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Recensione

Hohokum

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Avatar di Pregianza

a cura di Pregianza

Pubblicato il 20/08/2014 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7.5

Sarà anche vero che l’apprendimento è una cosa meravigliosa e necessaria alla sopravvivenza, ma crescere e assorbire informazioni rappresenta per certi versi una limitazione. L’immaginazione di un bambino è vivida e piena di colore, cambia e diventa sempre più bizzarra e stravagante di giorno in giorno, finché pian piano non viene incanalata nei sentieri del sapere, trasformandosi ad ogni nuovo tassello in una forma sempre più geometrica e coerente. Ovviamente numerose fonti di ispirazione e tecniche non fanno altro che dar modo a una persona di dar vita a pensieri sempre più complessi, ma ogni tanto si prova comunque una forte pulsione a tornar bimbi, una spinta verso un estro senza barriere né regole. Cosa succede però quando uno sviluppatore tenta di riproporre una magia visiva senza apparenti costrizioni in un videogame? Hohokum, ecco cosa succede. 
Viaggio tra i colori
La premessa di Hohokum è stilizzata quanto il suo look. Controllerete un lungo serpentello colorato, in grado di svolazzare più o meno ovunque, alla ricerca dei suoi simili dispersi. Si parte da una sorta di ipnotica danza di gruppo, per poi aprire portali verso svariate dimensioni dove vi sarà richiesto di risolvere alcuni enigmi per stanare i vostri compagni dal posto in cui si nascondono. I suddetti enigmi, però, sono presentati al giocatore in modo molto diverso dal solito: niente azioni specifiche o interazione diretta, al vostro serpente è concesso solo di “urtare” gli elementi dello scenario, e saranno questi a reagire all’urto nei modi più disparati. A voi resta solo il compito di osservare le reazioni, e sfruttarle nel giusto ordine per dare il via a specifici eventi e completare così il quadro.
È una formula a dir poco atipica, che ha dato una quasi totale libertà al team di sviluppo nella creazione degli ambienti di gioco. Hohokum infatti offre da subito la possibilità di raggiungere ogni dimensione tramite dei comodi portali attivabili, e bombarda costantemente i sensi del giocatore con trovate che vanno dal brillante all’incredibilmente confusionario.
Sul serio, il gioco riesce a tratti ad essere imprevedibile, potreste trovarvi di punto in bianco a guidare il vostro serpentello per un campo pieno di contadini dallo spavento facile, e il momento dopo a organizzare un matrimonio piazzando la sposa sull’altare e trasportando i camerieri in modo che possano distribuire il vino agli invitati. La cosa più stupefacente è che ogni rompicapo è esclusivamente visivo, non ci sono aiuti, obiettivi o strade in cui si è costretti ad andare. Da un certo punto di vista questa assenza di limitazioni è una grande forza per il titolo: ci si perde facilmente tra i meravigliosi livelli congegnati da Richard Hogg, catturati dalle tinte, dagli eccentrici abitanti dei vari mondi e dalla musica, che accompagna ogni vostra azione e varia di conseguenza. Quando però si tentano di applicare le regole fondamentali di un puzzle game a Hohokum si iniziano a notare delle crepe. Il fatto che il gioco non indirizzi mai da nessuna parte può risultare confusionario, e far perdere in toto la genialità di alcune trovate. È vero che si parla di un lavoro basato quasi esclusivamente sul piacere dell’esplorazione e sull’impatto audiovisivo, ma l’affannosa ricerca di un punto dove il proprio serpente sia in grado di fare qualcosa a volte rovina il ritmo dell’avventura, e spezza irrimediabilmente l’immersione. Un peccato, perché ogni schermata di Hohokum è un’esplosione di creatività, ogni posto è vivo e affascinante, e la bellezza è tanta e tale da riuscire in parte a coprire e persino a supportare la semplicità eccessiva del gameplay e le sue mancanze. 
Va detto che tale percezione del titolo di Honeyslug è estremamente personale, e che dove noi vediamo una struttura scarsamente chiara e un flusso di informazioni spezzato altri potrebbero abbracciare completamente l’apertura mentale del gioco e la meraviglia derivante dall’esplorazione di ogni suo angolo. Hohokum è un “art game” e va senza troppi problemi a inserirsi nel filone di titoli di cui Journey è il portabandiera, arricchendo la parata con fuochi d’artificio e drappi colorati che si muovono al vento. Inutile fare a questo punto una valutazione del comparto tecnico o dell’audio, la sensibilità artistica di Hogg e dei suoi colleghi colpirà ogni persona in modo differente. Noi possiamo dirvi solo di aver apprezzato quasi ogni momento del gioco, e di aver più volte osservato le trasformazioni delle zone navigate dal nostro alter ego serpentino con un’espressione complice e meravigliata. Insomma, semplice sì, e pure con qualche difetto, ma Hohokum merita di essere perlomeno osservato.

– Splendido, ricco di colore e fantasia

– Sa stupire, ma anche essere estremamente rilassante

– A volte si va a tentoni, e questo spezza il ritmo di gioco

– piuttosto breve

7.5

Hohokum è un titolo che fa dell’immaginazione e del colore il suo fulcro, uno di quei giochi che bombarda i sensi di chi decide di sperimentarlo, e che cerca di conquistare l’animo con l’estro e l’impatto artistico. Non riesce secondo noi a farlo del tutto, a causa di alcuni momenti morti derivanti dalla sua struttura “a tentativi”, ma resta ad ogni modo un’opera di bellezza rara, che sa rilassare e sorprendere. Alcuni lo ameranno alla follia, altri lo metteranno da parte dopo pochi minuti. Da queste parti lo abbiamo apprezzato, pur non venendo catturati completamente dalle sue spire. Già il fatto che possa dividere così tanto il pubblico, comunque, è una dimostrazione di quanto peculiare e interessante sia la visione dei suoi sviluppatori.

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