Non ti sconsiglio Biomutant, ma devi accettare i suoi problemi

Discutiamo delle reazioni inaspettate della community dei videogiocatori alle recensioni di Biomutant (e di quello che fa bene)

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a cura di Paolo Sirio

Biomutant, action RPG in salsa Fallout dal giovane team Experiment 101 e dall’editore THQ Nordic, ha ricevuto un’accoglienza molto tiepida da parte della critica (oltre al nostro 6,5, si registra il 64-68, a seconda delle piattaforme, su Metacritic) ma, complice la penuira di titoli su cui riporre aspettative in questo lungo e debole inizio di generazione, pure un “pregiudizio” positivo da parte degli utenti.

Questi non ci hanno visto più quando si sono resi conto che, in un raro moto unitario, la stampa italiana ed estera aveva valutato come poco meno che discreto il progetto – ambizioso, lavorativamente parlando, e lo abbiamo sottolineato ampiamente, ma molto contenuto nelle dimensioni dello studio e nel budget – della software house scandinava.

Ma era giusto prendersela così – peraltro prima ancora, spesso, di aver potuto iniziare un gioco che non era neppure uscito quando la stampa l’aveva invece avuto a disposizione per quasi un intero mese – di fronte a voti che non rappresentano nemmeno una bocciatura sonora ma una valutazione che tiene conto di tutti i problemi del titolo?

Perché in tutta sincerità, anche dopo quel 6,5, io Biomutant non te lo sconsiglierei – ma devi accettare che è molto lontano dalla perfezione che ti eri immaginato sulla base di un trailer all’anno e delle premesse allettanti.

Tutto il bello del mondo

Biomutant ha diversi aspetti in cui centra il bersaglio, e quello più riuscito è senza dubbio l’esplorazione. La traversata avviene in un mondo post-apocalittico che non ha rinunciato al colore, sia perché si ritrova in una fase di rinascita “di reazione” rispetto al disastro che ha vissuto, sia perché quello stesso colore serve ad evidenziare i pericoli che un’ambientazione del genere può riservare (e che vanno girati tramite apprezzabili missioni secondarie specifiche).

E la navigazione per questi ambienti “accade” piacevolmente in uno scatolone ricco di punti di interesse, in cui trovare tesori, nemici, piccoli puzzle – che rappresentano, questi ultimi in particolare e il fatto che siano disponibili in una numerazione specifica da completare con una raggiungibilità ben marcata sulla mappa , la vera ricompensa offerta da Biomutant.

Ogni volta che trovi un posto, poi, il tanto vituperato narratore ti racconta a cosa servisse nel passato remoto in cui quelle lande erano abitate dagli esseri umani (il Mondochefu) e compare uno schema che indica precisamente cosa poterci trovare – ancora, una scelta che abbiamo apprezzato perché fa trasparire la “finitezza” di tutti gli elementi inseriti nell’open world, agli antipodi rispetto ai sandbox sterminati cui siamo abituati, nei quali la conclusione sembra non arrivare (e probabilmente non arriverà) mai.

Nel complesso, è un’interpretazione del post-apocalittico e in parte dell’RPG ivi ambientato, e lo abbiamo notato nella nostra recensione, assai simile a quella di Fallout (omaggiato direttamente in più di una circostanza, come nel design di qualche nemico che abbiamo incontrato lungo il percorso) ma, per la narrazione e per i personaggi e per i colori, molto più “gioiosa”.

Questo non vuol dire che, pur in un contesto di titolo che ha ben in mente il suo target molto giovane (componente che abbiamo visto sottovalutata dall’utenza “hardcore”, obnubilata dall’opportunità di mettere le mani, appunto, su un nuovo e più agile Fallout), non ci siano degli interessanti momenti di serietà.

A costo di sembrare un accostamento forzato, la prima città incontrata ci ha ricordato l’originale The Last of Us, con una vena malinconica instillata da quegli enormi palazzoni vuoti e le sterpaglie che avevano preso il sopravvento sulle strade asfaltate, dal vedere una decadenza urbana vicina a quella ricercata – per ragioni differenti – da Naughty Dog nell’esclusiva PlayStation. Peraltro, ascoltando la descrizione fornita dal narratore, ne viene fuori una sorta di Pryp"jat', la new town costruita a ridosso di Černobyl' per i dipendenti della nota centrale nucleare, che in questo caso è riservata ai lavoratori della malvagia Toxanol.

A tal proposito, curiosando qua e là, è possibile ricostruire un racconto ambientalistico che tocca perché mostra le conseguenze di una condotta industriale che conosciamo molto bene e vediamo perseguita su base quotidiana, con sversamenti di liquami in mare (più o meno volontari, è di questa settimana l’ennesimo disastro in Sri Lanka, che ormai non fa manco notizia), ignoranza del surriscaldamento globale, e via discorrendo.

Ci è scappato un applauso quando, tra i tanti termini incomprensibili con cui Biomutant sovrascrive il linguaggio contemporaneo, nei resoconti del narratore davanti ai quadretti dei bunker è partito un “mortolio” che, nel 2021, si candida prepotentemente a nuova definizione per il vetusto combustile dalla cui dipendenza sembra non riusciremo davvero mai a guarire.

Ma accettatene i problemi

Al di là di questi profili di apprezzabilità, però, Biomutant ha un sacco di problemi e i giocatori, anche quelli che volevano correggerci prima del day one sulla base di non sappiamo precisamente cosa, farebbero bene a rendersene conto in modo da godersi il prodotto per quello che è.

