione nostalgia fine a se stessa, destinata a esaurirsi con un singolo titolo celebrativo.
Durante l'evneto "Silent Hill Transmission" di ottobre 2022, Konami aveva svelato un trittico di produzioni che spaziavano dal remake di Silent Hill 2 al nuovo capitolo ambientato in Giappone chiamato Silent Hill f (qui la nostra recensione), fino al narrativo Silent Hill Townfall dello studio scozzese NoCode, oggi ribattezzato Screen Burn. A questi si aggiungeva anche Silent Hill: Ascension, una serie interattiva in streaming che nonostante un Emmy per l'innovazione nei programmi di media emergenti, è stata stroncata dalla critica nel corso delle sue 21 puntate.
La filosofia dietro questo annuncio multiplo affonda le radici in una consapevolezza commerciale ben precisa. Okamoto ha sottolineato su X come l'azienda non volesse limitarsi a "testare le acque" con un singolo remake, ma dimostrare la serietà delle proprie intenzioni riguardo alla rinascita del franchise. Sviluppare contemporaneamente un remake e un titolo completamente nuovo comporta naturalmente dei rischi finanziari e produttivi, ma rappresentava l'unico modo per comunicare un impegno autentico verso il futuro della serie.
Il produttore ha approfondito questo concetto spiegando come gli utenti necessitino di percepire una continuità progettuale per entusiasmarsi davvero. Se l'azienda adotta un approccio attendista, anche i giocatori faranno lo stesso, rimanendo scettici e distaccati. Mostrare determinazione diventa quindi una questione di correttezza verso il pubblico, che merita di vedere concretamente quanto l'editore creda nel proprio prodotto.
In un post precedente, Okamoto aveva affrontato un'altra questione cruciale legata ai remake: la necessità di bilanciare le aspettative dei fan storici con quelle dei nuovi giocatori. Secondo la sua analisi, anche nel migliore dei casi solo circa metà dei fan originali ritorna per un remake, il che rende indispensabile progettare il titolo pensando a un pubblico misto al cinquanta percento. Questa filosofia progettuale impedisce al bacino di utenza di ridursi progressivamente, permettendo invece una crescita della community.
La strategia si è rivelata vincente. Sia il remake di Silent Hill 2 che Silent Hill f hanno ricevuto consensi dalla critica e reazioni positive dai fan della serie. Il primo è stato definito una rivisitazione rispettosa che riesce a rimanere fedele all'originale pur introducendo elementi sufficienti a renderlo fruibile anche per chi non ha mai giocato alla versione del 2001. L'equilibrio raggiunto permette ai veterani di apprezzare il rispetto mostrato verso il materiale di partenza, mentre i neofiti non lo percepiscono come un prodotto antiquato.
Silent Hill f rappresenta invece una deviazione significativa rispetto all'ambientazione americana tradizionale della serie, spostando l'azione in Giappone. Questa scelta stilistica ha portato il gioco a concentrarsi maggiormente sull'azione, specialmente dopo un colpo di scena a metà della storia. L'approccio più orientato al combattimento rischia di alienare alcuni puristi del survival horror, abituati a considerare lo scontro come ultima risorsa piuttosto che priorità. Alcuni enigmi risultano inoltre eccessivamente criptici, ma la bellezza visiva del gioco e la sua capacità di mantenere l'essenza di Silent Hill compensano questi difetti.