Quel che è certo è che, dopo l’uscita delle recensioni (e quindi, sparute rotture del day one a parte, prima del giorno del lancio), abbiamo assistito a due tipi di reazioni abbastanza inaspettate o comunque spropositate se rapportate alle reali dimensioni della produzione THQ Nordic.

Nel primo, gli sviluppatori stessi hanno riconosciuto le difficoltà che avevamo sottolineato in fase di review e promesso/pubblicato aggiornamenti per trovare un equilibrio in corsa. Nonostante la polemica balorda del controverso editore, che aveva stupidamente messo in discussione alcune recensioni estere che sembravano in contrasto sui difetti del gioco, Experiment 101 ha recepito il feedback trasmesso e ha messo mano a tutto quello su cui poteva intervenire – difficilmente basterà, ma lo sforzo e la reattività sono apprezzabili.

Talune sfaccettature, come il bilanciamento del loot nel mondo aperto, sono connesse a valori percentuali facilmente ritoccabili, ma altre più problematiche quali il ritmo e la profondità dei combattimenti, così come la realizzazione tecnica spigolosa e grezza, sono purtroppo destinate – e la cosa è abbastanza chiara – a restare al livello di partenza.

Nel secondo, si è sollevata una forte indignazione di fronte ai voti – evidentemente corretti, se consideriamo gli input trasmessi dallo studio scandinavo dopo il lancio – assegnati a Biomutant, solo perché qualcuno è stato più “realistico” rispetto ad altre circostanze (cosa che, potete guardare il nostro ruolino di marcia, non ci tocca minimamente).

È stato persino tirato in ballo Cyberpunk 2077, ormai assurto a causa di ogni male sia mai sceso sul pianeta Terra e che tra qualche tempo verrà ricordato dai complottisti persino come causa scatenante della maledetta pandemia. Lo shooter RPG è stato chiamato in causa come se il discorso dei bug fosse collegabile alle proporzioni e alle ambizioni tecniche, narrative, sceniche – completamente su un’altra scala a confronto con Biomutant – di un progetto kolossal qual è quello di CD Projekt.

Se è vero che le mancanze di quel titolo vanno oltre i bug (e non abbiamo mancato di sottolinearlo), che le politiche di distribuzione dei codici dello studio polacco non hanno agevolato il nostro lavoro, che le recensioni alla scadenza dell’embargo hanno restituito un’idea diversa da quella fruita da parte dell’utenza spesso munita di console vetuste… non si capisce neppure quale sia il nesso per cui in così tanti si siano giocati la carta Cyberpunk 2077 per difendere qualcosa che probabilmente non aveva neppure bisogno di essere difeso (specie quando è stato lo stesso team di sviluppo a confermare le cose che non andavano a livello strutturale).

Le recriminazioni di molti sembrano fuori luogo e sarebbero state più adatte (se proprio; il voto ha la sua valenza in rapporto al testo di una recensione, che ha il compito di “giustificarne” l’esistenza) ad una circostanza di promozione con le mani sperticate dagli applausi per Experiment 101 – gli avete dato 9, ci siamo fidati e abbiamo acquistato un pacco.

La delusione è comprensibile e ci sta: al giorno d’oggi i pre-order sono importanti per gli editori in quanto unità di misura del successo di un gioco quanto per gli utenti, che grazie a loro hanno la chance di risparmiare svariati punti percentuali rispetto al prezzo pieno. Ma spesso è una lama a doppio taglio e situazioni come questa dovrebbero rappresentare un’occasione per rivalutare l’importanza della stampa come filtro tra chi orchestra la sua comunicazione e chi la riceve, anziché per attaccare chi mette sul chi va là.

Da consumatori, prim’ancora che da giocatori, non vediamo come un’opinione comune tanto genuina, che mal che vada ti fa tenere basse le aspettative (il vero segreto, negli anni 2000, per godersi l’intrattenimento), possa venire disprezzata o messa in dubbio; specie alla luce di un “a quell’altro avete dato 9” che per mille ragioni, partendo dal tipo di prodotto recensito fino alla firma apposta sulla recensione, non ha proprio ragion d’essere.

In conclusione

Come abbiamo osservato nella nostra recensione, e nelle live in cui ne abbiamo discusso, Biomutant non è un titolo che sconsiglieremmo perché le cose che ci sono piaciute le abbiamo apprezzate e non poco. Tuttavia i problemi ci sono e sono stati riconosciuti in gran parte, o perlomeno negli argomenti che possono essere sistemati strada facendo dopo il lancio.

Ahinoi, il nocciolo della questione non potrà subire variazioni significative, per cui non aspettatevi di ritrovarvi con un prodotto diametralmente diverso da quello di cui ci siamo occupati finora: non si può correggere a latere un golden path elementare e monocorde, in cui tutto scorre uguale dall’inizio alla fine, nella struttura come nei contenuti, e una ricompensa narrativa confusa, che per la fretta getta alle ortiche le buone premesse del sistema dell’aura.

Del buono c’era e ci sarà ancora a prescindere dagli update, ormai parte del canovaccio dell’ultimo paio di generazioni (specie con open world e produzioni online); solo accettate che, tra un momento gradevole e l’altro, potreste trovare tutte quelle limitazioni, incoerenze, pecche per le quali tanto inatteso clamore è stato destato.

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